Autore Topic: Bellezza  (Letto 1090 volte)

Doxa

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Bellezza
« il: Aprile 16, 2018, 23:29:18 »
E’ meglio essere un araldo della bellezza oppure un diacono della bellezza ?

L’araldo è il messaggero o il banditore che informa la comunità dell’arrivo di una persona bella, invece il diacono si pone al servizio della bellezza, ne officia il rito, la lustrazione, ed usa l’aspergilum per benedirla.

La pulcritùdine può essere soggettiva od oggettiva.

Bellezza soggettiva: dipende dal proprio gusto estetico.

Bellezza oggettiva: è connessa con un canone di riferimento in una società o cultura in senso antropologico, perciò variabile nel tempo.

La percezione estetica della bellezza di un viso dipende dall’armonia dei lineamenti, dagli occhi, dalla bocca, secondo alcuni ricercatori dell’università canadese di Toronto e dell’università californiana di San Diego.

Di solito le donne hanno bisogno di essere considerate sempre attraenti, temono di essere rifiutate. Anche molti uomini si valutano basandosi su dettami estetici.

Cosa spinge le persone a cercare approvazione sul piano estetico? Si desidera piacere fisicamente perché ci si sente apprezzati e non criticati dagli altri. Inoltre, si soddisfa il desiderio di somigliare ai modelli imposti dalla moda, dalla pubblicità anche se questo può porre dei limiti oggettivi al proprio potenziale di sviluppo, minando l’autostima e facendo vivere la persona in uno stato di insoddisfazione, non appena si discosta dai canoni estetici dominanti (per motivi di età, di incidenti, di mancato controllo del peso, di operazioni chirurgiche ecc.). Inoltre, questi modelli cui si aspira sono quasi sempre irraggiungibili, anche per le persone fisicamente più dotate.

Le riviste femminili presentano in genere due candidate “ideali” alla chirurgia estetica: la donna insicura, per migliorare l’autostima, e la donna di successo, attraente, sicura di sé, con un alto livello di autostima, che ricorre alla chirurgia estetica per mantenersi sempre perfetta; ma la maggior parte delle donne si colloca fra queste due motivazioni estreme.

La nostra è una società basata sull’immagine, sulla salute, sulla capacità di competere: quando ci si sente brutti si sta molto male con sé stessi e si provano difficoltà nelle relazioni sociali, perché viene a mancare uno dei più importanti pre-requisiti del successo e della realizzazione personale. Per le scarse doti estetiche si può soffrire moltissimo, ci si può isolare dal gruppo sociale, ci si può sentire disprezzati o rifiutati. La persona che si considera “brutta” sente di vivere una vita di serie B, perché impossibilitata a raggiungere quel successo che viene presentato e promesso dai media: si sente prigioniera ed ostaggio di un corpo che non ama e che non si è mostrato utile per raggiungere la tanto desiderata affermazione sociale.

Da sempre la bellezza è considerata un valore. Tutti i popoli e le culture hanno individuato specifiche modalità per l’ornamento e l’abbellimento del corpo.

Le società occidentali pongono molta importanza alla bellezza fisica e al suo ruolo quale mezzo per ottenere importanti risultati. L’aspetto fisico di una donna ed in particolare il modo in cui gli altri lo valutano, può determinare il successo o meno legato ad esperienze lavorative e ai rapporti interpersonali.

Le donne imparano a valutare se stesse prima e meglio degli altri, adottando sul proprio sé fisico la prospettiva di un potenziale osservatore: si guardano e si giudicano come gli altri le guarderebbero e giudicherebbero.

Le donne diventano giudici di se stesse e lo fanno adottando la prospettiva di un potenziale osservatore. In questo caso, il processo di oggettivazione coinvolge una sola persona: vittima e agente sono la stessa persona. E’ ciò che nella letteratura scientifica viene definita auto oggettivazione (self objectification), è il processo per cui le donne assumono sul proprio sé fisico la prospettiva di chi le osserva, guardando e giudicando se stesse come oggetti che devono essere apprezzati principalmente da altri.

Doxa

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Re:Bellezza
« Risposta #1 il: Aprile 16, 2018, 23:39:20 »
La bellezza oltre che valore estetico è lo strumento necessario ad Eros. Dà piacere estetico alla persona “bella” e a chi la guarda. Ma il pulchrum, il bello, è difficile da definire ed è complesso delimitarlo.

