Ho eliminato il post che ho scritto ieri sull'eleganza, perché, forse per sonno, ho scritto per due volte di seguito lo stesso testo. Chiedo venia.
Oggi ripresento il testo "corretto".
Il sostantivo
eleganza (dal latino elegantia) deriva dal verbo latino eligere, formato da ex ( = tra) + ligere (= scegliere). Per cui l’eleganza è la qualità estetica che esprime la distinzione di classe, lo stile, il “buon gusto” nelle scelte.
L’eleganza è una dote naturale, un atteggiamento o ricerca ? Forse l’eleganza è tutto questo. Di sicuro riguarda quello che siamo, è espressione del modo di gestire sé stessi nella quotidianità, in particolare quando si sta con altri.
Tutto ciò fa dell’eleganza un valore più che un concetto astratto o la somma di assiomi. Come tale, l’eleganza deriva da un’equilibrata consapevolezza di sé, che induce a fare scelte dettate da sobrietà e discrezione.
L’eleganza non è ostentazione della qualità e della quantità dei beni che si posseggono, né dei titoli acquisiti, né di status né di ruolo.
Lo storico Tacito negli Annales (XVI, 18) definì lo scrittore e politico
Gaius Petronius Arbiter (27 – 66) un “erudito luxu” e “arbiter elegantiae” (= “giudice di raffinatezza”) o arbiter elegantiarum (= arbitro delle eleganze). La locuzione indica un uomo con “spirito superiore” che non tollera le persone grossolane nel godimento della ricchezza.
L’esteta Petronio fu un cortigiano dell’imperatore Nerone, ma nel 66 da questo fu indotto al suicidio dopo che Tigellino, capo dei pretoriani, lo accusò di essere coinvolto nella congiura di Pisone o congiura pisoniana (dal nome di uno dei principali congiurati, Gaio Calpurnio Pisone) contro Nerone.
Gaio Petronio Arbitro è il presunto autore del “Satyricon”, raccolta di racconti satireschi" connessi alla figura del satiro. In alcune pagine mette in ridicolo l’uso inelegante del piacere e del patrimonio da parte dell’ex schiavo Trimalcione.
Nel XIX secolo un famoso esteta e dandy fu
George Brummell (1778 – 1840), considerato un arbitro di eleganza dai suoi contemporanei.
Fin da giovane espresse la sua naturale predilizione per l’eleganza e per la cultura. Divenne amico e consigliere del suo sovrano, Giorgio IV, principe di Galles.
Ciò che lo distingueva era l’’ostentazione, la superbia e la raffinatezza. Si mostrava deliberatamente improduttivo, impegnato unicamente nella mondanità e nell’uso di cose lussuose.
Lo stile di vita considerato indicatore di posizione sociale, necessitava (ed ancora serve) al dandy per stabilire i confini ed evidenziare le differenze con la massa. Il suo 'habitat, e di altri dandy inglesi, era la vita di società, frequentata da un’élite esclusiva: clubs, balli, saloni eleganti, ecc..
Momento importante della giornata del dandy era quello dedicato alla toilette, praticata in maniera rigorosa secondo un lungo e preciso rituale. E la promenade del pomeriggio serviva per fare sfoggio di sé, con visite nei negozi “alla moda”.
Un altro celebre dandy di quel periodo fu il poeta e politico britannico
George Byron (1788 – 1824), il quale fuse il modello diffuso da Brummell col Romanticismo.
Il dandy “romantico” indossava la camicia col colletto aperto e sbottonato, cappelli morbidi, sciarpe slegate. Influenzò il modo di vestire della classe aristocratica, pantaloni lunghi e ampi.
Nel nostro tempo viene indicato come esteta chi ha il senso e il culto del bello;
chi mostra un’eccessiva raffinatezza di gusti, di modi, nel vestire;
chi ha il senso e il culto del bello nell’arte;
chi assume la bellezza come ideale di vita e valore esclusivo (quindi, anche, seguace dell’estetismo);
chi nella creazione artistica privilegia il bello in sé.