Autore Topic: 22 febbraio 2002  (Letto 647 volte)

eziodellagondola

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22 febbraio 2002
« il: Giugno 04, 2011, 22:43:26 »
Osvaldo si era svegliato con una strana sensazione, un disagio molto simile alla paura, di cui non riusciva a mettere a fuoco il motivo.
O meglio, i dettagli del motivo, perché sentiva benissimo che quel giorno sarebbe successo qualcosa di insolito, quasi sicuramente qualcosa di grave, di pericoloso, e lui avrebbe dovuto fare in modo di evitare che accadesse, o trovare come limitare i danni di questa imminente sciagura.
Ma questo venerdì 22 febbraio 2002 gli sembrava un venerdì come tutti gli altri, e aveva la certezza che il menù del Centro sarebbe stato rigorosamente a base di pesce, come ogni venerdì; ad Osvaldo il pesce piaceva, ma aveva il difetto di lasciare nell'aria un odore persistente, dapprima accompagnandone la preparazione e la cottura, poi mantenendone il ricordo per tutta la giornata, ammorbando il Centro con il suo lezzo non proprio piacevole.
Senza dubbio le cose buone avevano sempre un risvolto negativo, qualche aspetto che inevitabilmente ne ridimensionava la piacevolezza.
Così Osvaldo riprese una sua considerazione ricorrente, che le cose buone o facevano male o erano "peccato".
Anche adesso comunque il pungente odore che si spandeva ovunque ricordava ad Osvaldo che tra poco gli sarebbe stata servita una ricca colazione.
Era mezzodì, e tra un'ora, con puntualità elvetica, gli avrebbero portato il pranzo in camera, come tutti i giorni.
Quanti ne aveva trascorsi al Centro, vivendo una rassegnata tranquillità! Non ricordava più come era vita prima, fuori.
Erano tante oramai le cose che Osvaldo non ricordava, o che rammentava con fatica.
Si arrabbiava di brutto quando non riusciva a mettere a fuoco un avvenimento, un ricordo, e si avviliva sentendo di vivere sensazioni che faticava sempre di più a trasformare in ricordi precisi e in pensieri compiuti.
Ma considerava questa attività di recupero un bellissimo passatempo, anche meglio della lettura, che continuava a praticare con grande impegno, ma che gli affaticava non poco la vista.
Ricordare invece era diventato il suo hobby preferito, una enigmistica ricerca che occupava sempre più il suo tempo.
E a proposito di tempo ora cominciava ricordare perlomeno il motivo della sua angoscia, o meglio la peculiarità della data e orario odierni che gli avevano messo addosso questa indefinita paura.
Tra poco, alle quattordici, cioè alle due pomeridiane del 22 febbraio 2002, sarebbe successo qualcosa di grave, che Osvaldo avrebbe forse potuto evitare se fosse riuscito a ricordare.
Ricordare! Per quanto impegno ci mettesse, doveva rassegnarsi alla tragica realtà: il ricordo riaffiorava autonomamente ed apparentemente in modo casuale, senza una regola; prima o poi.
Negli ultimi tempi purtroppo i "prima" erano superati di gran lunga dai "poi".
Mentre cercava invano di ricomporre il puzzle e capire finalmente l'origine della sua angoscia, arrivò l'ora di pranzo e le due giovani inservienti del Centro in un baleno gli prepararono la tavola, lo fecero alzare dalla poltrona vicino alla finestra su cui amava passare le sue ore di "meditazione" e lo fecero accomodare al tavolo; la brunetta che aveva l'aria di esser la più alta in grado gli chiese: "Oggi lesso o alla griglia, professore?"
"Lesso naturalmente, perché immagino siano sgombri quelli che servite oggi e sapete che quel pesce saporitissimo è tra i miei preferiti."
