Apro Facebook, la mia pagina sibillinamente mi chiede: A cosa stai pensando?
Penso alle parole che, incontrandomi quest'oggi, in questo spazio virtuale, in questo tempo mi suggeriscono di esprimere un pensiero, uno stato d'animo oppure un parere, un'idea un sentimento su qualcosa, qualcuno oppure un ricordo...
Allora mi vien fatto di pensare quanto sia importante e, alle volte, esaustiva la parola: tra gli uomini, nella storia della civiltà umana, nella cultura come nella politica, nei rapporti tra le persone, in famiglia come all'esterno di essa, al lavoro come nel tempo che dedichiamo allo svago ed al gioco. Ancora, la parola come atto di preghiera o di speranza, come sopraffazione o sottomissione, come aiuto e dono o condanna.
A cosa sto pensando, mi chiede ancora ineffabile la mia pagina Facebook all'apertura, quando ancora non ho né letto né scritto alcunché, almeno per oggi e comunque sino ad ora.
Penso, invece, questo sì alle molte ridondanti parole usate e abusate nel mondo della politica, prima e dopo la campagna elettorale, conclusasi lunedì scorso, subito dopo i risultati del voto dei molti, moltissimi italiani che, in Italia e all'estero, hanno espresso con la "parola scritta" su di due fogli (uno per la Camera dei Deputati e l'altro per il Senato della Repubblica) il loro dissenso, la loro stanchezza, la "caduta" degli ideali propri della politica (gli schieramenti a sinistra o a destra delle ideologie che sono state peculiarità dei due secoli precedenti) per manifestare con forza e decisione la volontà di un vero cambiamento di rotta, questa volta, che non ha più niente in comune con le promesse elettorali (mai mantenute, persino il giorno dopo gli ultimi referendum della nostra Repubblica) che hanno fatto da filo conduttore agli ultimi governi succedutisi negli ultimi dieci anni almeno.
A cosa penso? Penso che il Presidente Mattarella, proprio attraverso la parola (la sua) dall'alto del Colle del Quirinale, dalla sua posizione Super partes, quale garante della Costituzione, ha certamente fatto bene, assolvendo ad uno dei suoi doveri costituzionali, ad invitare i partiti tutti, i loro rappresentanti insieme ai loro segretari e presidenti, ad uno sforzo comune per il bene del Paese al fine di cercare una via per garantire la governabilità di questo Paese.
A cosa penso, continua a chiedermi imperterrito Facebook, mentre altre riflessioni scorrono nella mente. Mi chiedo cosa si aspettino gli oltre 60 milioni di italiani, gli altri 500 milioni circa di cittadini europei (compresi quelli della Gran Bretagna, ancora in fase di brexit!) dalle scelte dei nostri politici e da quelle dei componenti il governo europeo. Mi chiedo, probabilmente in un interrogativo comune che ci riunisce tutti nell'attesa, quando la politica ed i suoi primi attori smetterà di essere parolaia ed inconcludente; quando saprà essere davvero capace di guardare avanti, proponendo progettualità, crescita e democrazia tra i popoli. L'Europa, culla della cultura occidentale, negli ultimi 60 anni ha saputo e voluto garantire la pace e la crescita tra tutti le nazioni che la compongono, questo è bene non dimenticarlo, specialmente quando si pronunciano discorsi che arringano cittadini stanchi, delusi, arrabbiati, disoccupati o malpagati. Quando si cavalcano le onde della protesta, nella facile proposizione di politiche che, promettendo tutto a tutti, dimenticano poi di ricercare concretamente i modi per renderle fattive!
La parola è stata protagonista della storia dell'umanità, ne ha scritto e raccontato della sua nascita e crescita: vediamo che qualcuno non debba usarla per scriverne, in futuro, il suo epilogo.
A questo, oggi, ho pensato mentre aprivo la pagina del mio profilo Facebook.