Aveva bisogno di stare un po' da sola, appena una settimana prima si era concessa l'ultimo bagno della stagione nella spiaggia di Brighton Pier ancora piena di ombrelloni e sdraio lungo il molo. Ed era stato proprio lì che l'aveva conosciuto, affascinante e pieno di soldi, insieme avevano mangiato fish and crock e bevuto vino bianco, sembrava una giornata destinata a non finire e invece tutto cambia, e da un momento all'altro senza lasciare traccia.
Così quella mattina grigia, prevedibile a fine settembre, aveva deciso di andare per boschi, la sera prima il suo sguardo si era posato sull'alpenstock del padre, quel bastone ne aveva visto di avventure, nell'ultima era stato solo un appoggio per quel corpo ormai stanco, e proprio davanti casa le era stato ceduto come fosse un'eredità. Quanto tempo era passato da allora, erano già quattro anni da che suo padre era morto e non si era mai decisa a toccare quel bastone, le suscitava una certa commozione, quella mattina invece a commuoverla era solo la sua voglia di rimanere sola. Perciò lo prese, e uscì fuori respirando lagrimo, quella resina che l'aveva sempre infastidita in quel periodo e che quella mattina la riportava indietro nel tempo quando con suo padre si sedevano sotto il porticato coperti fino al naso bevendo posset e scherzando come due burloni. Era la mamma a prepararlo con la birra, e lo faceva veramente buono, a lei non era mai riuscito, ch'aveva provato tante di quelle volte, perfino col vino e il latte ma niente, non aveva lo stesso sapore, niente aveva più lo stesso sapore da quando se ne erano andati a distanza di un anno l'uno dall'altra. Ora quella grande casa era tutta sua, era rimasta vuota delle loro presenze, e nel tempo aveva tolto dalla vista tutto ciò che potesse ricordargliele, per fortuna era riuscita a vendere tutto in poco tempo, aveva tenuto per sé solo quell'alpenstock e la macchina da cucire della madre. Un pomeriggio l'aveva lucidata tutta ora faceva una bella figura in salotto come un mobile d'epoca.
Non dimenticò di portarsi il suo zaino in corame, casomai le servisse per metterci dentro qualche ditole, era stato suo padre ad insegnarle come riconoscerlo in mezzo a quelli non commestibili ed era diventata esperta, se ne avesse trovato qualcuno avrebbe fatto un sugo con olive nere e acciughe per condire i vermicelli.
Cominciò la sua camminata cercando di non pensare a niente, a distanza sentiva appena il canto del francolino di monte, stando attenta a diradare col suo bastone le nemorali rimaste dopo la lunga pausa estiva. Mentre percorreva il sentiero col suo bastone ripensò a quella domenica al mare, come tutto passa prima che ci si possa accorgere di vivere, e lei lo aveva sempre fatto, aveva sempre vissuto senza mai godersi il momento, perciò le erano passati davanti tanti momenti senza che fosse riuscita a prenderli, voleva finire d'essere in quel modo, non aveva goduto un bel niente, e il tempo se l'era mangiato ogni giorno una fetta sempre più grande. Aveva fatto solo progetti, ma poco o niente era riuscita a realizzare e nel frattempo altri avevano preso il resto a posto suo. Si fermò un attimo per prendere respiro e cercare di fissare lo sguardo tutto intorno a quel paesaggio, che senso di libertà provava in quell'istante, e addosso la voglia di abbracciare quello spazio intenso fatto di una pasta diversa, solo in quel momento ne sentiva il gusto. Rimase ferma senza quantificare il tempo mentre la luce trascorreva il suo, le fece bene non sentire il ritmo delle ore, nemmeno quello dei pensieri che ogni giorno ingombravano la sua mente. Tolse dalle spalle lo zaino, gli scarponcini dai piedi e si sedette a terra. Era lì che voleva restare, qualunque cosa fosse destinata ad accadere, lei apparteneva a quella terra, la respirò a piene narici, e così ritrovò se stessa.
Questo racconto nasce da un esercizio, quello di individuare un gruppo di vocaboli e con essi scriverci una storia.