Autore Topic: Origine della Pasqua  (Letto 663 volte)

Doxa

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Origine della Pasqua
« il: Aprile 01, 2018, 19:23:45 »
La Pasqua ebraica nella sua matrice era una festa di migranti. Lo era perché è incastonata nel racconto della fuga del popolo israelita dall’Egitto.

Nel capitolo 12 dell’Esodo si narra di una celebrazione notturna caratterizzata dall’immolazione di un agnello che viene poi arrostito al fuoco e mangiato con pane azzimo ed erbe amare, mentre il suo sangue è spalmato sugli stipiti e l’architrave delle case dove si era consumato il banchetto pasquale.

C’è, però, un elemento rituale significativo: “Lo mangerete con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano. Lo mangerete in fretta. E’ la pasqua del Signore”.

E’ evidente che questo abbigliamento era tipico dei viandanti che dovevano camminare con passo svelto, perciò cingevano la veste talare per agevolare l’andamento.

In tale rito si riesce ad intravedere la sua origine nomadica: era, infatti, una festa della transumanza, che i pastori celebravano al plenilunio di primavera, prima di mettersi in viaggio verso nuovi pascoli, con vesti da viandanti, con il sacrificio dell’agnello per auspicare l’esito del viaggio, con l’atto apotropaico protettivo del sangue.

Esodo, capitolo 12

La pasqua

[1]Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: [2]“Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. [3]Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. [4]Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne. [5]Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre [6]e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. [7]Preso un pò del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. [8]In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. [9]Non lo mangerete crudo, né bollito nell'acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere. [10]Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. [11]Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. E' la pasqua del Signore! [12]In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dei dell'Egitto. Io sono il Signore! [13]Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d'Egitto. [14]Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne.

La festa degli azzimi
[15]Per sette giorni voi mangerete azzimi.
Gia dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case, perché chiunque mangerà del lievitato dal giorno primo al giorno settimo, quella persona sarà eliminata da Israele.
[16]Nel primo giorno avrete una convocazione sacra; nel settimo giorno una convocazione sacra: durante questi giorni non si farà alcun lavoro; potrà esser preparato solo ciò che deve essere mangiato da ogni persona.
[17]Osservate gli azzimi, perché in questo stesso giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dal paese d'Egitto; osserverete questo giorno di generazione in generazione come rito perenne. [18]Nel primo mese, il giorno quattordici del mese, alla sera, voi mangerete azzimi fino al ventuno del mese, alla sera.
[19]Per sette giorni non si troverà lievito nelle vostre case, perché chiunque mangerà del lievito, sarà eliminato dalla comunità di Israele, forestiero o nativo del paese. [20]Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre dimore mangerete azzimi”.

Prescrizioni per la pasqua

[21]Mosè convocò tutti gli anziani d'Israele e disse loro: “Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la pasqua. [22]Prenderete un fascio di issòpo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spruzzerete l'architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi uscirà dalla porta della sua casa fino al mattino. [23]Il Signore passerà per colpire l'Egitto, vedrà il sangue sull'architrave e sugli stipiti: allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. [24]Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. [25]Quando poi sarete entrati nel paese che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. [26]Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo atto di culto? [27]Voi direte loro: E' il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l'Egitto e salvò le nostre case”.
Il popolo si inginocchiò e si prostrò.
[28]Poi gli Israeliti se ne andarono ed eseguirono ciò che il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne; in tal modo essi fecero.

