Era di giorno, e finalmente sole dopo una pioggia durata tante ore. Si mise presto quelle sue scarpe grigie e uscì di casa portandosi la penna. Era da tempo che non lo faceva, sapeva questo e forse anche di più, che l'universo è lì e la terra è là, l' istinto da una parte e le azioni dall'altra, mentre parlare è vano e non serve a niente con quella brutta faccia stampata senza colla.
Cammina, cammina, incontrò una panca, ci si sedette sopra e alzò gli occhi come fossero guidati. Un cielo sulla testa e la terra sotto i piedi, erano questi i suoi pensieri, e quanto tempo che non li aveva così veri. Aveva perso il contatto di se stessa, era tornata come a farsi male per evitare quelle parole a maglia, intrecciate nel filo della vita adesso ritornavano una alla volta.
Che fai mi guardi? Chiese il passante sedutosi alla sua panchina. E lei si alzò e lì non fece più ritorno. Era ormai stanca di vivere sentendo, voleva sperimentare attraverso quei ricordi, le sensazioni nate in quel tempo lì, fatto quando era ancora ragazzina. Ma il tempo non aspetta, coglierlo doveva e così inchinò le sue ginocchia stanche e cominciò a raccogliere sassi e margherite. Poi si sedette, le tasche erano piene, tirò il suo foglio e cominciò così piena di quelle, una sua storia senza storia.