La prima volta che l’ho vista stava seduta sul bordo di un muretto al fianco dei giardini pubblici,
fumava una sigaretta di quelle sottili che sembrano invisibili, e fissava lo sguardo su un gatto che mangiava in un piatto di plastica bianco. Mi ero fermato per chiederle l’ora, scusa banale lo so, e lei mi disse semplicemente e senza spostare lo sguardo non lo so.
Non avevo altre scuse dunque e stavo per andarmene quando lei mi rincorse chiedendomi un passaggio. Non ho macchina le dissi, e lei va bene lo stesso.
Aveva bisogno di parlare ed io di starle accanto, un uomo certe cose le sente, non ha bisogno di tante spiegazioni in fondo è naturale. Non so per quanto tempo abbiamo camminato parlando, parlando, e parlando e poi all’improvviso si è allontanata fino a scomparire completamente.
In quell’istante ho sentito di morire, sì come se la terra sotto i piedi fosse franata ed io con lei, pensavo d’averla conquistata ed aspettavo il momento per chiederle un indirizzo, un numero di telefono e invece mi ritrovavo lì esattamente dove mi aveva lasciato andandosene.
La curiosità di rivederla mi portò nello stesso punto il giorno dopo e lei era lì, sì, come se il tempo fosse tornato indietro e tutta la scena del giorno prima si stesse ripetendo.
Di nuovo le chiesi l’ora aspettandomi la stessa risposta, e invece non disse niente, le dissi del giorno prima e continuò a non parlarmi. A quel punto non sapevo cosa fare, non aveva senso rimanere lì impalato e mi allontanai. Appena fatto qualche passo la sentii rincorrermi dicendo oh eccoti, finalmente!
La sua malattia l’ho scoperta strada facendo, la sua memoria non funziona bene, perciò cammina con un libro e appunta tutto per ricordare di ricordarsi. Percorre sempre la stessa strada, si siede sempre sulla stessa panchina, guarda sempre le stesse vetrine sperando che qualcosa cambi, io le sto accanto, sono così tante le volte che non mi riconosce e sta zitta, e altrettante le volte in cui guardando il suo libro scopre che sono suo marito.