Il filosofo e scrittore sudafricano David Benatar, conosciuto per le sue idee legate alla denatalità, sostiene che venire al mondo non è un bene ed è un danno per chi subisce tale scelta.
Non essere nato non è una privazione per chi non è concepito.
Nel suo libro titolato “Meglio non essere mai nati. Il dolore di venire al mondo”, sostiene che credere che sia meglio vivere perché i benefici superano i danni, è sbagliato. Esiste uno scenario migliore: quello di non esistere.
Per i viventi il dolore è male perciò è un dovere morale non procreare.
La felicità è male solo per le persone cui è negata.
Ergo, non esistere è la condizione migliore.
Per Benatar è un errore pensare che dobbiamo fare figli in quanto trarranno benefici dall’esistenza. Sarebbe più coerente dire che non dovremmo avere figli perché saranno danneggiati dal venire al mondo.
Per questo filosofo sudafricano la condizione di non esistere è paragonabile a quella di essere in vita. Egli sostiene che è una disgrazia stare al mondo. Non solo malattie ma anche la morte. La morte che mette fine all’esistenza non è la soluzione delle sofferenze.
La non esistenza non nuoce ad una persona che potrebbe nascere, mentre la morte colpisce chi vive.
Secondo Benatar pur essendo la vita una condizione dannosa, siamo indotti dai nostri geni ad ingannarci e credere il contrario, per il fatto che ciò è funzionale alla sopravvivenza e alla riproduzione della specie.
Le affermazioni che si ascoltano dalle persone su quanto sia bella la vita vanno considerate con scetticismo, idem le elucubrazioni dello schiavo che afferma di preferire la schiavitù.
Per il filosofo sudafricano sarebbe eroico se le persone smettessero di avere figli in modo che nessuno potesse soffrire in futuro.
Si potrebbe giudicare tragico lasciare che la specie umana si estingua, ma tale tragicità scompare se vediamo le cose dal punto di vista di chi non esiste.
Benatar cerca di smontare gli ostacoli cognitivi, emotivi e culturali che ognuno di noi usa per giudicare la vita come degna di essere vissuta, oppure come preferibile alla condizione di non essere venuti al mondo.
L’ottimismo pragmatico al quale ci affidiamo per far fronte alla desolazione della vita, è una strategia rischiosa per l’equilibrio mentale. Meglio il pessimismo che prende atto dell’orrore della vita umana, ma guarda oltre e non s’impegna in progetti che illudono di valorizzare o creare significato per l’esistenza umana sulla Terra. La vita, come spiega la biologia evoluzionistica, non ha alcun senso né significato.