Come ho già scritto nel precedente post, la bellezza è soggettiva ed oggettiva. In merito il filosofo scozzese David Hume (1711 – 1776) nel suo libro titolato “La regola del gusto ed altri saggi” scrisse che “La bellezza non è una qualità delle cose stesse: essa esiste soltanto nella mente che le contempla ed ogni mente percepisce una diversa bellezza”.

Per Hume il bello è bello e il bene è bene, ma la diversità comincia quando si deve determinare quali sono le cose belle e quali le buone. Egli evidenzia che il gusto è soggettivo, non ci sono regole universali o a priori, ma esistono solo regole empiriche a posteriori.

L’idea di bellezza è da secoli oggetto di discussione da parte di filosofi, scrittori, poeti, artisti e critici d’arte. Che l’esperienza estetica sia soggettiva, determinata dalle emozioni contingenti e dai valori personali, è espressa al meglio dalla frase popolare “la bellezza è negli occhi di chi guarda”, da cui il detto “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace”, intendendo dire che non è l’oggetto in sé ad essere bello, quanto l’idea di bellezza che viene stimolata nella mente dell’osservatore. Questa idea di bellezza è perlopiù soggettiva e dipende, oltre che dalla propria personalità, anche dalle proprie esperienze, dalle conoscenze, dalla propria cultura, dai pregiudizi, ecc.. Però ci sono criteri universali che definiscono le qualità estetiche di un paesaggio, di un’opera d’arte o di una persona.

La psicologia della Gestalt (“teoria della forma”) è incentrata sui temi della percezione e dell’esperienza, sul modo in cui viene percepita la realtà anziché per quella che è realmente.
Per questa corrente psicologica è sbagliato dividere l'esperienza nelle sue componenti elementari; si deve invece considerare l'intero come fenomeno sovraordinato rispetto alla somma dei suoi componenti: "L'insieme è più della somma delle sue parti". Per esempio, quando si osservano delle figure geometriche come triangoli, cerchi o quadrati, che abbiano piccole irregolarità o asimmetrie, si tende sempre a percepire la forma nel suo aspetto più regolare e simmetrico. Inoltre, siamo attratti da figure che abbiano una certa armonia nelle proporzioni.

In uno studio del gruppo diretto dal neuroscienziato Giacomo Rizzolatti (noto per la scoperta dei neuroni specchio) è stato dimostrato che il giudizio estetico su una scultura classica dipende dalle sue proporzioni.
Rizzolatti ha osservato che mostrando a un gruppo di volontari una serie di immagini raffiguranti il Doriforo di Policleto nella versione originale oppure in due versioni alternative in cui era stata modificata la proporzione, si ottiene l’attivazione di aree cerebrali distinte.

Il senso della bellezza artistica potrebbe essere determinato sia dall’attivazione di aree implicate nella percezione della proporzione (bellezza ‘oggettiva’), sia dall’intervento degli stati emotivi individuali (bellezza ‘soggettiva’). Secondo questa interpretazione, i canoni di bellezza oggettiva sarebbero innati, anche se modellati sulla base di conoscenze acquisite. In una serie di altri esperimenti, alcuni volti umani sono stati sovrapposti ed è stato generato il cosiddetto volto medio. Se si chiede ad alcuni osservatori di indicare il volto che sembra loro più attraente, in generale essi giudicano più bello quello medio. Tale risultato è stato interpretato come la dimostrazione che certi modelli di riferimento si formano per somma di molteplici esperienze.

Doxa

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Re:Bellezza
« Risposta #2 il: Aprile 19, 2018, 10:18:21 »
I meccanismi neurali implicati nella percezione della bellezza e nell’esperienza estetica delle opere d’arte vengono studiati dalla neuroestetica: area di ricerca interdisciplinare che coinvolge le scienze cognitive e l’estetica; indaga i meccanismi neurali e le strutture cerebrali che mediano l’apprezzamento estetico e la creatività; analizza a livello cerebrale quanto accade nel creatore e nell’ammiratore di un’opera d’arte; cerca di spiegare cosa accade nel cervello quando ci troviamo di fronte a un dipinto, a una scultura, persino ad una sfilata di moda.

