“La condizione dei servi è miserabile perché è contro natura in quanto “la natura li ha generali liberi, ma la sorte li ha fatti servi. Il servo è costretto a patire e non si ammette che nessuno ne abbia compassione, lo si costringe a soffrire e non si permette a nessuno di soffrire con lui”.
Però, anche quella del padrone, in rapporto a quella dei servi, è una condizione umana miserabile: “se egli è crudele, i servi, depravati, come sono, lo rispettano e lo temono, se è clemente è disprezzato dai suoi sottoposti, che si fanno sfacciati. Il timore, perciò, affligge chi è severo, il disprezzo degrada il mansueto, infatti la crudeltà partorisce l'odio e la confidenza il disprezzo”.
Quanto sopra è nei capitoli 16 e 17 del primo libro nel volume titolato: “De contemptu mundi sive de miseria humane conditionis”, più noto in seguito con l’abbreviato titolo: “De contemptu mundi” (= “Il disprezzo del mondo”), scritto nel 1191 da Lotario, della nobile famiglia Conti, di Segni, un paese nella provincia di Roma. Egli visse dal 1161 – 1216. Fu eletto al soglio pontificio nel 1198 col nome di Innocenzo III, che indisse la IV crociata in Oriente ed una crociata in Francia contro i Catari o Albigesi, preludio della legittimazione dell’Inquisizione nel 1233: l’eresia doveva essere punita per il bene spirituale dell’individuo ma soprattutto per la conservazione della Chiesa cattolica. Nel 1199 emanò la bolla papale “Vergentis in senium” con la quale equiparava l’eresia al reato di lesa maestà. Nel novembre del 1215 convocò il IV concilio lateranense (il dodicesimo concilio ecumenico), che emanò settanta decreti di riforma. Tra questi venne definitivamente dichiarata la superiorità della Chiesa rispetto a qualunque altro potere secolare, quale unica depositaria della grazia divina ed esclusiva mediatrice tra Dio e gli uomini.
Lotario scrisse varî trattati teologico-ascetici, tra cui, come suddetto, il “De contemptu mundi” che redasse quand’era cardinale. In quest’opera letteraria che suscita angoscia e disperazione, attenuate dalla speranza nella salvezza eterna, ci sono citazioni bibliche che propongono riflessioni impietose sulla condizione umana.
Il testo è diviso in tre tomi, secondo l’evoluzione dell’età.
Nel primo libro, titolato “De miserabili humane conditionis ingressu” ((= “Lo sventurato ingresso nella condizione umana”), Lotario nei 31 capitoli descrive la miseria della condizione umana dal momento della nascita alla morte.
Nel secondo libro: “De culpabili humane conditionis progressu” (= “Il colpevole sviluppo della condizione umana”) in 43 capitoli espone con intento etico la classificazione dei sette vizi capitali. Lotario passa in rassegna i “beni” ai quali di solito gli individui aspirano nella loro vita terrena (le ricchezze che portano alla malvagità, il sapere che porta al dolore, il potere e gli onori che portano alle vanità, i piaceri che portano alle indecenze) e mostra come la ricerca di questi beni terreni induca inevitabilmente ai vari peccati capitali di cui l’uomo è l’unico artefice e colpevole.
Il terzo libro “De damnabili humane conditionis egressu” (=La condannabile uscita dalla condizione umana), in 17 capitoli descrive la fine del mondo (l’Apocalisse), il momento della morte e le pene infernali. “Dove andranno a finire vi sarà pianto e stridore di denti, gemiti e lamenti, ululati e tormenti, stridore e grida, timore e tremore, dolore e pena, ardore e fetore, oscurità ed ansia, durezza ed asprezza, sciagure e miseria, angoscia e mestizia, oblio e confusione, torcimenti e punture, amarezza e terrore, fame e sete, freddo e calura, zolfo e fuoco ardente nei secoli dei secoli”. (cap. 24) Ecco le fandonie che dicevano nel medioevo i preti e la gerarchia vaticana. Le diverse sofferenze elencate sembrano resoconti da parte di clerici che erano stati nell’oltretomba ed erano tornati per raccontare. E’ roba da matti. Penso con compassione a quella povera gente intimorita. Perciò plaudo al tempo in cui viviamo, con la Chiesa emarginata per sua stessa colpa.