10^ piaga: morte dei primogeniti

[29]A mezzanotte il Signore percosse ogni primogenito nel paese d'Egitto, dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito del prigioniero nel carcere sotterraneo, e tutti i primogeniti del bestiame. [30]Si alzò il faraone nella notte e con lui i suoi ministri e tutti gli Egiziani; un grande grido scoppiò in Egitto, perché non c'era casa dove non ci fosse un morto!
[31]Il faraone convocò Mosè e Aronne nella notte e disse: “Alzatevi e abbandonate il mio popolo, voi e gli Israeliti! Andate a servire il Signore come avete detto. [32]Prendete anche il vostro bestiame e le vostre greggi, come avete detto, e partite! Benedite anche me!”. [33]Gli Egiziani fecero pressione sul popolo, affrettandosi a mandarli via dal paese, perché dicevano: “Stiamo per morire tutti!”. [34]Il popolo portò con sé la pasta prima che fosse lievitata, recando sulle spalle le madie avvolte nei mantelli.

Spogliazione degli Egiziani

[35]Gli Israeliti eseguirono l'ordine di Mosè e si fecero dare dagli Egiziani oggetti d'argento e d'oro e vesti. [36]Il Signore fece sì che il popolo trovasse favore agli occhi degli Egiziani, i quali annuirono alle loro richieste. Così essi spogliarono gli Egiziani.

Partenza di Israele

[37]Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot, in numero di seicentomila uomini capaci di camminare, senza contare i bambini. [38]Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e insieme greggi e armenti in gran numero. [39]Fecero cuocere la pasta che avevano portata dall'Egitto in forma di focacce azzime, perché non era lievitata: erano infatti stati scacciati dall'Egitto e non avevano potuto indugiare; neppure si erano procurati provviste per il viaggio.
[40]Il tempo durante il quale gli Israeliti abitarono in Egitto fu di quattrocentotrent'anni. [41]Al termine dei quattrocentotrent'anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dal paese d'Egitto. [42]Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dal paese d'Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazione.

Prescrizioni sulla pasqua

[43]Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: “Questo è il rito della pasqua: nessun straniero ne deve mangiare.
[44]Quanto a ogni schiavo acquistato con denaro, lo circonciderai e allora ne potrà mangiare.
[45]L'avventizio e il mercenario non ne mangeranno.
[46]In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso.
[47]Tutta la comunità d'Israele la celebrerà. [48]Se un forestiero è domiciliato presso di te e vuol celebrare la pasqua del Signore, sia circonciso ogni suo maschio: allora si accosterà per celebrarla e sarà come un nativo del paese. Ma nessun non circonciso ne deve mangiare.
[49]Vi sarà una sola legge per il nativo e per il forestiero, che è domiciliato in mezzo a voi”.
[50]Tutti gli Israeliti fecero così; come il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne, in tal modo operarono.
[51]Proprio in quel giorno il Signore fece uscire gli Israeliti dal paese d'Egitto, ordinati secondo le loro schiere.

L’archeologo domenicano Roland de Vaux (1903 – 1971), uno dei più noti archeologi in Palestina, prima della morte fece pubblicare un suo elaborato, titolato “Histoire ancienne d’Israel”, nel quale scrive che “La Pasqua è una festa annuale di nomadi, di migranti, di pastori, come è evidente nei suoi riti essenziali. Si celebra fuori da un santuario, senza sacerdoti; la vittima del gregge, arrostita, è mangiata col pane non lievitato dei beduini, con le erbe del deserto e con un abbigliamento tipico dei pastori erranti. E’ celebrata di notte nel plenilunio che rischiara e che è la prima luna di primavera quando si parte per la transumanza”.
E continua: “E’, questo, un momento decisivo e rischioso a causa dei pericoli della traversata della steppa, l’incertezza sui pascoli, le difficoltà delle giovani bestie, le minacce delle persone di altre tribù o dei sedentari. Questi pericoli sono personificati da un demone, detto il Distruttore (lo “(Sterminatore” di cui si parla anche in Esodo 12, 23), ed è per proteggersi dai suoi colpi che si spalmavano col sangue sacrificale dell’agnello le tende” dei nomadi.