Fondatore  della neuroestetica è considerato il neurobiologo Semir Zeki, con le sue ricerche che hanno creato le basi della disciplina, la quale studia i meccanismi biologici alla base della percezione estetica della bellezza e delle opere d’arte.

Tramite le tecniche di neuroimaging funzionale e di neurofisiologia è stato possibile localizzare diversi siti del cervello  implicati in questo processo. Le rilevazioni hanno evidenziato  il coinvolgimento della corteccia pre-frontale, in particolare della regione orbito-frontale e di quella dorso-laterale.

Gli studi finora effettuati  permettono di capire che psicologicamente l’esperienza estetica non è una semplice registrazione passiva della realtà circostante, ma una costruzione attiva di significati che comporta processi di elaborazione ed analisi.
L’opera d’arte viene contemplata, percepita ed analizzata mentalmente nelle sue caratteristiche strutturali, poi scaturisce la risposta emotiva.

E’ stato ipotizzato che nell’apprezzamento estetico delle opere d’arte possano essere coinvolti anche i cosiddetti  neuroni  specchio, presenti nella corteccia pre-motoria, che si attivano quando un individuo compie un’azione ma anche quando guarda la stessa azione compiuta da un altro.  Tali neuroni suscitano risposte emotive, coinvolgimento empatico.

Per esempio, guardando il dipinto la “Notte stellata” di Van Gogh, mentalmente il fruitore potrebbe essere indotto  a simulare o ad immaginare mentalmente i movimenti compiuti dalla mano dell’artista che regge il pennello, quanta forza  ha impresso sulla tela, come ha steso il colore, ecc..

La scoperta della specializzazione funzionale del “cervello visivo”, ha indotto a considerare la visione come un processo attivo e dinamico. Da questo scaturisce il concetto di visione come ricerca fisiologica dell’essenziale. Secondo Semir Zeki la bellezza è nel cervello di chi guarda. Non solo l’esperienza della bellezza che deriva da fonti sensoriali, ma anche l’esperienza della bellezza  che deriva da fonti cognitive.

Le ricerche confermano le preferenze degli individui per la simmetria, per le linee curve piuttosto che per gli angoli, per le linee verticali e orizzontali anziché oblique, il contrasto  e non lo sfumato. La rete neurale media nella percezione del colore, della forma, del movimento ma non sia quanto influisce nelle combinazioni di questi elementi per creare bellezza e su come il cervello sia in grado di percepire la bellezza.

Ovviamente i risultati ottenuti  dalla neuroestetica sono importanti per la filosofia estetica, che si occupa anche di bellezza.

Doxa

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Re:Bellezza
« Risposta #3 il: Aprile 22, 2018, 21:49:03 »
La neuroestetica è una disciplina relativamente nuova. Esplora l’attività cerebrale nella creatività e nella contemplazione dell’arte.

Nella parte posteriore del cervello c’è il cosiddetto “cervello visivo”, che riceve i segnali dalla retina. Questa zona è circondata da altre aree visive, ciascuna delle quali è specializzata ad elaborare un aspetto specifico della scena visiva: forma, colore, movimento, volti… Tali aree sono deputate alla percezione e all’elaborazione.

Una delle funzioni primordiali del cervello è di acquisire la conoscenza del mondo, ma l’informazione che gli giunge non è mai costante. Il cervello scarta i continui mutamenti ed estrae dalle informazioni che lo raggiungono soltanto ciò che è necessario per ottenere la conoscenza.
Per esempio, una foglia verde  anche se la vediamo in  diversi orari  la percepiamo nello stesso colore (pur con sfumature diverse); il cervello riesce ad ignorare i continui cambiamenti ed assegna una categoria di colore costante. Questa elaborazione mentale viene detta “legge di costanza”.

Tramite l’astrazione il cervello riesce ad enfatizzare il generale a spese del particolare. Per esempio, determina in modo astratto  il colore di una superficie e trascura la forma dell’oggetto, perché ci sono cellule della corteccia visiva specializzate che reagiscono solo al movimento in una direzione e non nell’altra.

Il neurobiologo Semir Zeki, fondatore della neuroestetica, dice che le recenti scoperte permettono di capire quali sono le condizioni neuronali coinvolte nell’esperienza soggettiva.