Le ragazze disposero sui piatti sia la pietanza scelta, sia una bella insalata mista e infine una sontuosa macedonia di frutta; si accomiatarono augurando "buon appetito" e il professore cominciò allegramente il suo pranzo.
"Professore, mi hanno chiamato così; ecco perché quella strana combinazione di numeri nella data di oggi mi ha tanto colpito: lavoravo con i numeri certamente; ecco, ci sono, insegnavo matematica. Matematica e fisica, un binomio interessante; sì, sono stato professore!"
E riprese ridendo il suo pasto, senza aggredire il cibo, ma assaporando di gusto ogni boccone.
"Docente universitario, ecco, mi pare di vedermi in cattedra, eppure mi facevo più sportivo, più atletico."
Quando anche l'ultimo pezzetto di frutta sparì dalla coppetta di vetro in cui aveva navigato, Osvaldo chiamò per il caffè e per far sbrattare in fretta, poiché gli avevano annunciato visite:
"I suoi ragazzi saranno qui a momenti, per festeggiare"
"i ragazzi! - pensò - ma non ricordo di aver avuto figli, anche se mi sarebbe piaciuto, tantissimo!"
Alle tredici e trenta irruppero nella stanza i suoi "figli", una mezza dozzina di aitanti cinquantenni, alcuni accompagnati dalle rispettive consorti.
Osvaldo non dovette sforzarsi ad indovinare, non potevano essere suoi figli, erano più o meno tutti coetanei, troppi per avere un padre in comune; i ragazzi erano una bella squadra, e fu facile risolvere questo piccolo indovinello: erano i ragazzi della squadra di basket che Osvaldo aveva portato a vincere il campionato inter facoltà sul finire degli anni '70.
Sì, ora si vedeva a sbraitare, a dar ordini, a suggerire strategie, a trascinare all'entusiasmo i ragazzi con il suo stesso entusiasmo; non era solo l'allenatore capace e volitivo, era per loro un idolo, un mito che li avrebbe trascinati ovunque, ma soprattutto ad una laurea prestigiosa.
Con lui anche i meno dotati avevano un'opportunità in più: tanto in cattedra quanto con il fischietto da coach era un dio in terra; le sue spiegazioni erano sempre chiare, esaurienti ed ogni squadra che lui allenava era destinata alla vittoria.
Gli ex allievi gli fecero festa, tagliarono la torta e mentre il prof spegneva ottantadue candeline gli cantarono "perché è un bravo ragazzo"; ma avevano recepito l'invito dell'infermiera caposala di non stancare il festeggiato, così se ne andarono presto, con gli occhi umidi di nostalgia.
Rimasto solo il professore si accomodò sulla poltrona preferita e ricominciò a riflettere sul presagio misterioso che gli aveva turbato l'intera mattinata e cercò invano di imbastire un ragionamento, di fare ipotesi sensate. Puoi, vuoi per lo sforzo mentale, vuoi per il pasto inusitatamente più ricco del solito, cominciò a socchiudere gli occhi e questo propiziò il ritorno di uno dei suoi ricordi più belli: sulla bianca parete di fronte alla finestra gli sembrò di vedere quegli occhi furbi che aveva tanto amato, e il sorriso luminoso che un giorno lo stregò; le palpebre calarono pesantemente per l'ultimo irreversibile sonno, mentre l'orologio del Centro scandiva lentamente i rintocchi delle due pomeridiane
eziodellagondola

nihil

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Re: 22 febbraio 2002
« Risposta #1 il: Giugno 08, 2011, 08:27:46 »
Oh che bello, se ne sono andati dolcemente insieme, lei, lui, i ricordi! e in fila indiana tanti 2!

Brunello

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Re: 22 febbraio 2002
« Risposta #2 il: Giugno 08, 2011, 08:54:39 »
Molto bello!!!

eziodellagondola

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Re: 22 febbraio 2002
« Risposta #3 il: Giugno 09, 2011, 17:21:36 »
grazie

E
eziodellagondola