Il cardinale Gianfranco Ravasi in un articolo pubblicato oggi (1/4/2018) su “Il Sole 24 Ore ha scritto “Questo sacrificio pre-israelitico pasquale è collegato con quello degli arabi pre-islamici, rielaborato poi sulla scia della Bibbia anche dall’islam, ossia col sacrificio del mese di Radjab, a primavera, quando gli agnelli sacrificali sono immolati e mangiati per assicurare la preservazione e la fecondità del gregge”.

Nella Bibbia il rito nomadico è stato reinterpretato. Da festa stagionale reiterata a date fisse, la Pasqua biblica è tramutata in un evento forse vero, legato alla liberazione del popolo israelita dalla schiavitù in Egitto; un atto non scandito dalla natura ma affidato a un Dio salvatore.

Doxa

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Re:Origine della Pasqua
« Risposta #1 il: Aprile 02, 2018, 17:16:03 »
L’evento costitutivo di Israele come popolo è l’esodo dall’Egitto, la fuga dalla schiavitù e dalla miseria verso la “Terra promessa”, meta di libertà e di benessere economico.

In questo post discetto sull’Esodo (= “uscita”, in ebraico shemòt, in greco èxodos, in latino exodus), nel prossimo post, invece, argomenterò sull’evento costitutivo del popolo israelita.

Il libro dell’Esodo e’ un elaborato a più mani. La sua redazione definitiva, ad opera di autori ignoti, è collocata al VI-V secolo a.C. in Giudea, sulla base di precedenti tradizioni orali e scritte.
È composto da 40 capitoli. Nei primi 14 descrive il soggiorno degli Ebrei in Egitto, la loro schiavitù e la miracolosa liberazione tramite Mosè, mentre nei restanti descrive il soggiorno degli Ebrei nel deserto del Sinai.

Secondo tale racconto il popolo ebraico, che era schiavo in Egitto, fuggì verso la Terra di Canaan passando nella penisola del Sinai. Quella popolazione in fuga era governata da Mosè, inviato da Dio.

Questa liberazione è ricordata nel rito del Pesach (=passaggio), la Pasqua ebraica. Ma la storicità dell'evento è negata dagli studiosi.

Non sono stati trovati documenti riguardanti la presenza di popolazioni ebraiche in Egitto, e nessuna fonte egizia riporta un evento di liberazione o fuga di schiavi (probabilmente perché gli schiavi, intesi secondo l'accezione moderna, non esistevano in Egitto: erano lavoratori liberi salariati e con diritto di sciopero.

Nel XII capitolo dell’Esodo, nei versetti 37 e 38, si dice che: “Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot (prima tappa del viaggio) in numero di seicentomila uomini capaci di camminare, senza contare i bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e insieme greggi e armenti in gran numero”.

Ramses era la capitale dell’antico Egitto durante il governo dei monarchi ramessidi (da Ramses I a Ramses III). Fu edificata dopo il 1300 a.C. sulle sponde di un ramo scomparso del Nilo nel suo delta. Vi lavorarono come schiavi gli Ebrei ( Esodo 1, 11). Gli archeologi hanno localizzato il sito presso il villaggio di Kathana-Qantir, a 100 km a nord-est del Cairo.

Ramses II (regnò fra il 1279 a.C. e il 1213 a. C.) sarebbe l’ipotetico faraone che si oppose a Mosè. Ma chi era costui ? Secondo gli storici, Mosè è una figura leggendaria. Non ci sono documenti che attestino l’esistenza del profeta o condottiero Mosé e neanche di un esodo dall'Egitto di 600 mila uomini ebrei, a cui vanno aggiunti, donne bambini, altra gente promiscua, greggi ed armenti.

Il periodo descritto è tradizionalmente riferito al 1250-1200 a.C..

Shlomo Sand, storico ebreo, docente all’Università di Tel Aviv, in un suo libro titolato “L’invenzione del popolo ebraico” evidenzia che nel XIII sec. a.C. la terra di Canaan, o “Terra promessa”, all’epoca della fuga degli Ebrei dall’Egitto, era governata dai faraoni. Questo significa che, se le cose si sono svolte come dal racconto tradizionale, Mosè avrebbe condotto milioni di persone in un viaggio nel deserto durato quarant’anni, per andare dall’Egitto all’Egitto.