Le ricerche effettuate hanno permesso di capire che la retina è il filtro e il canale dei segnali verso il cervello, che poi costruisce il mondo visivo.

L’esperienza della bellezza derivante da diverse fonti, come quella visiva o quella musicale, correla con attività in parti diverse del cervello, nella corteccia visiva e uditiva.

Un’area localizzata nella parte emotiva del cervello è associata con l’esperienza del piacere e della ricompensa (è il campo A1 della corteccia orbito-frontale mediale); in tale area inizia l’attività neuronale quando si ha esperienza di bellezza, indipendentemente da quale ne sia la fonte, visiva, uditiva, ecc..

Da un punto di vista neurobiologico la bellezza è uniforme tra etnie e culture.  Anche se ci sono preferenze per la propria etnia, un individuo ritenuto bello in una società e cultura è presumibilmente considerato bello anche in un’altra cultura o in un altro gruppo etnico.
Sono rare le persone che considerano belli viso e corpo asimmetrici.

Il neuroscienziato francese Jean-Pierre Changeux con i suoi collaboratori ha invece effettuato ricerche sulle emozioni che si provano quando si contempla un’opera d’arte. Sono le stesse emozioni che si provano quando si guarda la bellezza fisica di una persona: sintesi tra elementi cognitivi ed emotivi.

Doxa

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Re:Bellezza
« Risposta #4 il: Aprile 24, 2018, 18:41:10 »
Un’altra disciplina da prendere in considerazione per cercare di comprendere la natura sociale della bellezza è l’etologia; la scienza che studia il comportamento animale.
 
L’etologia ci insegna che nel mondo animale la bellezza è  anche sinonimo di un corpo in buona salute. Ci si sente attratti da individui che tramite il loro aspetto comunicano di essere più “sani”. Charles Darwin si rese conto che nel mondo animale la scelta del/la  partner sessuale può avere un effetto di “selezione” della specie.
 
La scelta può dipendere  sia dal vigore generale dell’animale più forte sia dai caratteri sessuali secondari (i primari sono quelli riproduttivi): piume colorate, corna, ecc..

I maschi devono trovare il modo di farsi considerare partner convenienti per le femmine; durante la scelta, la selezione naturale e quella sessuale si sommano.

A volte la selezione sessuale porta a risultati che possono essere in contraddizione con la selezione naturale (la quale è funzionale alla sopravvivenza). Analizzando la selezione sessuale, infatti per esempio, le femmine di pavone tendono a scegliere come maschi coi quali riprodursi quelli che presentano una coda più lunga e colorata.

La selezione sessuale può riguardare anche elementi non fisici, come canti, danze o corteggiamento.

Un altro elemento importante da considerare è che non sono sempre le femmine a operare la selezione.

Per quanto riguarda le persone che non corrispondono ai canoni della bellezza socialmente condivisa, tramite trucchi “normalizzanti” possono sperare di attirare l’attenzione.

Come il pavone o il cervo, anche l’uomo deve essere attraente fisicamente, o perlomeno facilitato dallo status socioeconomico, che ha  un ruolo molto importante nel determinare il sex appeal maschile.

Sono numerosi i sinonimi che indicano varie modalità di bellezza, per esempio attraente, avvenente.

Mentre bello evoca un distacco, attraente e avvenente implicano un maggior coinvolgimento emotivo.

La bellezza è l'insieme delle qualità percepite da un individuo tramite i sensi e a seguito  di un rapido paragone effettuato  inconsciamente con un canone di riferimento interiore,  che può essere innato oppure acquisito per istruzione o per consuetudine sociale.

Doxa

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Re:Bellezza
« Risposta #5 il: Aprile 27, 2018, 15:47:08 »
Eros è attratto dalla bellezza  che ha fra le parti la proporzione, la simmetria e l’ armonia delle forme come ideale estetico ed etico.

Il modello estetico della proporzione e dell’armonia  fu elaborato nel VI sec. a. C. dai pitagorici: Pitagora e i suoi allievi  sostenevano che nell’universo tutte le cose riflettono l’ordine, la proporzione, la simmetria, hanno una struttura armonica e sono misurabili tramite la matematica.

