Presa da un grande fervore iniziò a consultare tutta la documentazione, ebbe un attimo di smarrimento quando capì di aver letto la frase al contrario; ossia: balla da solo, di notte. Fu presa da un tale sgomento che iniziò a mangiare il pasto frugale che le aveva preparato la madre; due fiorentine di appena un chilo, una pagnotta senza sale; come le aveva consigliato l’ultima dietologa, settantadue cannoli farciti con appena sei chili di cioccolato, ma solo sulle estremità e ventiquattro arance, le vitamine servono sempre.
Appena riuscì a finire, quel misero pasto fu folgorata da un’idea geniale, avrebbe inviato un nuovo messaggio con la nuova decodifica; così avrebbe risolto tutti i problemi.
Mezz’ora dopo quando stava per calare la sera, tutti gli abitanti di Aviota erano già pronti a ballare e le strade iniziavano ad avere qualcosa di carnevalesco. Il messaggio giunse a destinazione, ma fu letto solo il mattino dopo, poiché anche i funzionari avevano passato il pomeriggio a ballare. D’altro canto il primo ministro che si annoiava in un modo talmente incredibile, che provò a pensare come risolvere la situazione, del resto la gente aveva iniziato a lavorare molto meno e le casse languivano. La sua mente per lo sforzo si surriscaldò e per tale motivo crollò addormentato, ma nessuno se ne accorse.
Il primo ministro al suo risveglio trovò il nuovo messaggio “Balla da solo, di notte”, nel leggerlo fu preso da una tale ira che pensò di vietare i balli per almeno tre anni, mentre covava simili pensieri, arrivò il secondo messaggio che Clò aveva decodificato durante la notte” Se sei da solo in casa e non riesci a dormire puoi ballare, ma solo il sabato”.
Il ministro diramò subito un dispaccio urgente, un comunicato stampa, una bolla papale, provvedimento d’urgenza.
Tutti i cittadini dovranno lavorare, solo nel caso non riuscissero a dormire e saranno soli in casa potranno ballare.
Il messaggio fu trasmesso a reti unificate, su ogni radio, foglio, giornale, televisione di Stato.
Il ministro era piuttosto soddisfatto e sì congratulò con se stesso per aver risolto in modo così brillante, la crisi provocata dai balli di gruppo.
Clò riprese a tradurre i dispacci polverosi nel buio della sua cantina, ma non ci furono più messaggi da interpretare, a parte la volta che trovò la frase che poi creò qualche piccolo dramma” tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.”.
Quella sera la gente uscì da casa, nessuno aveva voglia di stare da solo o di ballare, le strade si riempirono di persone che parlavano e passeggiavano.
Qualcuno entrò in chiesa e accese un cero, in modo particolare quelli che da giorni avevano dolori alle gambe. Altri si dedicarono al giardinaggio, qualcuno riprese a occuparsi dei bambini, che in quel periodo avevano ballato tanto e mangiato poco, infatti, alcuni, erano dimagriti.
Anche Luigi bussò alla porta di Clò
Lei lo accolse come sempre con un ampio sorriso.
“ Che cosa vuoi”? Gracchiò Clò mentre mangiava un cosciotto di pollo.
“ Non vedi che ho da fare… io… sono occupata!”. Esclamò, tirando su con la mano il ciuffò ribelle che le copriva la fronte.
Lui la guardò e sospirò.
Fece per salutare e andare via.
Ma lei con il suo fascino lo fermò.
“ Sei qui adesso, entra, non posso mica mangiare qua davanti alla porta!” La voce di Clò graziosa come un tuono in una giornata estiva risuonò per qualche minuto.
Lui con fare dimesso entrò.