È lontana dalla città, la discoteca, in piena campagna Un’estesa costruzione isolata nei pressi di un grosso borgo Circondata da un grande piazzale malamente illuminato per numero inadeguato di lampioni a disegnare circonferenze luminescenti negli ampi spazi d’ombra. Ed ha anche un che di gradevole la costruzione, pur bassa, ma estesa Si allunga audacemente in piani lunghi orizzontali e sfalsati su linee di geometrica armonia. La facciata decorata con murales di buona fattura a colori vivaci.
Un tempio! Laico Pagano Lussuoso.
Al mio arrivo sono già tante le auto parcheggiate Di grossa cilindrata. Il mio scooter è una scoreggia nel parcheggio Un verme fuori posto e pericolosamente esposto ad ogni suola di scarpa.
L’ingresso con la biglietteria non è molto ampio, illuminato di luce soffusa su toni rossastri Un gioco di ombre raffinato e ben studiato.
E oltre pesanti tende, gli spazi enormi delle piste che si intersecano. Illuminazione multicolore soffusa appena sufficiente per distinguere i tanti giovani seduti ai divani di fronte a tavoli bassi sovraccarichi di bicchieri Molti hanno i bicchieri in mano e sorseggiano Silenziosi.
Di quando in quando qualcuno urla qualcosa al vicino nel tentativo di superare il frastuono di una musica percossa e continuamente interrotta dal DJ che urla insensate scemenze.
Nessuno è ancora in pista a ballare.
Mi sono recato al banco bar a prendere la consumazione che mi spetta, compresa nel prezzo del biglietto di ingresso. Qualcosa di forte per superare un certo disagio che m’ha preso.
Mi siedo anch’io col bicchiere in mano e cerco di rilassarmi.
Gradualmente la festa si avvia, si recano in pista vincendo l’inerzia. La musica aumenta in volume e in ritmo Sempre più ossessiva Il DJ urla Nessuno ascolta le sue idiozie.
Prende forza la massa.
È un vortice e trascina nel gorgo la festa che precipita.
Tutto gira Le luci rimbalzano in lampi accecanti, rapidissimi, sulle immagini confuse che si muovono a scatti come marionette.
I suoni si sono fatti confusi, acuti, sovrastano le urla del DJ.
A tratti, oltre il baccano, si possono distinguere, concentrando l’attenzione, voci impastate e roche Voci di ubriachi E anche il flash di un canto gagliardo da qualche angolo in ombra.
Fusione di un magma che fluttua cangiante Sbanda senza ritmo Ondeggia a scatti sotto i lampi stroboscopici Il mio smarrimento cresce su una vertigine penosa.
Sui cubi le ragazze seminude eseguono primitivi osceni movimenti intorno a un palo… compaiono anche giovanotti palestrati Anche loro sui cubi… Si muovono come pendoli cubiste e cubisti e anche l’intero magma come ingranaggi di un immenso mostruoso meccanismo ad orologeria.
Qui non abita la trasgressione La ribellione! Qui si esegue un perfezionato trito copione Sceneggiatura di uno spettacolo studiato e funzionale ad un rito perfettamente armonizzato ad un oliato meccanismo Nel punto giusto ed al momento giusto!
Non individui Massa informe infantile governata da un potere invisibile concreto e pervadente.
Non c’è ribellione!
Rivoluzione qui è parola vuota, senza senso Nessuno qui vuole cambiare nulla Quel che cambia non ci riguarda Sereni obbedienti e fedeli al copione.
Da quella confusione di volti in movimento sono apparse delle ragazze che mi si sono sedute in grembo E io, in trance, palpo loro il seno, le cosce Loro mi pizzicano il viso e mi torcono delicatamente il naso Qualcuno ha rovesciato della birra e il liquido si è fatta cascata di schiuma sulle loro cosce Una delle ragazze porta una maschera nera.
“Vieni!”.
Mi prende per mano e mi conduce attraverso la marea fluttuante in una zona in penombra e gremita di ombre in amplesso Satura di fumo dolciastro.
Il fumo aleggia come una nebbia dando l’aspetto di tanti dannati a quell’ammasso confuso di membra che si intrecciano lentamente. Emergono a tratti dal mucchio volti pallidi come fiori malati Sono l’invitato in un cimitero Presenzio a un funerale.
La ragazza in maschera ha tratto da una tasca due compresse.
“Ingoiale!”.
