La commemorazione del
“Natale Petri de cathedra” cominciò nel III secolo. In quel giorno i cristiani dovevano rinsaldare i vincoli che li univano nel nome di Cristo e del magistero di Pietro e della Chiesa.
Ma da dove nasce il primato di Pietro ?
I Vangeli non sono verbali delle parole di Gesù ma interpretano i suoi detti, le sue parabole, in chiave teologica.
Matteo è l’evangelista attento alla dimensione ecclesiale ed è l’unico fra gli evangelisti ad usare nel suo Vangelo (16, 18, e 18, 18) il vocabolo “ekklesia”: ma questa parola scaturì dalla sua “redazione” del detto di Gesù ?
Le parole di Cristo dette a Pietro rivelano un’esattezza formale sorprendente per l’epoca di Gesù, disegnando uno statuto giuridico con formulazione perfetta.
Ecco il passo del Vangelo matteiano: “Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam” (16, 18). “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa […].
Simone era il vero nome dell’apostolo. Pietro deriva dal greco “petros”, traduzione dell’ebraico “kefa”, che significa roccia. La sua preminenza rispetto agli altri apostoli è sancita dalle parole riportate nel Vangelo di Matteo, con cui il Messia lo avrebbe scelto per essere il fondamento della Chiesa: “Tu sei ‘pietra’ e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa”.
A Pietro Gesù disse anche: “a te darò le chiavi del regno dei cieli […]” (Mt 16, 19).
Queste parole furono scritte da Matteo nel suo Vangelo o questo fu successivamente manipolato da altri come pronunciamento fittizio della Chiesa e messo artificiosamente e apologeticamente in bocca a Gesù per giustificare “legalmente” il primato petrino ? Su questo passo del Vangelo matteiano la tradizione cristiana si è sempre basata per l’autorità del pontefice su tutta la Chiesa. Se Pietro deve fungere da “fondamento” e da “roccia” della Chiesa, deve continuare ad esistere anche il fondamento. E’ impensabile che delle prerogative così solenni (“a te darò le chiavi del regno dei cieli”) si riferissero soltanto ai primi anni di vita della Chiesa e che esse cessassero con la morte dell’apostolo. Il ruolo di Pietro si prolunga dunque nei suoi successori pontefici.
Nel primo millennio questo “ufficio” di Pietro fu riconosciuto da tutte le Chiese, anche se interpretato diversamente in Oriente e in Occidente. I problemi sono nati nel secondo millennio e non per colpa degli scismatici: prima i greco-orientali poi i protestanti. I problemi sono nati perché al potere spirituale fu unito il potere politico e con esso gli abusi.
La “Cathedra Petri” fu il movente sia per la pretesa del primato di Roma su tutte le chiese sia per la rivendicazione della superiore autorità del papa e del suo diritto di intervento nei confronti degli altri vescovi.
Giovanni Paolo II nella lettera sull’ecumenismo “Ut unum sint”, ha prospettato la possibilità di rivedere le modalità con le quali viene esercitato il primato del papa, per rendere possibile la concordia di tutte le Chiese, ma è un primato a cui la Chiesa cattolica non può rinunciare.
Tale primato non è nato con le origini della Chiesa, ma deriva da un lungo processo che giunge a conclusione nel 1870 con il Concilio Vaticano I.
Nei primi secoli del cristianesimo non c’è notizia di un pontefice come lo intendiamo oggi. La prima testimonianza a cui si fa riferimento per stabilire la successione dei papi è un testo di Ireneo, vescovo di Lione, scritto nel 180, in cui, fra l’altro, ricorda che a Roma “i beati apostoli fondatori trasmisero la dignità episcopale a Lino”, perciò fu questo il primo "papa" e non Pietro. In quel tempo di vescovi “pontefici” ce n’erano cinque: ad Alessandria d’Egitto, ad Antiochia, a Gerusalemme, a Costantinopoli e a Roma.
Per l’ecclesiologia occidentale la Chiesa era una con al vertice il vescovo di Roma, per quella orientale ogni diocesi, con il suo vescovo, era tutta la Chiesa.
Fu Leone I Magno il pontefice che per primo proclamò la supremazia della Chiesa di Roma su tutta la cristianità. Era convinto che il primato religioso appartenesse al vescovo di Roma e che esso si estendesse anche sulla Chiesa d’Oriente. Primato necessario per servire l’unica Chiesa di Cristo. Per di più gli avvenimenti lo indussero ad assumere un ruolo dominante non solo nell’ambito religioso ma anche civile e politico durante la decadenza e poi caduta dell’Impero Romano d’Occidente, avvenuta nel 476.
L’imperatore romano d’Oriente era a Costantinopoli e a Roma c’era solo il papa come figura emergente anche nell’ambito sociale e amministrativo.
Nel 1870 il Concilio Vaticano I confermò che il vescovo di Roma, in quanto successore di Pietro, ne eredita il “primato”, che non è solo un primato di onore ma di giurisdizione, che comporta la potestà universale.