Dai ricordi:
4 dicembre Santa Barbara.
E’ un ricordo così, in questo giorno freddo e di pioggia.
Mi sembra impossibile, 1942-2015, era ieri?
Il cielo sembrava di piombo.
Ero al mio tavolino dei compiti dietro alla finestra dalla quale si poteva vedere un orizzonte molto ampio.
Alle cinque del pomeriggio del 4 dicembre del ‘42 tutto lasciava presagire ore serene che andavano già verso la sera.
Il mio fratellino era al seno della mamma, Anna al focolare rincalzava i broccoli nella pentola sul fuoco, io ero con il quaderno a righi aperto.
D’improvviso sentii il rombo di aerei che scivolavano sopra le nuvole scure.
In un attimo, senza che nemmeno l’allarme li avesse segnalati, un fragore incredibile coprì tutto, riempì lo spazio della stanza, schiacciò i pensieri e l’udito scomparve .
Come su una nave in balia della tempesta corremmo per casa ad equipaggiarci di ciò che poteva occorrere.
La mamma coprì Bruno, io infilai in fretta il cappotto, Anna acchiappò la valigetta...
Vicinissimi l’uno all’altro non potevamo sentire le nostre stesse voci perché un frastuono assordante le copriva e tutto cominciò a tremare.
Uscimmo dalla porta.
Le scale sembravano diventate di gomma, le persone del palazzo scendevano a precipizio, noi con loro, come bisonti o pecore al caracollo.
I volti erano tirati, le bocche urlanti ma senza suono, gli occhi spinti in fuori per vederci meglio.
Papà non era lì con noi e la paura si toccava con mano.
C’era chi piangeva afferrando le braccia di qualcun’altro nell’intento di trattenerlo o di appoggiarsi per venire sorretto…
Eravamo di tutte le età. I bambini piccoli tenuti in braccio, altri si reggevano al passamano o alla loro mamma, anziani che rimanevano indietro per timore di essere travolti...
Mi meravigliai come in quel pandemonio riuscissi a scendere, certo che lo feci con titubanza e molto sgomento.
Stavo sognando?
Quando mi trovavo nell’ascensore che dal Monte di Dio portava a via Chiaia , e non mi piaceva prenderlo, sentivo un tuffo allo stomaco e la terra mancarmi sotto i piedi, però aprivo gli occhi ed ero nel mio lettino azzurro dipinto di fiori di pesco.
Ora non accadeva nulla, altro che sogno!
Vedevo intorno persone invasate e non sapevo più riconoscere in loro i vicini di casa!
La mamma mi stringeva la mano mentre teneva in braccio mio fratello di pochi mesi, Anna era rimasta un poco più indietro.
Fra lo stupore, il disappunto e la rabbia di chi scappava, inavvertitamente aveva lasciato aprire la valigetta di soccorso dalla quale si snodò lungo la gradinata un lenzuolo… neppure lei seppe mai dire perché fosse finito lì.
Non so in quale ricovero andammo, forse quello che attraverso interinabili grotte di tufo saliva dal Pallonetto fino al monte Echia , né so quando potei raccogliermi di nuovo nella giacca di mio padre...
Con quel ricordo, per quelle scale, è rimasto forte nella mia memoria il giorno di quella santabarbara, caduto proprio a puntino! con i crismi di un bombardamento serio sul porto che distava pochi metri dalla nostra casa.
E’ incredibile quanto la mente riesca ad archiviare! e quanto sia impellente e tenero, in certi momenti, comunicare le ombre lontane a chi può accogliere e sostenere con pazienza “la vecchia bambina” .