Autore Topic: Tempo ed eternità  (Letto 4725 volte)

Doxa

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Tempo ed eternità
« il: Aprile 26, 2016, 00:21:54 »
Tempo ed eternità

Gli antichi Greci usavano diverse locuzioni per connotare il Tempo, in particolare:  “Aion”,  "Kronos" e "kairos".

Aion (o Eone) nell’antica cosmologia greca simboleggia l'eternità, il tempo infinito, il susseguirsi delle ere.

Kronos connota il tempo  sequenziale e cronologico: passato, presente e futuro.

Kairos denota  un tempo  indeterminato, un’azione da eseguire nel momento opportuno, perché “La vita fugge, et non s'arresta una hora,/et la morte vien dietro a gran giornate”, scrisse Francesco Petrarca nel sonetto “In morte di Madonna Laura”, canto 272 del “Canzoniere”.  Il poeta  immagina vita e morte personificate, l’una in fuga, l’altra militarmente in inseguimento a marce forzate.
In questo sonetto il poema esprime il rimpianto per la vita trascorsa inutilmente nell’amore vano per Laura, la donna da lui amata ma deceduta,  ed il timore per la propria morte.  Egli è consapevole di aver peccato e di essere prossimo a rendere conto della propria condotta di fronte a Dio. Il suo conflitto interiore lo comunica con la metafora del viaggio nel mare in burrasca e l’unica luce gli proviene dal ricordo degli occhi di Laura:  “veggio fortuna in porto, et stanco omai / il mio nocchier, et rotte arbore et sarte,/ e i lumi bei (gli occhi di Laura) che mirar soglio, spenti”.
Lo scorrere del tempo gli fa ricordare che la morte arriva con la falce in mano, spesso cavalcando un cavallo in corsa, mietendo il proprio raccolto, incurante se alcune spighe sono troppo verdi, se desideravano maturare... È la sua missione. È cieca. Impietosa. Crudele. Tempo, vita e morte sono così indissolubilmente legati in una corsa che nessuno può arrestare.

Nella mitologia greca:

Aion: per l’antico drammaturgo greco Euripide (485 a.C. – 407/406 a.C.) Aion non era un divinità ma un concetto subordinato a Kronos. Per il filosofo Platone era “Tempo trascendente ed assoluto”. Dopo Aristotele la distinzione tra Aion e Kronos si attestò come contrapposizione tra tempo sacro e tempo profano. Da questa acquisizione del termine nella sfera religiosa, si passò alla trasformazione della nozione da esso espressa alla divinità, oggetto di culto nel mondo ellenistico e romano: il dio Aion impersonava l’eternità intesa come perpetua fecondità  e veniva rappresentato in diverse forme. L’iconografia più nota lo raffigura  come un uomo con la testa leonina; con le mani sorregge lo scettro, una chiave ed un fulmine. E’ avvolto da un serpente che intorno al suo corpo  compie 7 giri e mezzo, corrispondenti alle sfere celesti.
A differenza della visione cristiana del Tempo, che vede un inizio e una fine, la concezione del tempo nel mondo antico si basava sull'idea della sua ciclicità: l'eternità può essere definita come una durata senza limiti che perennemente ricomincia. A questo stesso principio si conforma anche l'immagine del serpente che si morde la coda (òphis ourobòros).


Kronos (o Chronos) è  un titano, figlio di Urano (Cielo) e di Gea o Gaia (Terra). Kronos patrono della fertilità, del tempo e dell'agricoltura,  è immaginato come un gigante mostruoso che mangia i suoi figli (il tempo che passa). Nell'ambito della religione romana la sua figura corrisponde a quella di Saturno.
Per la mitologia greca il titano Kronos era figlio di Urano (Cielo) e Gea (Terra). Dagli antichi Romani Kronos era denominato Saturno e veniva raffigurato anziano, con la barba  bianca e lunga, mentre regge tra le mani una falce ed una clessidra;

Kairos: nella mitologia è personificato da un giovane  nudo con le ali ai piedi , a volte anche agli omeri, con le braccia protese verso l’alto. Con la mano sinistra regge la staffa di una bilancia, in bilico sulla lama di un rasoio. Il volto è incorniciato da lunghe ciocche di capelli sulla fronte, ma la parte centrale della calotta cranica è rasata.

Nel Nuovo Testamento kairos  indica il tempo in cui Dio agisce.

Nella Chiesa Ortodossa Orientale, prima dell’inizio della liturgia divina il diacono dice al sacerdote: "Kairos tou poiesai to Kyrio" ("È tempo [kairos] che il Signore agisca"); vuol dire che il momento della liturgia è un incontro con l'Eternità.
« Ultima modifica: Aprile 26, 2016, 17:59:41 da dottorstranamore »

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Re:Tempo ed eternità
« Risposta #1 il: Aprile 28, 2016, 10:01:15 »
Un’altra locuzione del Tempo usata dagli antichi Greci era: “Eniautos” (= anno, che deriva dal latino “annus”), per indicare il tempo ciclico, raffigurato come giovane uomo, contrapposto al vecchio barbato che simboleggia l’eternità.

