“Primum vivere, deinde philosophari”: è una citazione latina che significa “prima vivere, poi filosofare”. Questa frase viene attribuita al filosofo inglese Thomas Hobbes (1588 – 1679) e ripetuta talvolta anche con significato estensivo di maggiore aderenza agli aspetti pratici della vita.
Ma ci sono anche formulazioni alternative. Due esempi: “Primum manducare, deinde philosophari” (= prima mangiare, poi filosofare); “Primum panem, deinde philosophari” (= prima il pane, poi filosofare). Ne era convinto anche il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804 – 1872) che scrisse la famosa frase “Der Mensch ist was er isst” (= l’uomo è ciò che mangia), pubblicata il 12 novembre 1850 sulla rivista “Blätter für literarische Unterhaltung” per recensire un trattato di Jakob Moleschott sull’alimentazione popolare.
“Se mangiamo bene, pensiamo bene”. In base a tale prospettiva sembrava che il progresso di ogni popolo dipendesse in primis da un imprescindibile miglioramento dell' alimentazione. Significativo è in questo senso anche un saggio di Feuerbach titolato “Il mistero del sacrificio o l’uomo è ciò che mangia”, pubblicato nel 1862. Questo filosofo sostiene la necessità di migliorare le condizioni di sussistenza materiale dell’essere umano come presupposto essenziale per migliorarne le condizioni spirituali:“La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello, in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia.”
Un altro tedesco (naturalizzato austriaco), lo scrittore e regista Bertolt Brecht (1898 – 1956), in un suo aforisma ironicamente scrisse: “Per chi sta in alto discorrere di mangiare è cosa bassa. Si capisce: loro hanno già mangiato!”
Il cibo in tutte le culture è anche simbolo di comunione nella gioia: si pensi alle parabole nuziali di Gesù che comprendono un banchetto, oppure simbolo di dolore: “mangiare il pane del lutto”, è una nota locuzione biblica. I pasti funebri sono antichi ed ancora praticati in molte nazioni.
La parabola del banchetto nuziale è giunta a noi attraverso i Vangeli di Matteo (22,1-14) e di Luca (14,16-24). Mentre Luca si sofferma di più sui motivi del rifiuto degli invitati al banchetto, Matteo aggiunge il particolare dell’abito di nozze.
Luca 14, 16 – 24): Gesù rispose: “Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi. Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto. Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia. Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena”.
Matteo 22, 1 – 14): “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.