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Doxa

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Elogio della distrazione ?
« il: Novembre 27, 2018, 19:12:44 »
Elogio della distrazione ?

Il sostantivo “distrazióne” deriva dal latino “distractionem” e questo da  distrăctus, participio passato del verbo “distrahĕre” (in italiano “distrarre”),  parola composta da “dis-“ + trahĕre (= tirare  in direzioni diverse, essere tratti via da…  qualcosa per rivolgere l’attenzione verso qualcos’altro. 


 
la distrazione si contrappone all’attenzione.

Ci sono periodi nei quali capita di distrarsi continuamente: ci dimentichiamo appuntamenti, perdiamo le chiavi di casa o i documenti, inciampiamo in un ostacolo che non abbiamo visto, oppure ci dimentichiamo un anniversario, una promessa. Quando accade c’è qualcosa che induce la mente a distrarsi, a trascurare, forse per “stanchezza mentale”.

La distrazione è un atto involontario, segnala il bisogno di uscire dalla propria quotidianità. Se la propria realtà viene considerata una “prigione”, la mente cerca vie di fuga. Come nel rapporto di coppia logorato, senza più eros né curiosità, in cui non c’è la forza di uscirne né l'amante. Lo stesso vale per lo studio ed il  lavoro che non piacciono.

Nell’ambito della scrittura la distrazione viene detta “digressione”, ma è un atto volontario,  che fa lasciare la principale “strada narrativa” per percorrerne una secondaria. L’importante è non perdere la coerenza narrativa. Infatti ogni distrazione ci devia, ci depista. Il problema è saper tornare all’argomento principale, riprendere il cosiddetto “filo del discorso”. C’è il rischio di non riprenderlo più, di perdersi, di “giro –vagare” senza meta o con la perduta meta, come un vagabondo.

Digredire e trasgredire impongono sempre di scegliere una cosa anziché un’altra.

Dal punto di vista psicologico la distrazione è considerata una forma di riposo mentale dopo la concentrazione. La mente stanca rende difficile trovare una soluzione.