Il trascorrere del tempo è rappresentato dalle stagioni, spesso collegate alla dea Tellus, protettrice della fecondità e contro i terremoti, e alla dea Gea, divinità primordiale della Terra nella religione e mitologia greca.

In Occidente, nel Medio Evo, la personificazione dell’anno accompagna spesso i cicli figurativi con i segni dello zodiaco e/o con le rappresentazioni dei mesi.

Nell'epoca carolingia l’iconografia dell’anno cominciò ad essere associata alle illustrazioni dei lavori agricoli di ciascun mese e alla figurazione delle stagioni: primavera, estate, autunno, inverno. Tali personificazioni derivavano dalle mitiche Horai, arcaiche divinità della mitologia greca, collegate alla crescita della vegetazione e alle mutazioni climatiche.

Oltre ai mitografi anche letterati e filosofi elaborarono riflessioni sul tempo che passa veloce e sul destino dell'essere umano.

Il poeta latino Orazio (65 a. C. - 8 a. C.) compose alcune odi che riguardano lo scorrere del tempo inesorabile e la brevità della vita umana.

Nella famosa ode dedicata alla giovane Leuconoe (questo none significa “ragazza dalla mente candida), il poeta le consiglia di non  illudersi con speranze che potrebbero rivelarsi vane e la esorta a valorizzare il presente, a vivere bene la quotidianità:  "Non cercare di sapere, tanto non è lecito (saperlo), quale fine gli dei abbiano stabilito per me e quale per te, Leuconoe, e non tentare la sorte. Quanto è meglio sopportare qualunque cosa accadrà, sia che Giove ti abbia assegnato più inverni(ancora da vivere), sia che (ti abbia dato) come ultimo (questo) che ora fiacca il mar Tirreno su opposte scogliere: sii saggia, filtra i vini e recidi per un breve spazio una lunga speranza. Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso: cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani." Odi 1, 11, 8.

Per Orazio nessuna preghiera può suscitare la compassione del dio Plutone (dio dell’oltretomba), perciò è inutile dannarsi per accumulare ricchezze.


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Re:Tempo ed eternità
« Risposta #2 il: Aprile 29, 2016, 10:32:15 »
Filosofi e psicologi hanno variamente considerato il tempo: come atto della mente, della ragione, della percezione, dell'intuizione, della memoria e di tutte le loro combinazioni e interferenze. È stato dichiarato innato, intuitivo, empirico.

La fisica sostiene che il tempo è un'illusione. È possibile che un'illusione, cioè un evento senza contenuto reale, regoli l'esistenza non solo nostra ma di tutto il mondo animale? La biologia ha dimostrato che nessun animale, neanche il più semplice, potrebbe sopravvivere senza i meccanismi dell'orientamento temporale, le cui origini si rintracciano in sistemi nervosi di pochi neuroni.

Il professor Arnaldo Benini, docente di neurochirurgia e neurologia, dice che se fosse veramente solo un'illusione, occorrerebbe spiegare perché esso sia sentito (non percepito, perché non esiste organo periferico o centrale di percezione del tempo) come una dimensione fondamentale, una categoria nella quale, a differenza dallo spazio-tempo, la mente, e verosimilmente il resto della natura animale, si trovano a loro agio.

Ci troviamo a nostro agio nel tempo così come lo viviamo perché esso, secondo le neuroscienze cognitive, che da circa tre decenni lo studiano come evento biologico del cervello, è prodotto da meccanismi nervosi emersi per selezione naturale in quanto congruenti con le necessità elementari dell'esistenza.

Per la varietà dei suoi aspetti, il senso del tempo è complesso: si tratta di durate e intervalli, eventi reali, attese, stati d'animo, connessi alla memoria, all'affettività e alla razionalità più rigorosa e più astratta, come la matematica.

Il fisico teorico Albert Einstein e il matematico Hermann Minkowski, all'inizio del XX secolo ritennero il tempo la quarta dimensione dello spazio. Nello spazio-tempo (con il quale la mente non riesce a familiarizzare) non ci sono direzioni del tempo, e quindi non c'è presente, e se non c'è presente non c'è nemmeno il tempo.

Fino ad Albert Einstein tempo e spazio erano separati e considerati oggettivamente, sulla base della geometria euclidea. Lo spazio aveva tre dimensioni: lunghezza, larghezza ed altezza, ed il tempo era misurato con calendari di tipo solare o lunare e successivamente anche con gli orologi.
Con Einstein lo spazio ed il tempo diventano una cosa sola: lo spazio-tempo quadrimensionale unificato; questo concetto lo  elaborò come conseguenza delle sue equazioni della relatività, ma  dal punto di vista matematico è un concetto astratto. Comunque il tempo è spesso indicato come "quarta dimensione".

