Autore Topic: Un paese, una vita  (Letto 2026 volte)

piccolofi

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Un paese, una vita
« il: Febbraio 04, 2016, 01:04:38 »
                                                                                                                                                        03.Febbraio.2016

 Cara Franca,
 tu oggi te ne sei andata, ma mi hai fatto un regalo :  mi hai lasciato " in eredità " quella che penso sia stata una parte di
 te, una fetta semi-inconsapevole del tuo cuore, il tuo paese.
 Quel paesino alle porte della città, non proprio alle porte ma a una manciata di chilometri, che io per anni, per una vita ho
 ignorato.
 Immaginandomelo un paesone, brutto, anonimo, poco connotato, popolato di burini, uguale a tanti altri.
 Che sciocchezza!
 E' stato invece la culla della tua esistenza, ha visto il tuo inizio e la tua fine.
 Lì sei nata, a due passi dalla Cremeria che dava lavoro alla gente; lì, in mezzo alla campagna emiliana, sei cresciuta
 semplice e genuina, ti sei fatta la bella ragazza vivida e sorridente, dagli occhi luminosi e la bocca generosa, della quale
 mio zio si è innamorato.
 Lui, il ragioniere orso e allampanato, amante della musica classica e della montagna; e tu, la forosetta di paese, senza
 cultura ma piena di quelle doti che riempiono la vita a un uomo.
 Che coppia!  Impossibile immaginare due più diversi.  Eppure, insieme avete percorso un'unica vita, senza mai separarvi
 fino a che il destino non ha chiamato lui, 16 anni fa, e oggi te per raggiungerlo.
 Insieme non per forza, non con fatica, ma con la grazia semplice di chi per affetto sa adattarsi all'altro, pur con qualche
 battuta e brontolio,  ma più spesso ridendoci su.
 E gli altri, di contorno, sorridevano. Perché si vede quando una coppia funziona.
 Il tuo paese.
 Nel tuo paese mio zio era sfollato con la famiglia ai tempi della guerra, quando la città occupata dai tedeschi era sotto i
 bombardamenti.
 Poi aveva trovato lavoro alla Cremeria, prendendone in mano la contabilità.   Tu abitavi proprio lì vicino, doveva essere
 difficile, persino per l'orso, non notarti : begli occhi scuri, vivace, chiacchierina, le forme rotondette di una sana
 femminilità, il sorriso facile a fiorire.
 Fatto sta che ti aveva corteggiato ( o forse eri stata tu ) e poi sposato.
 So poco dei particolari e delle vicende umane di quei tempi  : tutto legato a racconti, legato alla memoria di chi ora non
 ne ha più.
 Ma quel che mi colpisce, oggi a differenza di ieri, è il pensiero del paese, quello che mi viene da pensare come una muta
 eredità.
 Un segno, un segnale.
 E' quasi come se, sorridente un'ultima volta come ti ricordo, mi indicassi il filo conduttore di una vita.
 Come se la tua presenza avesse camminato con me nella tarda mattinata, dopo che noi avevamo accompagnato te
 all'ultima dimora.
 C'era freddino, molta umidità, stavo per risalire rapidamente in macchina, ma mi sono fermata.
 Qualcosa mi tratteneva.
 "Comprerò il pane " mi son detta, dando un'occhiata attorno e abbozzando i primi passi incerti.  Poi ho voluto un caffè, e
 mi sono accomodata in uno striminzito bar dai colori caldi e quadretti originali, dove la luce non violenta pareva dare la
 mano alla neutralità di fuori.
 Un giornale, qualche stralcio di pensiero, di nuovo in strada.
 Camminavo, ora di qua ora di là, avvertendo una quiete cui non ero avvezza, che aveva dell'incredibile.
 La gente c'era, le auto anche, eppure nulla pareva stridente, invasivo, ma tutto naturalmente a misura di persona, e
 pareva.. che si, lì si potesse vivere, perlomeno vivere come l'intendo io.
 Dov'era la bruttezza immaginata, ovvero il retaggio mentale di puntate troppo rapide in un'età diversa, occupata da altre
 priorità ?
 Non riconoscevo il " brutto paesone " in quel paesino dalle strade non squadrate ma morbide, probabile segno di antichi
 corsi d'acqua; dalle case basse, porticate, coi cortili interni, e adiacenti costruzioni ricavate dalle stalle di un tempo.
 Due chiese a dividersi le anime e a contornare la vita quotidiana.  Il Municipio, i negozi, tutto.  Non mancava niente,
 andavo riflettendo.
 Guardavo le porte di casupole dai muri colorati e scoloriti, nella zona più centrale e storica, e non sembravano fatte per
 tener fuori la gente.
 In effetti, mia zia mi diceva che fino a non troppi anni fa, nessuno chiudeva a chiave, e noi a sentirla allargavamo gli
 occhi di meraviglia, quasi incredulità.
 Allora con naturalezza lei ci spiegava che lì si conoscevano tutti, si fidavano, nessuno aveva paura.
 Roba d'altri tempi, altri posti, e che non tornerà più.
 Però, man mano che vagando prendevo come possesso di quei luoghi in cui si era collocata la sua vita, capivo :  lei, il suo
 bel carattere, le sue tante amicizie, la serenità sorridente che portava, il piacere semplice della sua compagnia, mio zio
 che l'aveva voluta nonostante l'apparente disparità, il ricordo lasciato dietro di sé..
 Una vita in un paese.
 Un paese a misura di vita.
 E quanti credono invece, specie oggi, nei nostri tempi nevrotici e vuoti, di dover andare chissà dove, e fare chissà quali
 esperienze, soprattutto da poter raccontare, per poter dire di aver vissuto!
 Per potersi sentire assurdamente "pieni ", ricchi, invidiabili.
 Oggi è il trionfo dell'apparire, dell'immagine.
 Non importa come sei e se sei, ma la tua immagine, quel che riesci a vendere di te.
 Una desolante superficialità a tamponare carenze di valori.
 Ma di fronte a una vita che si può definire umile, senza ansie di grandezza e tantomeno di rilevanza, che però ha lasciato
 un'impronta autentica in tanti, viene da chiedersi cosa sia davvero vivere :  affastellarsi di cose finché si può, finché c'è
 tempo, o dare un diverso valore a questo nostro transito?
 Sembra incredibile ( e mi sembrava incredibile ), ma un paese può parlare.
 Stamattina mi ha parlato.
 Mentre rimpiangevo di non aver visto prima quel che vedevo, ma solo all'ultimo atto di una vita.
 
