Autore Topic: Una storia come tante  (Letto 946 volte)

Brunello

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Una storia come tante
« il: Aprile 15, 2012, 21:22:21 »
          Il vicolo dei poeti ha un fascino tutto suo, le vecchie mura di tufo ricoperte di edera donano al posto un non so che di ancestrale, quasi il tempo si fosse fermato. L'intenso profumo di lavanda avvolge con eleganza tutto ciò che incontra sul suo cammino. Una scalinata dalle sinuosità marcate conduce alla chiesetta di San francesco, ed è in quest'angolo di paradiso che inizia la mia storia. Una storia come le altre, e come tante altre ha come protagonista una donna. A quei tempi non ero che un giovane scrittore ambizioso e squattrinato, vivevo, o meglio alloggiavo in una pensioncina senza pretese, ma era tutto quello che potevo permettermi. Ero, a detta di qualcuno, uno scrittore dall'avvenire brillante. Racimolavo il necessario per sopravvivere scrivendo per un giornale locale con una buona tiratura. Il direttore, nonchè proprietario, il signor De angelis, era un uomo apparentemente severo, era in realtà la vittima di una vita troppo spietata per concedergli il motivo di sorridere. Pare, avesse perso la sua giovane moglie subito dopo la nascita della sua unica figlia, Maria, e da allora una smorfia di tristezza gli si stampò sul viso. Maria, era l'unico motivo che spingeva il direttore a continuare un'esistenza che si era dimostrata poco generosa nei suoi confronti, e conseguita la sospirata laurea, le aveva affidato una rubrica sulle donne con un discreto numero di lettrici.  Dal mio canto, non conoscevo personalmente la ragazza, le mie visite al giornale erano piuttosto ristrette, e si limitavano alla consegna di articoli di cronaca precedentemente affidatomi.  La primavera era alle porte, ed un leggero venticello stuzzicava i cappelli dei passanti, alzai il bavero del cappotto e mi diressi verso il giornale. Il venditore di caldarroste mi salutò alzando la mano, ricambiai il saluto ed entrai nel vecchio edificio in via Petrarca. Decisi di salire fino al quarto piano salendo le scale, l'aspetto poco rassicurante dell'ascensore forzò la mia scelta. La porta del giornale era aperta, riposi il cappotto ed il cappello su di un attaccapanni di legno, e mi diressi in direzione. Preparai mentalmente il discorso che avrebbe accompagnato la consegna dell'articolo e bussai alla vetrata che mi separava dal direttore. Entrai in maniera alquanto goffa e mi sedetti sulla sedia dall'imbottitura di pelle marrone, << ecco il nostro Mario, promettente scrittore >>, disse il direttore partorendo dalla bocca una nuvola di fumo dalla forma asimmetrica. Infilai la mano destra nella tasca della giacca e presi la busta di carta contenente l'articolo che mi fu commissionato qualche giorno prima, lo posai sulla scrivania e attesi che il direttore lo leggesse. Seguii con attenzione ogni suo movimento, aspettando con ansia l'eventuale commento. A fine lettura, il signor De Angelis prese un'altra sigaretta dal pacchetto e l'accese con calma, una volta di fumo salì verso il soffitto, << molto interessante, signor Marinelli, molto interessante >>, disse con convinzione. Ero in procinto di ringraziarlo quando mi resi conto che voleva aggiungere dell'altro, << In tutta onestà devo ammettere che anch'io non sono affatto convinto della colpevolezza del professore Altobelli >>. Il caso Altobelli aveva fatto clamore per l'efferratezza con la quale era stato commesso il delitto, un numero altissimo di fendenti avevano martoriato il corpo della signora Emilia, moglie del professore. Dopo una serie di indagini, a mio dire poco accurate, i sospetti erano ricaduti tutti sul marito. <<A proposito, Marinelli, vorrei proporle un'intervista al professore, pare che abbia accettato il nostro invito, che ne dice? >>,  fui colto del tutto impreparato ad un 'evenienza del genere che riuscii a malapena a farfugliare qualcosa d'incomprensibile del tipo: ''ce certo con piacere''. Salutai il Direttore stringendogli la mano e definendo le ultime condizioni per l'intervista che si sarebbe svolta l'indomani. Avrei voluto saltare dalla gioia, ma mi limitai ad esultare mentalmente. L'ultima rampa di scale la scesi così in fretta che mi parve che il cuore stesse per fuoriuscire dal petto. Ero talmente immerso nei miei pensieri che travolsi completamente una ragazza , un'enormità di fogli svolazzarono per qualche istante, poi si posarono sovrapponendosi gli uni su gli altri. L'imbarazzo prese il sopravvento e riuscii a malapena a chiederle scusa, l'aiutai a raccogliere gli appunti e mi scusai ancora una volta. Un velo di malinconia le ricopriva gli occhi, belli da non credere, ed i capelli neri co
me la notte le accarezzavano le spalle. Pensai a Maria, la figlia di De Angelis, in fondo l'età e le circostanze lo confermavano, le rivolsi ancora un saluto  e mi diressi verso l'uscita. Il cielo si era schiarito, ed il brusio proveniente dallo spiazzale circostante mi ricordò che era mercoledi, il giorno della fiera settimanale. Casalinghe di tutte le età trascinavano carrelli colmi di frutta e ortaggi. Quella sera, prima di addormentarmi, decisi di leggere qualcosa, scelsi tra i vari volumetti, quello di john Fante: ''chiedi alla polvere'', il mio preferito. Poco dopo lo riposi sul comodino accanto al letto, vi era troppa confusione nella mia testa, pensai alla ragazza dai capelli neri, all'intervista con il professore ed al mio futuro. Mi addormentai dimenticandomi la luce accesa. Il viale che mi avrebbe condotto all'abitazione del professore era di una bellezza indescrivibile, una lunga fila di tigli costeggiava i due lati, regalando al passante l'impressione di trovarsi in un
 tunnel tappezzato di foglie dai colori ed i profumi intensi. Arrivai in via Sant'Agostino numero 12 in perfetto orario, controllai che nelle tasche ci fosse tutto l'occorente e mi avvicinai all'elegante porta di legno dall'enorme  pomello d'ottone. Suonai il campanello ed attesi l'arrivo di qualcuno, niente, ne passi ne rumori, fù guardando con più attenzione la porta che mi resi conto che era semplicemente socchiusa. Entrai con circospezione nell'appartamento, chiamai più volte il professore, ma non ottenni nessun tipo di risposta. Il lungo corridoio era poco illuminato, ed un flebile raggio di luce fuoriusciva da una delle camere in fondo. Lo chiamai ancora una volta, ed anche questa volta non ottenni risposte, stavo per ritornare sui miei passi, quando un miagolio attirò la mia attenzione; sembrava provenisse dalla camera situata all'estremità del corridoio. La raggiunsi in punta di piedi, quasi temessi di disturbare qualcuno, il miagolio diventò più forte, un lugubre lamento riempì la stanza. Aprii del tutto la porta, il gatto mi venne incontro come se mi conoscesse da tempo, mi fece le fusa e tornò indietro, lo seguii, ebbi appena il tempo di fare qualche passo che uno spettacolo agghiacciante si presentò ai miei occhi. Il professore pendeva dal soffitto  ed il capo si poggiava sulla spalla destra, era indiscutibilmente morto. Un silenzio improvviso piombò nella stanza, anche i rumori all'esterno dell'abitazione scomparvero del tutto. Feci un lungo respiro e mi avvicinai al telefono, con mano tremante composi il numero della polizia, la voce rassicurante della centralinista contribuì a rendere la mia testimonianza più esatta possibile. L'essere arrivato per primo sulla scena del delitto, giocava nettamente a mio favore ai fini della riuscta dell'articolo , ma soprattutto avrebbe assicurato alla testata giornalistica maggior credito nei confronti dell'opinione pubblica. Il solo aver pensato queste cose, generò in me un senso di disgusto, un uomo, a mio avviso innocente, si era appena tolto la vita, ed io non facevo altro che pensare ai miei interessi. Ero ancora assorto nei miei pensieri, quando notai una lettera sulla scrivania, non riuscii a resistere alla tentazione di leggerla. Ne annotai il contenuto sul mio notes ed abbozzai gran parte dell'articolo. Un gruppo di agenti e tecnici entrarono nell'appartamento per reperire elementi utili all'indagine, lasciai i miei dati ed il mio numero di telefono e mi allontanai dall'edificio. Una folla di curiosi si era raccolta ai margini della via, accesi una sigaretta e ne aspirai con voracità il fumo, una sensazione di liberazione pervase tutto il mio corpo. Con passo spedito raggiunsi la sede del giornale, il Direttore era nel suo ufficio in compagnia della ragazza che ebbe la sventura d'incontrarmi il giorno prima.  Mi notò dalla vetrata che ci separava e fece cenno di accomodarmi, << Ho l'onore di presentarti mia figlia Maria, il fiore all'occhiello del giornale! >>, disse sorridendomi, << Ci siamo conosciuti ieri in circostanze alquanto grottesche >>, risposi sorride
ndo a mia volta. << A proposito Mario, com'è andata l'intervista con il professore Altobelli? >> mi chiese assumendo il volto serioso di sempre, raccontai tutto l'accaduto nei minimi particolari notando uno scintillio d'incredulità nei suoi occhi. Infilai il foglio nel rullo della macchina da scrivere e rifinii l'articolo che avevo abbozzato in precedenza, lasciai trapelare tra le righe una forte nota malinconica, cosa che rendeva i miei articoli particolarmenti sferzanti. Consegnai l'articolo alla segretaria e mi avviai con aria sfinita verso la porta che dava sulle scale, << spero che stavolta mantenga la distanza di sicurezza! >> sentenziò un vocina alle mie spalle. Maria era dietro di me , stringeva tra le braccia la solita pila di fogli, indossava un tailleur grigio ed aveva un largo sorriso sulle labbra. << Non si preoccupi signorina, e poi non avrei proprio la forza di raccogliere quella montagna di fogli >> dissi toccandomi la schiena.  Il giorno aveva ceduto il posto alla notte, e la luce fioca di un lampioncino accompagnò i nostri passi, << posso avere l'onore di condividere con lei un pezzo di strada? >> dissi accompagnando la frase con un gesto con le mani, << certo, ma solo se è disposto a portare la mia pila di fogli >>,ridemmo di santa ragione e le nostre risate echeggiarono nelle stradine accarezzate dalla luna piena. Anche quella sera stentai ad addormentarmi, passai parte della nottata a pensare a Maria, una folata di vento entrò dalla finestra offrendo alle mie narici il magico profumo della lavanda, un timido raggio di luna rigò le pareti della mia camera . All'albeggiare mi addormentai, quel giorno era iniziata una storia d'amore che neanche l'inesorabilità del tempo avrebbe più cancellato.

