Non è per niente strano che spesso i figli scelgono il mestiere dei loro genitori, e dico così perché l'ho scelto anch'io, ho scelto di fare ciò che mio padre negli anni mi ha impedito, anche se poi forse ne era tanto orgoglioso. E ricordo che mi portava con lui, in quella scuola grande, dove gentili mi accoglievano alunni e professori, e tutti a guardarmi e a dire che bella figlia che hai caro collega. E sono passati gli anni, e le parole sono rimaste quelle. Sembra un già visto e certo lo è perché tutto è rimasto fermo per me che prima figlia, poi scolara e infine di mestiere respiro un'aria ch'è sempre la stessa. Però, però mi sono salvata, infatti da me non escono quelle stesse parole, io sono diversa, una precaria che va a tappare buchi quando quegli altri decidono d'assentarsi. Così faccio l'alternata, e meno male perché rimango io, le mie parole sono le più varie, ed anche i modi per non parlare dei vestiti. E certo prorio di quelli, ogni mestiere ne ha di caratteristici. E mentre gli altri si muovono ingessati, io con una borsa verde vado, senza nemmeno sentirmi ciò che sono. Ma poi chi sono? A mio giudizio nessuno di qualcuno, un po' di tutto forse, e forse ancora una soltanto a cui non so mentire dicendo che il mestiere non ho scelto, ho solo avuto voglia di imparare come va il mondo e come leggere le pagine di cui è composto. Il mestiere no, il mestiere non l'ho scelto, quella è la scelta di cosa si può fare? E se per vivere ci vuole qualche soldo, anch'io come gli altri ho ripiegato l'interesse a servizio del sostentamento.