Autore Topic: Verrà la morte e avrà i tuoi occhi  (Letto 707 volte)

presenzadiritorno

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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
« il: Novembre 01, 2020, 14:28:19 »
In questo giorno dedico a tutti i defunti e a noi che li abbiamo amati in vita, questa poesia eterna:

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

 Cesare Pavese

Doxa

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Re:Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
« Risposta #1 il: Novembre 01, 2020, 16:12:42 »
La poesia  di Pavese che hai postato evoca la nota locuzione in lingua latina “Memento mori” (= ricordati che devi morire). La frase trae origine da un’usanza nell’antica Roma: quando un generale conseguiva un’importante vittoria di guerra e rientrava nell’Urbe, veniva onorato con il “trionfo”: una cerimonia solenne.  Si formava il corteo, iniziato dai senatori, seguiti dai suonatori di corni e di trombe, dai carri con il bottino di guerra, i nemici prigionieri, ecc..


 
Il triumphator avanzava tra la folla su una quadriga trainata da cavalli bianchi. Indossava la toga picta e sulla testa la corona d' alloro. Dietro di lui uno schiavo teneva sospesa sul suo capo una corona d'oro, ornata da gemme, imitante le foglie di lauro, e gli sussurrava:

"Memento mori, memento te hominem esse, respice post te, hominem te esse memento".

Cioè: "Ricordati che devi morire, ricordati che sei un uomo, guardati attorno, ricordati che sei solo un uomo".

Il richiamo rivolto al trionfatore era un invito a non montarsi la testa, perché  veniva paragonato a Giove e osannato dalla folla plaudente che gli lanciava fiori.

Il  corteo  cominciava nel Campo Marzio,  passava nell’arco di trionfo,  traversava il Velabrum e il Circus Maximus, percorreva la via Sacra e il Forum, saliva il clivus Capitolinus e concludeva il percorso davanti al tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio, dove i sacerdoti addetti al culto sacrificavano alcuni animali.

La poesia funerea di Pavese rimanda anche al “Mercoledì delle ceneri”; esse simbolicamente alludono alla temporaneità degli esseri viventi,  alla caducità della vita terrena.

In quel giorno, durante la Messa il sacerdote dopo la lettura del Vangelo e l’omelìa prende l’aspersorio dal secchiello e benedice le ceneri:

“Benedici queste ceneri che stiamo per imporre sul capo, riconoscendo che il nostro corpo tornerà in polvere”.

Poi i  fedeli vanno dal celebrante per ricevere la cenere  sul capo o sulla fronte. Ad ognuno il sacerdote dice:

“Ricòrdati, Uomo, che sei polvere, e in polvere ritornerai.”(Meménto, homo, quia pulvis es, et in púlverem
revertéris"
), frase detta da Dio ad Adamo (Gn 3, 19), allorché Dio, dopo il peccato originale, cacciò Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden e li  condannò alla fatica del lavoro e alla morte: “Con il sudore della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!”.

Anche l'Ecclesiaste afferma:

"Tutti sono diretti verso la medesima dimora:
tutto è venuto dalla polvere
e tutto ritorna nella polvere" (3, 20).

« Ultima modifica: Novembre 01, 2020, 17:12:04 da Doxa »

victor

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Re:Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
« Risposta #2 il: Novembre 12, 2020, 16:47:39 »

Presenza ci ha ricordato i Defunti e la bella abitudine che abbiamo qui in Sicilia, durante questa ricorrenza, di andare a far visita ed a pregare per loro, portando fiori e ceri. Quest’anno il rito è stato molto ridotto per l’emergenza sanitaria. Ma ritengo che difficilmente si estinguerà.

Doxa ci ricorda come nell’antica Roma si ricordava al Trionfatore quando entrava a Roma tra i festeggiamenti del popolo che doveva morire, per evitare che si montasse troppo la testa.

Vorrei aggiungere un altro particolare. Anche se nella lingua greca esiste l’equivalente del termine uomo (anzi ne esistono due “anér” e “àntropos”) sia Omero nell’Iliade e nell’Odissea, come pure Platone e Aristotele nei loro scritti per nominare l’uomo hanno usato il termine “tnetòs”, che significa “mortale” in contrapposizione agli dei “immortali”.

Victor
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