“Nessun uomo può, per un tempo considerevole, portare una faccia per sé e un'altra per la moltitudine, senza infine confonderle e non sapere più quale delle due sia la vera”. Questa frase è nel romanzo storico “La lettera scarlatta”, dello scrittore statunitense Nathaniel Hawthorne (1804 – 1864). Il romanzo è ambientato nel 1642 a Boston, capitale dello stato del Massachusetts.
Una giovane donna di nome Hester partorisce una bambina, Pearl, nonostante il marito sia assente da anni dalla città. Viene accusata di adulterio, processata e condannata. Esposta su un patibolo alla pubblica umiliazione , è costretta ad ostentare sul petto la lettera “A” di colore rosso scarlatto, che la indica come “adultera”.
La società bostoniana dell’epoca era caratterizzata da ignoranza e superstizione tipiche delle società puritane. Alcune arcigne pettegole del luogo vorrebbero che Hester venisse uccisa, in quanto la pena per l'adulterio sarebbe la morte, ma le viene comminata la prigione. Hester non vuole rivelare chi sia il padre della bambina (il giovane reverendo Dimmesdale) anche se le viene domandato più e più volte. Ma alla fine l’adultero, considerato al di sopra di ogni sospetto, è costretto a svelare il suo vero volto, dopo menzogne e doppiezze.
Hawthorne con questo romanzo aveva impietosamente sferzato l’ipocrisia borghese di allora. Un vizio costante, già detestato anche da Gesù, come sappiamo dal brano evangelico riguardante l’adultera salvata dal linciaggio (Gv, 8, 1 – 11)
"Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio (di Gerusalemme) e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". Ed essa rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù le disse: "Neanch'io ti condanno; va’ e d'ora in poi non peccare più".
Contro l’ipocrisia perbenista si scagliò anche lo scrittore e filosofo Albert Camus (1913 – 1960) nel romanzo “La caduta”. Camus fa dire al protagonista, l'avvocato Jean-Baptiste Clamence, “che dopo una certa età ognuno è responsabile della sua faccia” autentica. E spesso non è un bel vedere. Infatti Jean-Baptiste mentre in pubblico mostra la sua “maschera” di uomo virtuoso, in privato è dedito a diversi “vizi”, dall’alcol alle donne.