La notte scorsa, ancora una volta, la "cultura" è stata solennemente confusa con un banale nozionismo... Cosa c'entra la conoscenza di come si guida una carrozza trainata da cavalli con la "cultura", in una nota trasmissione notturna della rete televisiva nazionale. Cosa c'entra chi ha scritto qualcosa o quanto di scritto è di qualcuno. Deprimente, non meglio l'informazione privata, succube di tanti fattori, per cui la "cultura" si riduce a conoscere i fatti privati o meno che coinvolgono personaggi importanti o presunti tali, il cinema o attualità, politica o media, ancor meglio se virtuali. Mi viene il voltastomaco, ogni volta che vedo, ascolto, leggo la parola "cultura", infangata, danneggiata, fraintesa, schiacciata, chiamata per comodità a/o richiesta. Ora, per quanto ci siamo reciprocamente detestati ai tempi delle superiori per motivi personali e di orientamento educativo/religioso, al mio professore di italiano e prete, capo tribù locale allora di "Comunione e Liberazione" (R.I.P. NdA), devo riconoscere sempre valide alcune sue definizioni, belle, energiche e complessive del termine "cultura" : la cultura è singola e del singolo/a, non un prodotto di consumo. La cultura è la capacità di ognuno di collegare il particolare al tutto come il tutto al particolare. Una verità assoluta che sempre mi guida da oltre quarantanni.