Sono di un'altra generazione.
Di quelli che scrivevano con la penna, su di un foglio rigorosamente bianco.
Alla prima elementare, frequentata in un paesino dell'interland milanese (era il 1966) appena seduto nel banco (la parte superiore dove venivano appoggiate le varie cose per l'attivotà giornaliera) prendevano posto il calamaio, con l'inchiostro bleu, e la penna. La bidella, quindi, tutte le mattina passava per riempire di inchiostro il calamaio, per noi bambini era inevitabilmente motivo per far chiasso, felici nell'attesa di sporcarci le manine nel tentativo di scrivere qualcosa!!
Altri tempi, altra storia e, forse, un'altra Italia, e non solo per la sua posizione geografica!
Oggi, tutto questo è impensabile, oltre che improponibile: l'era digitale impera e non lascia più spazio neanche alla immaginazione, oltre che alla creatività.
La mia, successivamente, è stata la generazione dei possessori di un diario, sempre rigorosamente scritto su carta e con la stilografica o con una semplice biro! Ma alla attività di provetto "scrittore" non tutti vi si accostavano, non nel quotidiano, non con la dovuta continuità.
I tempi son cambiati!
Oggi, osservando quel che accade sui social network, in particolare su FB, se non altro perchè risulta essere il più diffuso nel pianeta terra (al momento l'unico abitato nel nostro sistema solare, ci assicura dagli schermi televisivi l'oramai arcinoto Dr.Piero ANGELA &Son) pare che tutti gli esseri umani in grado di pigiare una tastiera, si prendono la briga di scrivere, scrivere e scrivere.
Si scrive di tutto, si commenta di tutto e...si legge e si vede di tutto.
Non per questa ragione si può dire che tra le centinaia di pagine che si sfogliano si possa sempre "intravedere" la notizia del giorno o la pillola di saggezza che tutti, o forse molti, vorrebbero (finalmente!) poter intravedere. Quasi fossimo come dei novelli marinai appartenenti all'equipaggio di Cristoforo Colombo che osservano l'orizzonte, alla ricerca della terra (tanto agognata).
Mi chiedo, alle volte, se tutto questo scrivere o pubblicare (come se tutti noi fossimo dei piccoli giornalisti, o free-lance, o addirittura capiredattori di un quotidiano locale) ci aiuti a crescere, ad aumentare la qualità della vita, a rendere la società più informata, quindi più aperta, trasparente e, infine, democratica.
Tuttavia, siamo forse migliori per questo? Ci fermiamo mai a riflettere un momento, non solo prima di scrivere e pubblicare, su ciò che rendiamo disponibile o fruibile alla platea, spesso numerosa, che ci segue nelle nostre prodezze artistiche o, proditoriamente letterarie?
Lo scritto o meglio il pensiero fermato (un tempo sulla carta) su di un file che viene stoccato su di un server, chissà in quale luogo dei cinque continenti, dovrebbe aiutarci (se e quando riletto) a capire meglio cosa siamo o casa stiamo o chi stiamo diventando, nel corso della nostra evoluzione interiore personale.
Ma chi lo fa? Chi ha la pazienza (e a volte il tempo) per tornare a rivedere i propri pensieri, così come si faceva con i diari scritti sulla carta, che per la mia generazione, al pari di un libro scritto da un vero scrittore, ti aiutava a crescere, a riflettere e a migliorare, non solo come individuo, ma anche come cittadino consapevole.
La società che ci circonda, con i suoi pregi e difetti, è ovviamente il risultato della somma delle singole azioni che tutti noi realizziamo nel quotidiano.
Facciamo pertanto più attenzione a tutto ciò che scriviamo e pubblichiamo, consapevolmente e nel pieno rispetto "dell'altro", tenendo presente che la nostra libertà di divulgazione si deve limitare laddove inizia quella di chi ci segue.
Quando si scriveva nei quaderni, sui fogli o nei diari, appunto, prima di far conoscere qualcosa di più di noi stessi agli altri, si doveva scrivere, rileggere, imbustare e, infine, spedire. Oggi, tutto questo si realizza velocemente, troppo, perchè ci si possa rendere sempre conto delle nostre azioni.
Forse, sarebbe auspicabile un rallentamento delle azioni, soprattutto quando attengono alle attività divulgative. In barba a coloro i quali ci spingono ad essere ciò che non siamo per natura: sempre e comunque veloci.
L'era della digitalizzazione sta rendendo la vita più comoda, per alcuni aspetti, questo è innegabile. Ma trovo che l'esigenza di essere sempre e comunque informati, di dover comunicare tutto a tutti, qualunque cosa si faccia o si veda, spesso con la convinzione (errata) che possa risultare d'interesse comune, sia contraria ad uno stile di vita che viaggia nella direzione sbagliata: proprio perchè corre su di un treno troppo veloce, rispetto alla linea ferroviaria a sua disposizione.