Homo faber, homo ludens Di solito quasi tutti lavorano per vivere, per avere come corrispettivo il denaro necessario. Si accetta qualsiasi tipo di lavoro, pur di lavorare.
Spesso, sentiamo dire la tipica frase “dovresti trovare un lavoro che ti piaccia davvero", come se fosse facile.
Per poter vivere, molte persone sono costrette a fare un lavoro inadatto alle loro capacità, a trascorrere la maggior parte della giornata in un ambiente lavorativo che non piace, con conseguenze sulla salute. E la vita è troppo breve per fare il lavoro che non piace. Per questo motivo, per quanto sia possibile, si dovrebbe cercare di fare un’attività adatta più o meno al proprio talento e che dia soddisfazione quando si fa qualcosa che fa sentire utili e che ci fa stare bene psicologicamente.
Dal modo in cui si affronta la mansione che si svolge gli esperti in psicologia del lavoro distinguono tre tipi di persone:
1.
Chi odia il proprio lavoro. In questo primo gruppo sono incluse le persone che per diversi motivi odiano il lavoro che fanno. Accade quando i lavoratori non vengono valorizzati ma “sfruttati”, quando nell’ambiente lavorativo c’è la competitività esasperata, quando il comportamento di alcuni colleghi induce ad andare al lavoro svogliati, con stress, senza sentirsi a proprio agio.
2.
Chi cerca di svolgere al meglio il proprio lavoro. In questo gruppo c’è la maggior parte della popolazione. Lavorare è una necessità ed impegno, perciò si cerca di farlo nel miglior modo possibile, anche se con rassegnazione e con la speranza di un lavoro migliore nel futuro o di vincere alla lotteria.
Col tempo si passa dalla speranza all’apatia, all’insoddisfazione, alla noiosa stressante routine quotidiana.
3.
Chi ama il proprio lavoro. In quest’ultimo gruppo ci sono le persone che hanno trovato un lavoro che li definisce e li identifica. Per loro, lavorare non è costrizione, bensì il senso della propria vita.
Con il loro lavoro non solo favoriscono la propria soddisfazione, ma migliorano anche la qualità di vita degli altri.
Le persone che lavorano facendo ciò che amano e che hanno avuto la fortuna di trovare il contesto che dà valore alle loro capacità, lavorano per vocazione.
E’ importante poter svolgere bene un lavoro che piace, verso il quale si ha attitudine. Penso a professionisti come ingegneri, architetti, avvocati, notai, medici, commercialisti, docenti, ecc., se veramente hanno talento, ma penso anche agli artisti, ai creativi. Per chi ama il proprio lavoro questo non è alienante, non lo considera noioso, ripetitivo, anzi non lo considera lavoro ma piacevole occupazione, non lavora solo per avere il denaro necessario, ma “vive per lavorare”.
L’homo ludens è caratterizzato da una naturale tendenza al gioco, al riso, al divertimento. Non subisce il suo lavoro come incombenza necessaria, routinaria, ma lo considera come piacere dell
'homo faber: l'uomo (e la donna) capace di creare, costruire, trasformare l'ambiente.
Quando è creativo il lavoro diventa gioco, ludum, e la fase faber diventa parte del piacevole gioco di vivere in cui faber e ludens si fondono indissolubilmente.