 " Ahn, nanòun?  " lei starà dicendo, con una leggera strizzatina d'occhi, a lui che ora le dorme accanto.
 " S' in dit té ? "
 ( Cosa ne dici tu? )

 
 
« Ultima modifica: Settembre 25, 2018, 02:23:23 da piccolofi »

Doxa

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Re: Un paese, una vita
« Risposta #1 il: Febbraio 06, 2016, 17:40:44 »
Bravissima. Il tuo elaborato è commovente ! ahuh

Annabel

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Re: Un paese, una vita
« Risposta #2 il: Febbraio 12, 2016, 00:51:11 »
Bellissima lettera davvero. Non posso fare a meno di complimentarmi anch'io per questa bellissima lettera. Esprime egregiamente i bei sentimenti che spontanei e prepotenti si manifestano non appena viene a mancare un nostro familiare o parente a cui non abbiamo dedicato quelle attenzioni che avremmo potuto rivolgere. La malinconia di ciò che poteva essere e non è stato e non potrà essere mai più. Ricordi, pensieri e genuini sentimenti non ancora mediati dalle astute dinamiche psicologiche che fanno da meccanismi di difesa e ci rendono indolenti forse più di quanto vorremmo. Mi piace molto anche lo stile utilizzato, la modalità con cui è stato espresso tutto il componimento. Bravissima.
« Ultima modifica: Febbraio 12, 2016, 12:39:25 da Annabel »

nihil

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Re: Un paese, una vita
« Risposta #3 il: Febbraio 21, 2016, 09:36:19 »
sei bravissima e ti capisco in pieno. Io milanese, trasferita in un paesino sul lago, un paesino fuori dal tempo, con 400 abitanti. Un altro mondo, un altro modo di vivere, più che altro al passo con la natuta e le 4 stagioni. Tutti si conoscono da una vita, ognuno con il suo ruolo. Il prete, la ladra, la prostitura, il barista, l'alimentarista... Ecco, ognuno con il suo ruolo, da tutti riconosciuto e accettato. Nessuna critica. Questi paesini esistono ancora e sono da invidiare.  :rose: