La poesia di Pavese che hai postato evoca la nota locuzione in lingua latina “
Memento mori” (= ricordati che devi morire). La frase trae origine da un’usanza nell’antica Roma: quando un generale conseguiva un’importante vittoria di guerra e rientrava nell’Urbe, veniva onorato con il “trionfo”: una cerimonia solenne. Si formava il corteo, iniziato dai senatori, seguiti dai suonatori di corni e di trombe, dai carri con il bottino di guerra, i nemici prigionieri, ecc..
Il triumphator avanzava tra la folla su una quadriga trainata da cavalli bianchi. Indossava la toga picta e sulla testa la corona d' alloro. Dietro di lui uno schiavo teneva sospesa sul suo capo una corona d'oro, ornata da gemme, imitante le foglie di lauro, e gli sussurrava:
"Memento mori, memento te hominem esse, respice post te, hominem te esse memento". Cioè:
"Ricordati che devi morire, ricordati che sei un uomo, guardati attorno, ricordati che sei solo un uomo".Il richiamo rivolto al trionfatore era un invito a non montarsi la testa, perché veniva paragonato a Giove e osannato dalla folla plaudente che gli lanciava fiori.
Il corteo cominciava nel Campo Marzio, passava nell’arco di trionfo, traversava il Velabrum e il Circus Maximus, percorreva la via Sacra e il Forum, saliva il clivus Capitolinus e concludeva il percorso davanti al tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio, dove i sacerdoti addetti al culto sacrificavano alcuni animali.
La poesia funerea di Pavese rimanda anche al “
Mercoledì delle ceneri”; esse simbolicamente alludono alla temporaneità degli esseri viventi, alla caducità della vita terrena.
In quel giorno, durante la Messa il sacerdote dopo la lettura del Vangelo e l’omelìa prende l’aspersorio dal secchiello e benedice le ceneri:
“Benedici queste ceneri che stiamo per imporre sul capo, riconoscendo che il nostro corpo tornerà in polvere”.Poi i fedeli vanno dal celebrante per ricevere la cenere sul capo o sulla fronte. Ad ognuno il sacerdote dice:
“Ricòrdati, Uomo, che sei polvere, e in polvere ritornerai.”(Meménto, homo, quia pulvis es, et in púlverem
revertéris"), frase detta da Dio ad Adamo (Gn 3, 19), allorché Dio, dopo il peccato originale, cacciò Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden e li condannò alla fatica del lavoro e alla morte:
“Con il sudore della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!”. Anche l'Ecclesiaste afferma:
"Tutti sono diretti verso la medesima dimora:
tutto è venuto dalla polvere
e tutto ritorna nella polvere" (3, 20).