Stasera o intenzione di annoiarvi un po’.
Cosa s’intende per “intellettualismo” ? Questo sostantivo deriva da “intellettuale” (dal latino tardo “intellectualis”), e si riferisce alla persona di alta cultura specifica, capace di influenzare un’organizzazione politica o una ideologia.
L’intellettualismo indica l'atteggiamento di chi pone in primo piano l'attività dell'intelletto per comprendere ed analizzare concetti e fenomeni.
Ma c’è chi critica l’intellettualismo, perché produrrebbe un modo di pensare astratto, astruso e lontano dai bisogni e dal linguaggio della gente comune. Perciò l’intellettualismo così inteso assume un valore negativo e gli anti-intellettuali ridicolizzano le élite, allora prevale la reciproca aggressione verbale e la delegittimazione.
In Europa il forte risentimento verso le èlite dominanti al potere ha portato notevole popolarità a tutti quei movimenti e partiti politici che utilizzano il populismo e l’anti-intellettualismo come marchio distintivo del loro operare.
L’anti-intellettualismo si caratterizza con la predominanza dell’emotività a scapito del ragionamento logico e argomentativo. Il linguaggio, semplificato e diretto mira alla persuasione e manipolazione degli ascoltatori, non all’analisi critica e al ragionamento.
L’anti-intellettualismo ha talmente permeato la politica e la società che esso si esprime non solo in quelle forze e movimenti che si oppongono alle élite al potere, ma viene ampiamente utilizzato anche dalle elite dominanti, che vengono accusate di essere intellettuali e quindi distanti dai veri bisogni dei cittadini.
Questo fenomeno può essere spiegato in parte con il fatto che la politica è sempre più arte retorica e persuasiva e poco arte del fare. In questo senso la retorica anti-intellettuale si presta ad un tale approccio.
Secondo studi americani effettuati per analizzare il linguaggio ed i discorsi dei candidati alla presidenza, risulta che, nei dibattiti, ha due volte maggiori possibilità di successo chi impiega un approccio (un linguaggio) anti-intellettuale rispetto a chi non impiega un tale approccio.
L’anti-intellettualismo è un fenomeno che ha radici antiche, tuttavia nel mondo contemporaneo, a causa di fattori economici, politici, sociali e tecnologici, ha assunto un ruolo di primo piano. Per questo merita un’attenzione particolare.
Johan Huizinga nel suo libro titolato “La crisi della civiltà”, scrisse: “I pensieri del giorno vogliono agire all’istante. Invece in questo mondo le grandi idee si sono affermate solo con grande lentezza”. Ne è un esempio la religione. Le sue intuizioni sui valori e sulla società si proiettano nel lungo periodo, ben oltre la vita di una singola generazione o di un modello economico e politico. Per questa sua visione di lungo periodo la religione preserva valori forti, svolge un ruolo di coesione sociale. Ma questo ruolo può favorire anche la funzione di controllo sociale, e l’uso dei valori religiosi può diventare un potente strumento politico.
Mi sembra che in gran parte della storia le religioni hanno svolto proprio questo ruolo, macchiandosi spesso di errori e colpe gravi.
Fortunatamente nei secoli recenti in Occidente si è realizzata un apparente, maggiore separazione tra Stato e organizzazioni religiose, accanto allo sviluppo del pensiero scientifico autonomo dalla religione. Proprio questo processo permette oggi alle religioni di recuperare un forte ruolo morale, occupando “meno” l’ambito della politica.
Così è se vi piace, oppure “Così è (se vi pare)”, usando il titolo di un’opera teatrale di Luigi Pirandello.