L'origine della teoria delle proporzioni si fa risalire ai Babilonesi ma fu sviluppata dai pitagorici, che consideravano tre specie di proporzioni: proporzione aritmetica, proporzione geometrica e proporzione armonica.

Nell'antica Grecia, in età classica, la definizione del modello ideale nella rappresentazione del corpo umano atletico si deve allo scultore Policleto, attivo ad Atene nella seconda metà del V sec. a.C. Egli raccolse in un trattato (andato perduto), dal titolo "Canone", un sistema di regole che dovevano essere alla base della creazione artistica, in grado di assicurare all’opera ritmo, proporzione, armonia. Secondo quanto riferiscono le fonti, Policleto volle mettere in pratica le teorie del Canone in una statua così denominata. Oggi quest’opera è nota con il nome di Doriforo (“portatore di lancia”).

Nel dialogo socratico “Ippia Maggiore” Platone espose la sua opinione sul bello, narrando la discussione tra Socrate, il sofista Ippia di Elide ed un altro interlocutore indefinito, forse lo stesso Platone.

Socrate non dice cos’è il bello, perché non è un concetto universale e la definizione non è  da tutti accettabile. Secondo Socrate il concetto di bello è soggettivo e nell’individuo può mutare nel tempo. E’ bello, dice, ciò che produce il bene, e viceversa. 

Anche per Platone il bello è connesso al bene e deve avere come requisiti l’armonia tra le parti e la simmetria.

Nel “Fedro” Platone attribuisce ad Eros la funzione di elevare l'anima alla contemplazione della bellezza, invece nel “Simposio” ridefinisce il suo concetto di bello facendolo esprimere dalla sacerdotessa Diotima di Mantinea.

Aristotele, a differenza di Platone, non definisce il bello in sé ma riconduce il bello di un’opera artistica alla proporzione e ordinata disposizione delle parti, alla simmetria; ogni  parte deve contribuire a realizzare un determinato ordine dell'insieme. Con Aristotele l'opera d'arte è come un organismo vivente, è una totalità: il suo valore e la sua bellezza dipendono dall’accordo e dalla disposizione delle parti nell'insieme, dal loro reciproco rapportarsi ed equilibrarsi.

Platino

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Re:Bellezza
« Risposta #6 il: Aprile 28, 2018, 20:06:38 »
La bellezza è una visione intrinseca in ognuno di noi. Nessuno può disquisire su quella altrui....

piccolofi

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Re:Bellezza
« Risposta #7 il: Aprile 29, 2018, 18:21:01 »
Caro Platino,
il punto è che Stranamore è un "mentale" che ama erudirsi e trova piacere in questo.  La tua giusta osservazione si colloca invece su un altro piano dell'essere, più istintivo, legato all'esperienza del mondo e delle persone.
Il motivo per cui nessuno interloquisce ( salvo mi pare un tempo, e polemicamente, Nuvola )con Stranamore è proprio l'impostazione, il taglio dato ai suoi " post ", che risponde ad un bisogno suo nonché al gusto di esternare gli steps e i risultati delle sue ricerche.
Lui scrive per sé, e infatti credo che l'affacciarsi di altre persone con le loro osservazioni sia per lui come una sorta di piccolo inciampo fastidioso; potrebbe apprezzare solo contributi dello stesso tipo, ossia di erudizione.
Diciamo che in questo Forum ognuno da' in base alla sua personalità, esperienze, propensioni e gusti.
Scrive, e così facendo condivide.
C'è chi afferma poi di non avere interesse ad esser letto, ma è chiaramente una bufala, un'assurdità.
Chi non vuole esser letto, infatti, imbuca nel cassetto della propria scrivania, come facevo io un tempo.
Ad ogni modo viva la diversità, nonché il rispetto per ognuno di noi.
 

Doxa

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Re:Bellezza
« Risposta #8 il: Aprile 29, 2018, 18:33:09 »
Piccolo fiore hai il caffé pagato. Mi hai inquadrato perfettamente, meglio di una moglie.

Platino ha scritto
Citazione
La bellezza è una visione intrinseca in ognuno di noi. Nessuno può disquisire su quella altrui....
Ciao Platino, si, hai ragione, la bellezza è soggettiva, però è interessante studiare come cambia nei secoli l’approccio verso di essa.
 
