Io sono una creatura dell'oscurità. Nelle notti di temporale salgo sul tetto, squarcio la quiete urlando, cercando il fulmine in grado di scuotermi le membra; in grado di strapparmi dall'inverno che si stende tranquillo su tutto il mio cuore.
Talvolta la scarica mi colpisce: qualcosa di sconosciuto mi passa attraverso, mi scuote da parte a parte, mi esalta a tal punto da gridare alla rinascita. Ma non è altro che l'illusione di un entusiasmo morto ancor prima che possa comprenderlo. Il gelo mi stringe di nuovo tra le sue spire, di nuovo mi ingabbia nell'indifferenza più totale: sono distante, distaccato, incapace di credere, di sposare anche solo una causa.
Così mi ritrovo a dovermi sfogare, ad emulare, a fingere d'abbracciare la passione per l'odio gratuito, per l'intolleranza a priori: con uno scatto mi alzo da tavola, sbatto i pugni facendo tremare più di un bicchiere, e percuotendo la tovaglia grido: "No! No! No Mamma! Io aborro il gelato! I dolci mi schifano in massimo grado! Come ti sei permessa d'offrirmene uno?"