Nel post precedente ho citato la Costituzione “Immensa Aeterni Dei” del 22 genaio 1588, con la quale il pontefice Sisto V creò la “Sacra Congregazione dei Riti” e le affidò il compito di regolare sia l'esercizio del culto divino sia di trattare le cause dei santi.
A questa c’è da aggiungere il “Decretum super electione sanctorum in patronos” di papa Urbano VIII, emanato il 23 marzo 1630, per evitare che la scelta dei santi patroni dei luoghi venisse attuata indistintamente dalla Chiesa e dalle istituzioni civili, talvolta eleggendo al patronato anche i “santi” non canonizzati.
Con questo decreto il pontefice pose fine agli arbitrii fino ad allora perpetrati ed impose regole per l'elezione dei santi tutori, rendendo obbligatoria l'approvazione pontificia e imponendo un iter che prevedeva il voto ufficiale dell'ordinario diocesano, del clero secolare, di quello regolare e della popolazione del luogo interessato dal patrocinio, per poi inviare i documenti alla Congregazione dei riti per il loro esame.
Dalla promulgazione del citato decreto di papa Urbano VIII la Chiesa non riconobbe i patroni istituiti senza il rispetto della procedura, mentre i patronati pre-esistenti, eccetto quelli relativi a santi non ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa, furono generalmente mantenuti.
In funzione dei calendari liturgici locali venne introdotto la distinzione tra patroni principali (patronus principalis o praecipuus) - da celebrarsi con rito doppio di prima classe, ottava e precetto - e patroni secondari (patronus minus principalis o secundarius) - da celebrarsi con rito di seconda classe -, invitando a istituire, dove possibile, solo un patrono principale per luogo, proprio per non complicare la rubrica diocesana con troppe celebrazioni solenni.
Per non scontentare la cosiddetta elementare “pietas popolare”, nel caso di più patroni, essi furono indicati come aeque principales (ugualmente principali) o, più raramente, compatroni principales (patroni principali insieme con altri).
Il decreto del 1630 è rimasto in vigore fino alla comparsa delle “Normae de patronis constituendis” promulgate il 19 marzo 1973 da papa Paolo VI, che hanno semplificato la procedura di elezione conservando, tuttavia, lo spirito del documento seicentesco.
Le nuove norme stabiliscono la riduzione del numero dei santi patroni, anche per snellire i calendari liturgici delle Chiese particolari (laddove possibile “ci sia un solo patrono”; “I patroni, sia principali sia secondari, costituiti in passato per particolari circostanze storiche, come pure i patroni scelti per situazioni straordinarie, per esempio la peste, la guerra o altra calamità, oppure a motivo di un culto speciale attualmente in disuso, d'ora in poi non devono più essere onorati come patroni”) ma soprattutto confermano che la scelta del patrono spetta a coloro che godono della sua protezione, e quindi non solo al vescovo e al clero ma anche e soprattutto al popolo che è esplicitamente chiamato a esprimersi mediante pubbliche consultazioni.
Per la Chiesa cattolica i termini patrono, compatrono e protettore (nonché difensore o tutore) sono sinonimi, ma il primo sostantivo è quello usato istituzionalmente e più diffuso.
Compatrono (dal latino compatronus, 'patrono insieme con altri') significa che condivide il patrocinio con uno o più patroni. È dunque sbagliato considerare i compatroni “se aeque principales” (egualmente principali) come i patroni secondari (minus principales), anche se generalmente il termine è utilizzato come sinonimo di patrono minore o secondario.
Diverso è il caso, non riconosciuto ufficialmente dall'autorità ecclesiastica, del santo patrono dichiarato difensore della patria (defensor patriae), titolo solitamente attribuito "a furor di popolo" ai protettori di un luogo (città o paese) in conseguenza di un intervento miracoloso in difesa dello stesso.