La bellezza è  indefinibile.  Siamo capaci di riconoscerla ma abbiamo difficoltà nel descriverla. E’ una qualità che attribuiamo all’ arte, alla natura, all’aspetto fisico di un individuo, di un animale, o di un oggetto. Non ha immutabili canoni di riferimento, non ha rigorose regole universali  che stabiliscono quali elementi considerare per esprimere con competenza il proprio giudizio estetico, non ha  criteri oggettivi riconosciuti validi da tutti. Eppure a livello filosofico se ne discute da circa tremila anni.

Sin dall'antichità alcuni tratti caratteristici della bellezza sono l’armonia e la proporzione, definita anche “divina proporzione”. Quando la notiamo in un viso, in un corpo, in una pittura, in un’opera architettonica, in un paesaggio naturale,  riconosciamo la presenza del bello.
 
Il tema della bellezza del corpo umano, sia femminile che maschile, fu preminente nell’antichità  nell’arte scultorea greco-romana.

I Greci  consideravano un corpo bello quando ogni sua parte aveva la dimensione proporzionata alla figura intera. L’atleta era il soggetto preferito dagli scultori classici e diventò il modello per rappresentare anche la divinità.
Tipiche sculture erano i kouroi, giovani atleti, e le korai, fanciulle ateniesi recanti offerte alla dea Athena.

Nel mondo greco le divinità avevano forma umana: il loro corpo, rappresentato nel pieno della giovinezza e del vigore, doveva comunicare l'idea di bellezza perfetta, come Venere, dea della bellezza e dell’amore.

La figura umana era il soggetto più rappresentato nella scultura greca, testimonianza di perfezione nel corpo e nello spirito. L’'idea del bello  scaturiva  dalla corrispondenza simmetrica tra le varie parti del corpo, secondo schemi geometrici non collegati con la realtà umana.

Dal V secolo a.C.  negli artisti greci ci fu interesse per l'anatomia e la rappresentazione del movimento. Famosi  scultori del V secolo furono  Mirone, Policleto e Fidia; nel IV secolo furono  Skopas, Prassitele e  Lisippo. Essi esaltarono la perfezione della muscolatura e studiarono l'armonia e la proporzione fra le parti del corpo, mostrando una grandissima abilità tecnica nella realizzazione delle loro opere, scolpite nel marno o fuse in bronzo.

Mirone, concentrò le sua ricerche sul movimento anziché sulla stasi. Il “Discobolo” è  rappresentato nel momento della massima contrazione che precede il lancio. La sua posizione è tale da suggerire la sequenza della dinamica dell'azione facendoci pensare  sia i movimenti che hanno preceduto l'ultimo,  raffigurato dall'artista, sia quelli successivi. Un elemento molto importante è il suo volto il quale trasmette tranquillità e serenità nonostante la tensione della gara e il peso del disco.

Policleto,  fu il primo scultore a racchiudere in un'unica scultura sia il concetto di stasi che quello di movimento, ed è con lui che inizia l'epoca classica. Nel suo “Doriforo” infatti vediamo raffigurato un atleta le cui dimensioni seguono delle precise  regole, le parti si corrispondono aritmicamente. L'atleta è rappresentato nel movimento, ed ha il peso del corpo poggiato sulla gamba destra, mentre l'altra gamba è flessa dietro. Inoltre ha il braccio destro steso e il sinistro flesso.

Nel III secolo a. C. comincia ad essere abbandonata dagli artisti la bellezza idealizzata ed irreale dei secoli precedenti e le immagini riproducono anche i difetti fisici e le caratteristiche dei volti e corpi non più solo giovani ed atletici. Si sviluppa la ritrattistica per tramandare il volto degli uomini illustri. Al cittadino non veniva più proposto un modello astratto di perfezione ma ritratti di condottieri, uomini politici, filosofi, poeti, artisti. Erano ritratti celebrativi in cui gli scultori comunicavano nell’espressività del volto la personalità del soggetto rappresentato.

piccolofi

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Re:Bellezza
« Risposta #9 il: Aprile 30, 2018, 21:40:52 »
Grazie del caffè, ma Roma è un po' distante ( io sono in Emilia ); quanto alla faccenda della moglie...potrebbe farmi andare di traverso il caffè.
Pur con tutto il rispetto e l'apprezzamento per quella santa categoria, s'intende!