Einstein disse che quanto più aumenta la nostra velocità nello spazio (rapportata a quella della luce), tanto più il tempo rallenta. Se io mi sposto da un fuso orario ad un altro, posso accorciare od allungare il tempo, ma è sempre in riferimento al mio tempo iniziale: nessun altro si accorgerà di questo mutamento.

E non ha senso chiedersi cosa c’è prima del tempo, perché non c’è un prima, che è un concetto temporale, e non esiste un dopo.  E’ un continuo fluire in noi di passato, presente e futuro.

Per esempio, la speranza proietta nel futuro, invece nel dolore il tempo sembra fermarsi, diventa presente. La vecchiaia è rivolta al passato, con i ricordi che danno spessore all’identità attraverso la memoria, mentre il futuro è aleatorio. 

Doxa

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Re:Tempo ed eternità
« Risposta #3 il: Aprile 30, 2016, 07:14:58 »
La nozione Tempo è polisemica e necessita della specificazione.  Per esempio nell’ambito musicale il “tempo” è alla base del ritmo e della melodia e si definisce, appunto, come “tempo musicale”.

Il concetto di Tempo è collegato alla dimensione nella quale si concepisce e si misura il trascorrere degli eventi. Esso induce la distinzione tra passato, presente e futuro.

Ma cos’è un concetto ?  Questo sostantivo deriva dal latino “concéptum”, participio passato di “concipère”, parola composta da “cum” + “capère” (= concepire, comprendere): allude a ciò che la mente  percepisce e comprende  di una cosa, in questo caso il tempo.
Il soggetto crea mentalmente una propria rappresentazione astratta dell’essenza di questo aspetto della realtà.
 
Nelle scienze cognitive un concetto serve per organizzare la conoscenza, permette di classificare in modo convenzionale ed arbitrario oggetti concreti o astratti e di denominarli.

Anche nella scienza la nozione di Tempo.
 
Galileo Galilei ed Isaac Newton distinsero tra il “tempo assoluto” ed il “tempo relativo”.

Il “tempo assoluto” è oggettivo, esteriore, reale, fisico, scientificamente misurabile con appositi strumenti di calcolo. 

Il “tempo relativo”, invece, è  soggettivo, interiore, non può essere misurato.
 
Albert Einstein enunciò la “relatività”  del “tempo oggettivo”, quantificabile e misurabile. Negò l’esistenza di un sistema di riferimento privilegiato per la misurazione della durata temporale, che può essere valutata, calcolata e definita in termini matematici diversi e distanti dalla realtà spazio-temporale terrestre.

L'unità di misura standard  del tempo è il secondo. In base a esso sono definite misure più ampie come il minuto, l'ora, il giorno, la settimana, il mese, l'anno, ecc.. Gli strumenti per la misurazione del tempo sono  gli orologi.

Doxa

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Re:Tempo ed eternità
« Risposta #4 il: Maggio 01, 2016, 06:54:22 »
Ai bambini lo scorrere del tempo sembra lento, le giornate molto lunghe. Dopo i venti anni di età si comincia a pensare in maniera più obiettiva e ci si rende conto che il tempo  passa in modo più veloce di quanto si pensasse.

Il tempo vitale degli individui è  una risorsa di valore inestimabile, ma dalla moltitudine delle persone il tempo viene “sprecato”.

La mistica francese Madeleine Delbrêl (1904 – 1964) in un suo aforisma dice che: “Ci sono persone che si divertono e che uccidono il tempo, nell’attesa che il tempo le uccida”.

Il filosofo Seneca nell’epistola 1 a Lucilio lo invita ad usare bene il tempo, che si spreca in molti modi, senza comprenderne il valore.  Questo tema lo svolge anche nel suo dialogo “De brevitate vitae”. 

Seneca dice a Lucilio: “Fai così, o mio Lucilio, rivendica te stesso per te, e il tempo che finora ti veniva portato via o sottratto o ti sfuggiva, mettilo da parte e custodiscilo. Persuaditi che queste cose stanno come ti scrivo. Parte del nostro tempo ci è strappata via, parte sottratta, una parte scorre via. Ma lo spreco più vergognoso è quello che avviene per trascuratezza. E se vorrai farci attenzione, gran parte della vita scorre via nel far male, la massima parte nel non  far nulla, tutta la vita nel fare altro.
Trovami uno che attribuisca un qualche valore al tempo, che apprezzi il valore di una giornata, che comprenda di morire giorno dopo giorno. In questo ci inganniamo, per il fatto che noi
vediamo la morte davanti a noi: gran parte di essa invece è già passata; tutto il tempo che ci sta alle spalle appartiene alla morte. Fa’ dunque, o mio Lucilio, ciò che mi scrivi di stare facendo: tienti stretta ogni ora. Così potrai dipendere meno dal futuro, se prenderai possesso dell’oggi. Mentre si differisce, la vita passa.

