Siamo sulla soglia di un terzo conflitto mondiale? Le differenze religiose e culturali potranno diventare la causa di una destabilizzazione generale?
Cambiamenti epocali, rivoluzioni culturali e grandi scontri politico-religiosi gettano ombre sul futuro non solo dell'Italia, schierata al centro del "Mare Nostrum" a guardia dei confini continentali, ma bensì di tutto il sistema geopolitico europeo e, come in un effetto domino devastante, anche dell'intero pianeta.
Terzo millennio della storia occidentale dell'Europa e dell'Africa: migrazione di massa; conflitti etnico-religiosi; lotta per il controllo delle grandi risorse naturali, petrolio e gas naturale, sono le cause che stanno destabilizzando l'area mediorientale e la stessa Europa: una riflessione sulle cause che stanno determinando paura e fenomeni di xenofobia nell'intera Europa.
Islam: alla conquista dell'Occidente Cattolico e Liberale? O solo paura di essere colonizzati da una cultura ed una religione profondamente diversi dal nostro modo di concepire la realtà sociale ed il nostro modus vivendi.
La migrazione dai Paesi dell'Africa Centrale, oltre che da Etiopia, Somalia, Siria stanno mettendo in crisi non solo l'equilibrio politico dell'Europa, ma anche le economie occidentali, promuovendo fenomeni di xenofobia, non più strisciante ma palese, ed uno spostamento del baricentro politico verso una destra, sempre più aggressiva ed intollerante.
Per principio, per cultura o, se volete, formazione personale e professionale, cerco di spogliare il mio giudizio dai preconcetti e pregiudizi. Questo è necessario per lo svolgimento, sereno ed imparziale, dell'operatore di polizia, soprattutto nella fase delle indagini. E, devo notare, che in questo anche molte persone sono d'accordo e consapevoli della necessità di "rimanere sopra le parti" per assicurare la "giustizia".
Detto questo, pur tuttavia, come qualunque cittadino anch'io ho un parere sulla questione; un modo di vedere le cose, un giudizio da esprimere e un desiderio che vorrei poter vedere realizzato, in un tempo ragionevole.
Ritengo che le risposte le si possano cercare innanzitutto dalla storia, che molto ha da dirci ed insegnarci. L'Islam, come molte altre religioni e/o filosofie (si pensi in particolare a quelle orientali), ha una sua collocazione spazio/temporale ben definita ed individuabile, nella storia recente dell'umanità, che ha giocato da protagonista e che tutt'ora non cessa di esserlo negli accadimenti geopolitici ed economici, con particolare riferimento all'area del Medio Oriente e del Mediterraneo. Senza per questo escludere del tutto gli orrori riguardanti l'11 settembre 2001, "Le Torri Gemelle" di New York, con il loro carico di tragedia e morte, che hanno cambiato profondamente la storia, non solo degli americani, ma del mondo intero, per tutta una serie di considerazioni geopolitiche, economiche e strategiche, che qui sarebbe davvero lungo elencare o spiegare.
Fatta questa premessa, doverosa per l'importanza che la storia riveste anche nella vita attuale, prima di parlare di "invasione" o "paura", per quanto mi riguarda e con riferimento alle mie conoscenze storiche, politiche ed economiche ritengo che prima si debba focalizzare le ragioni che stanno alla base degli attuali conflitti, riferibili all'area africana e mediorientale. In particolare, la "Caduta" del dittatore libico Gheddafi, voluta da inglesi e francesi, ma non veramente osteggiata dagli altri alleati europei, noi compresi; la lotta atavica tra sciiti e sunniti nel mondo politico-religioso dell'Islam e, infine, la progressione delle "Primavere arabe" che sta cambiando non solo la politica ma anche il pensiero e la cultura di molti paesi che fanno parte del "maghreb", ovvero quell'area del nord ovest africano, che comprende i paesi più sviluppati, dal punto di vista economico, politico e ovviamente religioso, (Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Mauritania). Il cuore della questione, la "ratio" se si vuole di tutto questo fermento destabilizzante è, come sempre, nella storia dei popoli, il controllo delle enormi ricchezze dei giacimenti petroliferi e di gas naturale, che insistono nell'area geografica in disamina. Si deve parlare, ovviamente, anche di lotta religiosa (non disgiunta da quella politica) tra gli sciiti scissionisti dell'Iran e Iraq e i sunniti (Arabia Saudita e Qatar in particolare) della Penisola Araba. Per le cui radici del conflitto andrebbero ricercate nel periodo successivo la morte di Maometto, quando le due correnti di pensiero (ma soprattutto politiche) appunto sciita e sunnita cominciarono il loro scontro, soprattutto sanguinoso, per