Nessuna traccia del fatto che, una volta arrivati nella terra di Canaan, gli Ebrei, secondo il racconto del libro di Giosuè, avrebbero sterminato la popolazione locale. Nessuna prova dell’abbattimento delle mura di Gerico che all’epoca era una piccola e insignificante città.

Il racconto biblico indica il momento della ridenominazione della "Terra di Canaan" in "Terra di Israele” (in ebraico Eretz Yisrael) dopo la conquista della “Terra Promessa” da Dio ai discendenti di Abramo attraverso suo figlio Isacco e agli Israeliti, discendenti di Giacobbe, nipote di Abramo.

L'intervento divino nella storia di Israele e la sua rivelazione a Mosé sul Monte Sinai (Io sono colui che sono”, Esodo 3, 13 – 14) culminano nel significato teologico della terra promessa come dono di salvezza per la fede e l'obbedienza del popolo scelto da Dio.

Secondo la leggenda Mosé morì prima di giungere al traguardo agognato; fu Giosué a guidare gli israeliti alla conquista di quella regione.

Comunque la figura di Mosè e l'avvenimento biblico dell'Esodo, non possiedono per gli studiosi alcun rilievo storico, ma vanno considerati come un racconto religioso che integra vari elementi di epoche diverse.

Doxa

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Re:Origine della Pasqua
« Risposta #2 il: Aprile 03, 2018, 17:31:28 »
L’archeologia e la storia rivelano una diversa origine del popolo ebraico rispetto a quanto narrato nei testi dell’Antico Testamento. Non ci fu l’esodo dall’Egitto né un pellegrinaggio di 40 anni attraverso il deserto del Sinai.

La cultura dei primi insediamenti israeliti è cananea, l’alfabeto usato è proto-cananeo, i loro oggetti di culto sono quelli del dio cananeo “El” (= Dio). E’ il Dio dell’universo delle antiche religioni nell’area semitica siro-cananea, giudaica e mesopotamica. Per gli antichi popoli del Vicino e Medio Oriente era l’essere supremo,  anche denominato “Elyon” (= l’Altissimo). 


Statuetta assira del dio El

Secondo la tradizione la discendenza ebraica deriva dai patriarchi biblici Abramo, Isacco e Giacobbe, che vissero nel XVIII secolo a. C. circa nel territorio di Canaan,  area geografica  che comprendeva gli attuali territori del Libano,  di Israele, e  parti della Siria e della Giordania.

Le tribù israelite formarono l’antico Regno di Israele e, successivamente, il Regno di Giuda, ma la prima menzione di Israele come popolo è sulla “stele di Merenptah”


La stele conservata al Museo egizio del Cairo

E’ una stele di granito fatta erigere dal sovrano egizio Amenhotep (che regnò dal 1387 a.C. circa al 1348 a.C. circa) e  successivamente fatta modificare dal sovrano Merenptah, che regnò dal 1213 a.C.  circa al 1203 a.C. circa. Sulla stele c’è il resoconto di alcune vittorie militari, fra le quali quella nel 1209/8 a.C. contro una tribù denominata Israele tra le popolazioni che abitavano in Siria e Palestina. Dagli studiosi è considerata la prima testimonianza storica extrabiblica relativa al nomade popolo ebraico. Ma lo storico ebreo Shlomo Sand, docente all’Università di Tel Aviv, in un  suo libro titolato “L’invenzione del popolo ebraico”,  che ho citato  nel precedente post, sostiene che non c’è continuità tra gli ebrei di  oltre tremila anni fa e quelli attuali.

