“Il grillo parlante” è lo pseudonimo usato da Roberto Gervaso” sul quotidiano "Il Messaggero". Di questo scrittore c'è oggi (10 marzo 2016) sul predetto giornale un articolo titolato “Non ho questo vizio”, e nel “catenaccio” (gergo giornalistico) dice: “La mia coscienza parla con tutti meno che con i confessori: loro vorrebbero i segreti”.
Questo è il testo dell’articolo: “Il papa ciociaro Leone XIII offrì a un cardinale del tabacco da fiutare. Il porporato rispose: ‘Grazie santità, non ho questo vizio’. Il vicario di Cristo replicò: ‘Se fosse un vizio, lei lo avrebbe’.
Molti uomini di Chiesa diventano santi e il popolino crede che lo siano davvero. Qualcuno lo è, ma i più sono peccatori, come noi. Non sono tutti libertini, sacerdoti ortodossi di Venere e Cupido. Non pochi sono gay (lo saremmo diventati anche noi se, invece che di Vittoria -il nome della moglie di Gervaso-, ci fossimo invaghiti di Vittorio e oggi saremmo una regolare coppia di fatto, in attesa di un paio di gemelli da avviare al sacerdozio).
Non sono –l’ho detto e lo ripeto- né cattolico né apostolico (romano, si, nato nell’Urbe), ma rispetto tutte le fedi. M’inchino, senza prostrarmi, davanti a Dio, ad Allah, a Buddha, a Confucio. Ogni religione è sacra ma io sono laico, stoico, agnostico e deista.
I predicatori non mi sono mai piaciuti e ai pergami, ai pulpiti, ai minareti preferisco i rostri laici. Non accetto sermoni e paternali da nessuno (mi bastano quelle di mia moglie che ogni mattina, senza prove, e nemmeno indizi, mi accusa di adultèri da lei sognati e da me, purtroppo, mai consumati).
Non mi confesso da settant’anni, da quando feci la prima comunione, ma non ho niente contro questo edificante sacramento, che ci apre il cuore e ci tiene lontani dalle tentazioni. A cominciare da quella della carne, cui tutti, alla fine, cedono, soprattutto chi la condanna,
Ci sono, e anche questo l’ho detto e ridetto, e continuerò a ripeterlo finché i tartufi e i pinzocheri non se lo ficcheranno bene in testa, due Chiese cattoliche. Una che rispetto, una che disprezzo. Quella che rispetto è la Chiesa apostolica, missionaria, filantropica, che assiste gli ultimi e tiene a bada i primi. Quella che disprezzo è la Chiesa riconosciuta nel 313 dopo Cristo da Costantino, figlio di una santa, Elena e, quindi, ancora più spregevole.
Al bando la Chiesa temporale, politica, politicante, mondana, simoniaca, nepotista, la chiesa delle indulgenze. Dell’Inquisizione e dei roghi. Quella che, se avevi qualche dubbio su un dogma ti spediva su un bel palco, con un gran mazzo di fascine accese, direttamente al cospetto del Creatore. Il quale, lungi da fornirti lumi sui suoi misteri, avrebbe dannato i domenicani che, in quei secoli di oscurantismo e di persecuzione, erano i più zelanti e intransigenti tutori dell’ortodossia.
La Chiesa costantiniana ne ha fatte di tutti i colori, incluse le crociate, arruolamenti in massa di straccioni, di fanatici, di pendagli da forca, che si mettevano in marcia verso oriente per devastare e razziare. La liberazione del Santo sepolcro, in mano agli infedeli, molto più ragionevoli e pacifici dei guerrieri di Cristo, era la bandiera attorno alla quale questi disperati, senz’arte né parte, si assiepavano, al comando di avventurieri che si chiamavano Goffredo da Buglione, Baldovino, Tancredi. L’avello di Nostro Signore era un pretesto, infame e ipocrita. Almeno per chi era messo alla testa di questi sbandati e illusi. Illustri uomini di Chiesa, come Pietro l’Eremita e tanti papi, benedivano le spedizioni, di cui erano i veri beneficiari. Una pagina fosca della storia di una benemerita istituzione che ne ha scritte tante: dall’Indice al Sillabo, e nei concili ecumenici, che con i dogmi -dell’Immacolata Concezione, della Consustanziazione, dell’infallibilità del papa- hanno sfidato la nostra ragione, fuorviandola e traviandola.
Se la Chiesa non mi ha ancora scomunicato è perché perderebbe il suo tempo sanzionando, una presunta empietà, che è solo fede nel buon senso e diffidenza verso i miracoli.
Solo un governo di legislatura di Matteo Renzi potrebbe farmi ricredere. Avrebbe del prodigioso, e io diventerei il più devoto seguace dello zar fiorentino”.