Tutto ci è estraneo, Lucilio, solo il tempo è nostro; la natura ci ha fatto entrare in possesso di questa sola cosa, fugace e incerta, da cui ci esclude chiunque vuole. E la stoltezza degli uomini è così grande che si riconoscono debitori per avere ottenuto beni di scarsissima importanza e
valore, certamente recuperabili, mentre nessuno che abbia ricevuto il tempo in dono, ritiene di essere in debito; questo è invece l’unico bene che neppure una persona che prova gratitudine può restituire
”. […]

Doxa

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Re:Tempo ed eternità
« Risposta #5 il: Maggio 02, 2016, 10:38:27 »
Nel Medioevo i mezzi per misurare la scansione della giornata erano rudimentali e legati a fenomeni naturali: venivano usate le meridiane, le clessidre, gli orologi ad acqua, sostituiti dal XIII secolo dagli orologi meccanici.

Lo storico francese Jacques Le Goff (1924 – 2014) nel libro “Tempo della Chiesa e tempo del mercante” ha ricostruito l’evoluzione dei concetti di tempo e lavoro nell’epoca medievale.

La vita quotidiana era scandita dal sorgere e dal tramontare del sole.

Per i contadini la giornata di lavoro durava dall’alba al tramonto, ma condizionata dalle stagioni, perciò più corta d’inverno e più lunga in estate.

L’attività clericale era collegata al suono delle campane, in attività dal VII secolo. La vita monastica esigeva il rispetto e l'osservanza di una precisa partizione del giorno. Le ore erano 12 per il giorno e 12 per la notte, ed essendo legate al ciclo solare avevano una durata diseguale nelle varie stagioni: d'estate erano più lunghe le ore diurne rispetto a quelle notturne, d'inverno accadeva il contrario. Alcune ore poi, essendo quelle stabilite come momento della preghiera giornaliera dei monaci, erano divenute particolarmente importanti per tutti ed erano dette canoniche, così suddivise: mattutino, prima, terza, sesta, nona, vespro, compieta.

Anche i mercanti dovevano saper gestire il tempo per organizzare i propri commerci, misurare la lunghezza dei viaggi e il tempo per compierli, la durata di un viaggio per mare o per terra da un luogo a un altro, il problema dei prezzi variabili nel corso di una stessa operazione commerciale, facendo aumentare o diminuire i guadagni.

Di solito le persone si svegliavano col suono delle campane delle ore 6 del mattino. Il loro suono segnalava, poi, tutti i momenti importanti della giornata: scandivano le ore della preghiera e del riposo, avvertivano dell'arrivo dei nemici o dello scoppio di un incendio suonando a distesa, annunciavano le adunanze politiche e le feste. Al tramonto suonavano per tre volte e a lungo per dar modo ad ogni cittadino di tornare a casa; dopo i tre rintocchi finali nessuno era autorizzato a circolare per le strade. Allora, e solo allora, si sapeva che il giorno era finito.

Lugubri rintocchi annunciavano che qualcuno era entrato in agonia, per invitare ogni persona a pregare per l'anima del moribondo. Cinque rintocchi suonati a martello indicavano invece che bisognava spegnere accuratamente il fuoco o coprire le braci per evitare il propagarsi degli incendi, allora molto frequenti per la vicinanza gli uni agli altri degli edifici e del materiale, soprattutto legno, con cui gli stessi erano costruiti.

Oltre al suono delle campane, che scandiva il “tempo della chiesa”, frequenti erano gli squilli di tromba, che segnalavano gli avvenimenti civili o militari.

Dal XIII secolo “il tempo della Chiesa”, scandito dal suono delle campane, venne gradualmente sostituito dal “tempo laico” indicato dagli orologi meccanici collocati in tutta Europa sui campanili delle chiese. Essi stabilivano l’ora e suddividevano la giornata in 24 ore uguali.

Dante Alighieri nel X canto del Paradiso usa una metafora per la ruota dei beati tramite il richiamo alla tecnica  dell'orologio il cui suono è una sorta di inno mattutino.

Indi,  come orologio, che ne chiami
nell'ora che la sposa di Dio surge
a mattinar lo sposo perché l'ami,
che l'una parte l'altra tira ed urge,
tin tin sonando con sì dolce nota,
che il ben disposto spirto d'amor turge,
così vid'io la gloriosa ruota
muoversi
[...]. (versi 139 – 145)