Sand afferma che non ci sono basi storiche per dire che gli ebrei provengono da uno stesso ceppo culturale e propone nel suo libro  una visione diversa del passato ebraico dello Stato d’Israele rispetto a quella accreditata dai padri fondatori. Per fare ciò egli rifiuta perfino il lessico tradizionale. Le espressioni “popolo ebraico”, “terra avita”, “esilio”, “diaspora”, “terra d’Israele”, “terra di liberazione” e altre simili servirebbero secondo lui soltanto a rafforzare il pensiero dominante e a modellare la memoria collettiva israeliana allo scopo di fornire una giustificazione storica, peraltro inesistente, alla presunta origine ebraica della terra d’Israele.

Secondo Shlomo Sand la storia del popolo ebraico che viene diffusa è  quella costruita ed avallata da studiosi che hanno abilmente manipolato le fonti per creare una visione unitaria e coerente del passato. Di fatto, miti fondativi dalla storicità dubbia, come l'esilio babilonese, la conquista del paese di Canaan o la monarchia unita di Davide e Salomone, sono diventati le colonne di una ricostruzione della storia degli ebrei presentata come una sorta di percorso ininterrotto che dall'epoca biblica si dipana senza soluzione di continuità fino ai giorni nostri. Nulla di tutto ciò: in realtà, sostiene Sand, gli ebrei discendono da una pletora di convertiti, provenienti dalle più varie nazioni del Medioriente e dell'Europa orientale. Ma la storiografia di stampo nazionalista ha fornito fondamento e giustificazione all'impresa di colonizzazione sionista.

Questa politica identitaria non vera servirebbe soltanto a creare un mito delle origini, necessario allo Stato d’Israele per determinare la coesione della nazione intorno a un’idea di sé.

Per il sionismo, che ha inaugurato il nazionalismo ebraico in senso proprio, è stato fondamentale ancorarsi alla Bibbia per forgiare un’identità collettiva moderna. Questo ancoraggio, dice Sand,  da un lato legittimava l’idea del popolo ebraico costretto all’esilio, e dall’altro consentiva di rivendicare un diritto sulla “terra d’Israele”. La Bibbia ha rappresentato dunque il certificato di possesso della terra “originaria” e la prova che esistesse un popolo dall’origine comune. Il guaio, però, è che si tratta di un testo teologico, non storico, sebbene nelle scuole israeliane di ogni grado e orientamento continui a essere presentato come tale.

Hayyim Milikovsky, studioso dell’università Bar Ilan, ha dimostrato sulla base di un’accurata documentazione del secondo e terzo secolo dopo Cristo che il termine “esilio” indicava un asservimento politico, non uno sradicamento territoriale e che le due cose non erano necessariamente correlate.

La storiografia ebraica, e non solo israeliana, presuppone che esista una nazione ebraica risalente a Mosè, educata alla convivenza civile e all’osservanza delle leggi durante i quarant’anni nel deserto,  e che poi riuscì a conquistare la terra promessa da Dio. Ma tale storiografia porterebbe a pensare, secondo Sand, che il popolo ebraico sia uno in tutte le latitudini della terra e di conseguenza l’unico avente diritto a quella terra promessa. Il fatto che Israele si definisca come Stato ebraico che appartiene a tutti gli ebrei del mondo provocherebbe ingiustizie verso gli abitanti non ebrei d’Israele.

Comunque l’ebraismo che si è formato attraverso secoli fino ai nostri giorni è un insieme di tradizioni, di norme comportamentali, di leggi morali che traggono origine dalla Torah, cui tutti gli ebrei del mondo si richiamano, in maniera diversa e con diversa intensità.
La particolarità dell’ebraismo è di essere esperienza religiosa e sociale, ed è normale che i padri fondatori della moderna nazione di Israele si siano richiamati alla memoria collettiva ebraica per evidenziare il legame ebraico con la terra d’Israele.

Ogni processo di formazione di una nazione si basa su un’antica origine, sull’unità territoriale e religiosa, l’omogeneità linguistica. E le
tradizioni hanno valore fondante, nel contempo sono garanzia per la sopravvivenza del popolo ebraico nella storia.