« Ultima modifica: Aprile 20, 2012, 08:53:40 da Brunello »

Rubio

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Re:Una storia come tante
« Risposta #1 il: Aprile 15, 2012, 22:31:23 »
Bello e ben scritto. L'amore vince sulla cronaca ancora una volta. Bello anche il titolo che stempera la tensione e rassicura il lettore. Un saluto
                                        Rubio

p.s. leggo sempre i titoli dopo aver letto il testo. R.

nihil

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Re:Una storia come tante
« Risposta #2 il: Aprile 16, 2012, 08:12:38 »
Fortunatamente, direi, abbiamo storie come tante che bilanciano i drammi della vita, altrimenti non avremmo scampo. In questo racconto il dramma fà da staffetta all'amore e apre la trada ai sogni.  abow

Brunello

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Re:Una storia come tante
« Risposta #3 il: Aprile 21, 2012, 07:34:05 »
Grazie :rose:

piccolofi

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Re:Una storia come tante
« Risposta #4 il: Agosto 27, 2012, 14:12:40 »

   Bella, vera, coinvolgente  :  una storia come tante, ma scritta molto bene.

ninag

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Re:Una storia come tante
« Risposta #5 il: Agosto 31, 2012, 13:50:43 »
 Bel pezzo brunello,  scritto con grande rigore molto accurato, l'inizio di un romanzo?



Brunello

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Re:Una storia come tante
« Risposta #6 il: Novembre 21, 2012, 14:43:31 »
Bel pezzo brunello,  scritto con grande rigore molto accurato, l'inizio di un romanzo?
Si, in effetti era un romanzo abbandonato in un cassetto, l'ho riadattato per farne un umile raccontino