Nell’antica Grecia, patria del concetto stesso di democrazia, il potere veniva esercitato dai cittadini in maniera diretta o partecipativa, semplicemente dandosi convegno nell’agorà (oggi la nostra piazza) per discutere i provvedimenti che i delegati delle “Città stato” avrebbe poi reso esecutivi per l’amministrazione della città ed i suoi cittadini.
La società evolvendosi, in particolare a partire dall’età dei comuni (XII – XIV secolo), si è data forme di governo dalla monarchia assoluta a quella costituzionale, per giungere alle moderne forme di stato rappresentativo, che hanno assolto egregiamente alle loro funzioni, almeno sino agli anni 60 e 70 del secolo scorso.
Poi, lentamente qualcosa è cambiato nella società, nei cittadini, specialmente tra quelli più giovani, complicando le cose sino a scatenare veri propri “movimenti di piazza” e, in tempi più recenti, l’atteggiamento di protesta dei cittadini si è manifestato attraverso la disaffezione verso la politica in generale, espressa quasi sempre nel “non voto” o, in alternativa, attraverso l’elezione di partiti o movimenti politici “alternativi” alla politica ufficiale, come chiaro sintomo di sfiducia e allontanamento.
Una tendenza, questa, manifestata in tutta la sua cruda realtà anche nelle varie tornate elettorali che hanno interessato la nostra penisola, praticamente dalle elezioni politiche di aprile per finire con le amministrative di giugno: meno della metà degli aventi diritto al voto si è recato alle urne per esercitare il proprio diritto al voto.
Gran parte delle testate giornalistiche aprivano il giornale facendo riferimento al fenomeno dell’assenteismo e nominando gli assenti dalle urne come vero partito vincente: il “Partito degli assenti”.
Oppure, in alternativa, si era scelto di votare il M5S, che conquistava il 25% dei voti, affidando quasi sempre il mandato a personaggi di dubbia capacità ad esercitare le proprie funzioni di amministratore della “res pubblica”, quando non del tutto sconosciuti. Ad acuire lo stato di disagio in chi aveva scelto il M5S come chiaro strumento alternativo alla politica quotidiana, contribuiva la scelta del suo leader Giuseppe Grillo di non accettare alcun patto di alleanza con nessun partito, regolarmente eletto dalla restante parte degli italiani, lasciando l’Italia per un mese senza governo né prospettive di governabilità. Non solo, lo stesso Grillo manteneva alta la tensione allontanando dal movimento chiunque non la pensasse esattamente come lui.
Tutto comunque partiva da un sentimento che univa le istanze dei cittadini, questa volta, dal nord al sud del Bel Paese, quello della disaffezione dalla politica e dai suoi rappresentanti. Una sfiducia comune che oggi mina le basi della credibilità stessa della politica, quando questa è percepita oramai troppo distante dalle istanze dei cittadini.
Da dove origina questa disaffezione ormai trasformata in aperta ostilità? Certamente non solo dalla crisi economica congiunturale, che peraltro non riguarda solo l’Italia o l’eurozona. Viene, piuttosto, dalla perdita di fiducia nella classe dirigente, di cui quella politica è la componente più vistosa. L'opinione pubblica percepisce "dolorosamente" la mancanza di prospettive, acuita dall'assenza di leader che sappiano interpretare lo stato d'animo collettivo e indicare credibilmente una via di uscita, e la debolezza etico - morale dei governanti e di molte altre figure e istituzioni pubbliche (si pensi alla crisi di credibilità della Chiesa coinvolta in scandali sessuali e finanziari).
Un fenomeno sul quale i politici tutti dovrebbero interrogarsi al fine di capire se oggi è ancora attuale il concetto stesso di rappresentatività democratica, quando questa, nei fatti, viene esercitata da meno della metà dei cittadini aventi diritto al voto.
In altre parole, un esecutivo che viene eletto dalla minoranza dei suoi cittadini, verosimilmente, non esprimerà né tantomeno si occuperà delle istanze degli altri cittadini, quelli che non hanno votato, non credendo più nella politica e in chi la esercita.
Non è prudente, quindi, lasciare inascoltata questa domanda di maggiore professionalità, progettualità, trasparenza e onestà che giunge dalla società, poiché potrebbero viepiù inasprirsi le tensioni che già si intravedono tra i lavoratori da una parte e il mondo dell’imprenditoria dall’altra, e quest’ultima nei confronti di uno stato che avverte sempre più distante e sordo verso le istanze di ammodernamento che da più parti, oramai, vengono indicate come “conditio sine qua non” per far ripartire la macchina economica del Paese, restituendo piena fiducia al governo e alla politica che si mostrerebbe, finalmente, capace di tirar fuori l'Italia dal pantano che la sta soffocando.
«Molte forme di governo sono state sperimentate e saranno sperimentate in questo mondo di peccato e di dolore. Nessuno ha la pretesa che la democrazia sia perfetta o onnisciente. Infatti, è stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre forme che sono state sperimentate di volta in volta.»(Winston Churchill)