Non ho mai seguito il festival di Sanremo, né alla radio, né, tantomeno, alla televisione, ma c’è niente da fare!, in qualche modo sempre me lo piazzano nel campo visivo ‘sto inquietante spettacolo: a spezzoni nei programmi più vari: telegiornali, spot pubblicitari, e fin in resoconti sui quotidiani, eccetera: quasi a valanga, come l’incomprensibile spot del canone in bolletta. Mi arriva il festival mentre sono a tavola a mangiare e mi rovina gusto e digestione. Sul più bello, sul boccone più gustoso, eccomi alle prese col cantante sofferente mentre urla le pene del mondo in sconclusionate canzonette i cui testi e slogan (che vorrebbero essere illuminanti socialmente e politicamente) che, per fortuna, non riesco a decifrare che poche parole che mi fanno scompostamente ruttare. E c’è anche il “sex symbol”, oh!... che mi farebbe meno male se si limitasse solo al lancio di mutande dal loggione sulle isteriche fan, ma si pretende che ‘sto analfabeta sappia leggere sul “gobbo”… ma che lo mandino prima a scuola elementare di lettura!
E paillettes, sfilate di moda,lusso, banalità, pietismo…
Imbarazzante!