Doxa

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Re:Origine della Pasqua
« Risposta #3 il: Aprile 04, 2018, 10:33:27 »
Non ci fu l’esodo del popolo ebraico dall’Egitto ed anche Mosé è una figura leggendaria. Non ci sono prove della sua esistenza.

Quell’inesistente evento sarebbe avvenuto nel XIII secolo a.C. ma il libro dell’Esodo fu redatto nel V – IV sec. a.C., circa otto secoli dopo.

Mosè (in latino: Moyses; in ebraico:  Mōsheh) è per gli Ebrei  “Moshé Rabbenu”, "Mosè il nostro maestro", “liberatore del popolo d’Israele dall’Egitto e suo legislatore nel deserto”. È considerato una figura fondamentale nell'Ebraismo, del Cristianesimo, dell'Islam.

Non  si sa chi fosse Mosè: nessuna fonte antica ne parla. E’ citato anche nel Deuteronomio, redatto da autori ignoti tra il VI ed il V sec. a. C. come compendio di leggi religiose e sociali già presenti in Esodo e sul Pentateuco.

“Mosé liberatore degli israeliti ed anche il legislatore”: sul Monte Sinai ricevette da Dio le tavole della legge, il decalogo. Ma del  Monte Sinai, come per altre località descritte nell’Esodo, si è persa la memoria toponomastica.
Sono state proposte diverse identificazioni, fra le quali Gebel Musa (letteralmente “montagna di Mosè” in arabo). Questa identificazione, però,  risale ai primi secoli dell'era cristiana.
Gebel Musa o Monte Horeb è  nel territorio egiziano, nella parte meridionale della penisola del Sinai, ed è alto 2285 mt.
 
Nelle due “Tavole della legge” scritte da Dio e presentate a Mosé ci sono cinque comandamenti su una tavola ed altri cinque sull’altra. L’esegesi ebraica afferma che i primi cinque riguardano il rapporto che l’ebreo ha con Dio, gli altri cinque riguardano il rapporto di ogni individuo con il suo prossimo.

I primi due comandamenti furono ascoltati dal popolo d’Israele direttamente dalla voce di Dio, mentre gli altri vennero poi comunicati da Mosé.

La teofania sul Sinai, con la trasmissione dei dieci comandamenti e la codificazione dell'alleanza tra Dio e il popolo eletto costituiscono a vari livelli alcuni dei temi centrali delle religioni ebraica e cristiana.

La Torah riporta due versioni dei dieci comandamenti impartiti a Mosé. Essi sono la sintesi dei 613 precetti.

E’ evidente che il monoteismo ebraico abbia ereditato alcuni tratti dalla contigua religione egizia, come i cosiddetti “Dieci Comandamenti”,  derivanti dal “Libro dei morti”. Ecco solo una parte riguardante la confessione del defunto pronunciata davanti al tribunale di Osiride: non ho detto il falso, non ho rubato, non ho ucciso uomini, non ho sottratto le offerte al dio, non ho disonorato la mia reputazione, non ho commesso trasgressioni, non ho commesso atti omosessuali ed impuri,  non ho commesso affronti contro l’immagine di un dio, non ho congiurato contro il re, non ho ingiuriato dio, non ho desiderato la roba d’altri, non ho bestemmiato il nome del dio della città.
Questi erano alcuni precetti che fanno pensare ai “Dieci Comandamenti”. Le stesse regole morali della Bibbia ebraica sono anche negli scritti geroglifici egiziani.

La religione egiziana aveva una credenza politeistica, ovviamente vietata dal Dio monoteista di Mosè. Nei primi due dei suoi comandamenti riportati nel capitolo 20 del Libro d’esodo afferma:  “Non avrai altri dèi davanti a me. Non farai a te alcuna immagine o un’immagine somministrata di tutto ciò che è nel cielo sopra, o che è nella terra sotto, o che è nell’acqua sotto la terra“.

