Donare induce alla reciprocità. La sequenza donare-accogliere-ricambiare avviene in libertà, secondo tempi non stabiliti. Ovviamente chi dona non ha la garanzia che il regalo sia gradito o venga accettato e poi a sua volta riceva un “presente” dal donatario.
Comunque un oggetto regalato “comunica”, e nel tempo fa emergere il ricordo in chi lo riceve.
Se il donatore sa di essere pensato con simpatia, si sente gratificato. Se invece il donatario non ringrazia, il donatore ha la desolante sensazione di non contare nulla per l’altro/a, di essergli/le indifferente.
Ai bambini si regala gratuitamente, non si attende la reciprocità.
Una mia amica è talmente sospettosa che quando riceve un omaggio da altri a volte mi ripete una frase di Virgilio nell’Eneide: “Timeo Danaos et dona ferentes” ("Temo i Greci anche quando portano doni"). (libro II, 49). Sono le parole pronunciate da Laocoonte ai Troiani per convincerli a non introdurre il famoso “cavallo di Troia” all'interno delle mura della città.
Il termine “Danaos” venne usato da Virgilio come sinonimo di Greci. Gli Achei erano considerati discendenti dal capostipite di nome Danao.
"Temo i Danai, soprattutto se portano doni". La frase va intesa come un avvertimento a non fidarsi. Si ripete, talvolta in tono scherzoso, per esprimere diffidenza verso chi non si reputa amico, e che fa offerte e proteste di amicizia.
Il dio Apollo nell’iconografia è anche rappresentato con una mano che dona e l’altra che trafigge.
La cultura del dono non s’improvvisa, necessita di formazione. Non è “erba” spontanea” nelle società occidentali, governate dalla ragioneria della partita doppia dare / avere.
Nell'ambito sociale la reciprocità considera il dono come apertura allo scambio relazionale, che va oltre le cose date e ricevute.
Ovviamente il dono alla persona amata non attende reciprocità, è spontaneo.