E ci siamo seduti da qualche parte in attesa di un qualche effetto Che probabilmente arrivò, ma che più tardi nella mia mente risultò essere stato solo un sonno senza sogni.
Quando fui sveglio ero solo e mi recai alle toilette.
L’intero pavimento era uno strato melmoso di vomito e altro variato materiale organico.
In tre o quattro vi si rotolavano abbracciati.
Nudità e vesti di stracci.
Ho pisciato lì dove mi trovavo Sul pavimento di melma.
Sono sceso e ho trovato la strada verso l’uscita all’aperto.
Sotto il cielo di stelle il terreno è umido di un manto di rugiada. Posso sentire dall’interno il baccano e mi sembra di poter distinguere voci ubriache e ancora gemiti e lamenti.
Sotto uno dei rari lampioni che illuminano il piazzale un ragazzo ed una ragazza nudi, distesi immobili. La ragazza! non è giovanissima. Mi sono chinato e l’ho toccata È gelida e bagnata di rugiada Mi sono tolto la giacca e l’ho coperta.
Ho perso la nozione comune di tempo ed infatti mi ritrovo in un attimo tra cenni distratti di commiato.
Nel piazzale il sussurro di un canto stonato come un urlo insensato nella livida calma dell’annuncio dell’alba. Ho freddo e solo allora mi ricordo della giacca e corro al lampione.
La giacca non c’è!
Allora ho detto:
“La mia giacca!”.
Nell’incerta fluorescenza provo come una nostalgia di quiete La sensazione gradevole del torpore che si accompagna alla conclusione di un rito di annichilimento Sensazione insieme di un disastro confuso e di inganno universale.
Sul piazzale una quantità di larve, tutti identici, un agglomerato dall’aspetto molliccio, fluttuante come alghe sottomarine Si stagliano contro il livore dell’asfalto Appartengono ad un regno di morte Retroguardia sfatta Misero brandello dell’energia nervosa, inquieta, che si è annientata nel rito del conformismo.
Una recita!… di sovranità e morte senza autorità!
Cosa ci faccio io qui? Confusamente cerco di capire…
Sono un vecchio compare senza parentela: diversi i ricordi, i rancori, le aspettative E il sogno di un cambiamento La rivoluzione! Sono da sempre un foglio bianco con nulla da scrivere Potrei inventare, e sarebbe un falso Sì! Ho creduto di capire Volevo evadere e non ho fatto altro che balbettare frammenti Sforzi per dimenticarmi.
Sto facendo evoluzioni davanti a me stesso come ad un estraneo.
I motori accesi di mille auto di grossa cilindrata hanno riempito la notte con il loro cacofonico rombare che d’un tratto poi si è spento su un silenzio di cimitero.
Provo un gusto tremendo in bocca, male alle giunture con accenni di cedimento delle ginocchia.
Cerco il mio scooter
Non c’è
Allora ho detto
“Il mio scooter!”.
Qualcuno mi ha indicato un punto lontano, ai margini dell’enorme parcheggio La sagoma del mio scooter Uno scherzo innocuo! Ma quando sono giunto a distanza adeguata ho visto la carcassa dello scooter L’intruso dal significato ambiguo era stato dato alle fiamme.
Provo un brivido di freddo ma anche uno strano senso di sollievo ché l’idea di andare in città su uno scooter mi sembra particolarmente sgradevole E senza giacca oltretutto! Sono quasi contento di esserne stato dispensato.
È rimasta una sola auto sul piazzale Un gruppo di ragazzi si muove sbandando Uno è caduto disteso sull’asfalto e gli altri tentano di sollevarlo e infilarlo nell’auto che ha le portiere aperte Uno è scivolato e caduto E cadono tutti e si rialzano a fatica Infine si ritrovano tutti nell’abitacolo e con un rombo sono lontani zigzagando.
Io!
Solo immobile in mezzo al piazzale ormai deserto, in piedi nel cono nebbioso di luce di un lampione In camicia bianca, le braccia levate al cielo mentre un’alba pigra lo illividisce.
Pagine bianche! sulle quali altri scriveranno il testo di una commedia tragica che reciteranno in trance Il ribelle inservibile Reliquia dimenticata sulle macerie del tempio.
Il ribelle?
È quello che sta uscendo da un cassonetto Quello che strappa i manifesti pubblicitari?
Il cervello gira a vuoto e si frantuma sull’abbozzo di mille pensieri veloci su percorsi confusi.
Le conclusioni banali.