A differenza degli Israeliti, gli Egiziani immaginavano una seconda vita dopo la morte. La consideravano un’interruzione temporanea e non la  completa cessazione della vita.  Credevano che dopo loro morte andavano nella Sala del Giudizio per essere giudicati dal dio Osiride e dai 42 dei che rappresentavano le 42 province egiziane. Erano divinità minori della giustizia (Ma’at).  Ognuno di essi interrogava il defunto riguardo a uno dei 42 capi d’accusa elencati nel capitolo CXXV del Libro dei morti, e riguardanti i 42 princìpi di Ma’at. Solo 42 punti pieni permettevano di passare il giudizio, ed essere promossi al regno della luce, tramite la psicostasia.

Gli Ebrei si ispirarono direttamente al Libro dei morti per la formulazione dei loro comandamenti, riducendone però il numero da 42 a 10. Ma l’eco della loro ispirazione egizia risuona nel “nome a 42 lettere” del Talmud babilonese, che secondo Maimonide fu elaborato incollando fra loro vari nomi diversi della divinità.

I dieci comandamenti che ci insegna la Chiesa cattolica sono diversi dal decalogo nei libri dell’Esodo 20: 2-17 e in Deuteronomio 5: 6-21.

Nel primo comandamento del decalogo del Deuteronomio – il comandamento originale per intenderci – Dio comanda al suo popolo di “non avere altri dei al di fuori di lui”, ammettendo implicitamente l’esistenza e la presenza di più dei. Il vero motivo per cui l’ipotetico redattore del decalogo ha imposto agli ebrei questo comandamento è perché, nonostante vi fossero diversi tentativi di unificare il popolo, gli ebrei, infischiandosene altamente di ciò che diceva il loro dio, o di chi glielo voleva imporre, non furono mai fedeli a questa divinità dimostrando addirittura in molti casi di non conoscerla neppure, adorando ogni sorta di divinità egizia, sumera, assira, fenicia ed altre divinità di tutte le razze e religioni; tutte eccetto il dio biblico.

Per poter riparare a tutte queste chimeriche anomalie, poiché sarebbe potuto sembrare ridicolo agli occhi di un credente non ebreo che il dio Creatore dell’Universo fosse in competenza con altre divinità, la Chiesa decise di trasmutare grammaticalmente il “numero” della parola “dei” dal plurale al singolare (dio), in modo tale da cambiare il significato all’intero contesto della frase.

Nel secondo comandamento originale Dio vieta di fare immagini, dipinti, statue e quindi ogni sorta di raffigurazioni “di ciò che è lassù in cielo, di ciò che è quaggiù sulla terra e di ciò che è nelle acque sotto la Terra”, ovvero di ogni eventuale immagine sacra e divina riguardante sia la presente religione sia le religioni straniere, alle quali era comunque vietato aderire. Nel prosieguo del comandamento lo stesso Dio, onnisciente e perfettissimo, ammette di essere un dio geloso e vendicativo, ponendo questa sua irascibilità come valido motivo per il quale agli ebrei era vietato fare immagini e raffigurazioni d’ogni genere e forma (“Perché io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione per quanti mi odiano”).
Il vero secondo comandamento, insomma, vieta alla religione cristiana di essere una religione idolatra, invece…

Inoltre come può un’entità perfetta, onnipotente, onnipresente ed onnisciente, che dovrebbe quindi esulare da ogni legge fisica e terrestre, e perciò essere una forza trascendente, dichiarare per sua stessa ammissione di essere una entità gelosa e vendicativa, e peraltro farlo in un libro scritto da lei stessa colmo di incongruenze logiche ed anacronismi storici?

Se Dio è geloso non è perfetto, se Dio è perfetto allora non è il dio della Bibbia!
« Ultima modifica: Aprile 04, 2018, 10:44:00 da dottorstranamore »