la supremazia. Scontro che, 1500 anni dopo la morte del suo fondatore o profeta è ancora più viva che mai. Sono sicuro, però, che l'Islam è una religione di "pace e tolleranza" e non di scontro con le altre religioni e filosofie. Lo scontro, quando c'è, è cercato, voluto, mistificandone i significati, il pensiero e la filosofia che stanno alla base di questa fede monoteistica. L'Isis, ovvero la nazione islamica non può essere considerato come il rappresentante dell'intero universo musulmano, ma unicamente come la materializzazione di un potere forte, mascherato da spirito religioso, alla conquista di un suo spazio, soprattutto africano e mediorientale, capace di imporsi all'attenzione internazionale, imponendo i suoi diktat per il controllo delle ricchezze naturali di quei territori. Insomma, un colonialismo al contrario, questa volta, non controllato o gestibile dai "soliti" paesi di cultura (e religione) occidentale. Ancora, il bisogno, legittimo, di ogni uomo (nero, bianco, giallo che sia) di migliorare la propria condizione di vita, sta facendo il resto: la fiumana di "disperati", evento questo si epocale, che muove dai paesi del centro Africa verso quelli più benestanti (area nord europea) è e sarà inarrestabile. Possiamo stanne certi. Ed anche in questo la storia dell'umanità testimonia che è accaduto in ogni era che l'uomo possa ricordare. Anche gli italiani, nel recente passato (ma anche prima dell'unificazione del 1861) è stato un popolo di migranti verso aree geografiche che tutti conosciamo: dalle Americhe, all'Australia e, ancora, nel nord Europa e persino nelle migrazioni nazionali verso le regioni del nord ovest, dagli anni 60' in avanti (gli anni del cd. boom economico). A conclusione di questa disamina, ritengo che l'Islam in sé non sia un pericolo. E' pericoloso, invece, chi cerca le ragioni del conflitto nella religione (questo è accaduto anche durante le "Crociate" in Terra Santa); non è pensabile arrestare le migrazioni "epocali" di interi popoli che sono alla ricerca di un'esistenza più dignitosa. Costretti a fuggire, il più delle volte, dalla miseria assoluta, dalle violenze e prevaricazioni, di ogni genere e tipo; non è alzando le barriere lungo i confini territoriali che risolveremo questa grave crisi. Penso sia, invece, auspicabile che tutti i Paesi, a cominciare da quelli europei, facciano fronte comune nella risoluzione dei problemi, senza giocare allo "scarica barile", che nulla risolve e tutto complica, rinviando la soluzione a tempi successivi. Dovremmo, credo, per rimanere con i piedi per terra e per affrontare davvero la questione se vogliamo o no aiutare queste genti, questi popoli, verso i quali abbiamo l'obbligo morale di aiutare, se non altro perché sono stati sottomessi e sfruttati, nei secoli scorsi, con politiche di tipo "colonialistico". Si dovrebbero intavolare negoziati internazionali per avviare un nuovo "Piano Marshall", che similmente a quello americano, che al termine del secondo conflitto mondiale fece ripartire l'economia europea, anemizzata da sei anni di guerra e distruzione, dovrebbe funzionare da volano per lo sviluppo economico-sociale di quei paesi, attraverso politiche di sostegno e sviluppo. Politiche realizzabili cominciando da un "piano generale" voluto da tutti: penso ad esempio ad un fondo di sviluppo economico al quale tutte le nazioni industrializzate del pianeta prendono parte attiva attraverso la concessione di prestiti a lungo termine e a tassi bassissimi. Sarebbero, questi ultimi, piani che a lungo termine darebbero dei benefici a tutti, nella considerazione che gli attuali problemi, trovando un loro naturale sbocco, garantirebbero un enorme risparmio, non solo in termini di danaro. Nello scontro, alzando le barriere e le trincee, nella chiusura o avversione culturale predomina la paura dell'"Altro". La paura uccide la mente e genera, quasi sempre, nuovo odio e violenza. Tutto questo non aiuta nessuno: né i ricchi paesi industrializzati né quelli che detengono le ricchezze naturali del pianeta e, tanto meno, si può continuare a pensare che le genti povere e sfruttate, private di ogni diritto, persino della vita, possano o, peggio, debbano continuare a vivere nella miseria e nel degrado. Si impone quindi ad ogni nazione civile un cambiamento storico - culturale, un diverso approccio verso le politiche relative all'economia e allo sviluppo che devono divenire sostenibili e rispettose dell'"Altro" del "Diverso" oltre che del "Nuovo". Se ciò accadesse davvero, credo che si realizzerebbe la cd "Era del Cinghiale Bianco", una nuova era Aurea, foriera di benessere e, finalmente, di Pace tra i popoli.