Ricordo personale di Califano
Una decina di anni fa andai con la mia compagna ad uno spettacolo di Califano, il cantante poeta maledetto. Da ragazzo avevo ascoltato i suoi grandi successi ma mi ero fermato al motivetto orecchiabile, nient’altro.
Di recente avevo invece riascoltato le parole di “ Tutto il resto è noia” , “Io non Piango” ed altre e l’interesse per tale personaggio era cresciuto. Lo spettacolo era organizzato da una mia carissima amica che spesso mi aveva invitato a concerti di artisti con brani ancora ai vertici della hit parade ma non sempre ciò che piaceva a tutti in quel momento mi trovava interessato e quindi avevo declinato vari inviti.
Accogliemmo Califano e la sua band e andammo in un ristorante dove avemmo la prima sorpresa. La tavola era imbandita all’inverosimile e quando il proprietario del locale gli chiese qualcos’altro di suo gradimento noi non ci saremmo stupiti e avesse chiesto un cinghiale arrosto e chissà quali vini e superalcolici ma chiese solo un brodino vegetale ed in bicchiere d’acqua, non consumò altro.
Si mostro’ subito simpatico e disponibilissimo, a differenza di tante meteore che pure avevo conosciuto e dimenticato l’anno dopo, e su mia proposta fu felice di organizzare uno scherzo telefonico al proprietario del locale dove si sarebbe esibito comunicandogli in romanesco che non aveva voglia di fare lo spettacolo e che non gli doveva rompere … . Subito dopo il proprietario, che aveva fatto il pienone, in stato di panico telefonò alla mia amica, seduta al tavolo, che stette al gioco che durò fino all’inizio del concerto tra fischi e proteste dei suoi fans per l’annunciata assenza. Sembrava uno scherzo goliardico organizzato con un vecchio amico di liceo che conosci dall’infanzia e non il Califfo, uno dei re di Roma, che aveva infranto ogni confine, compreso droga e collegio, come lo aveva affettuosamente chiamato lui.
La cena finì alle ventdue ma lo spettacolo non sarebbe iniziato prima di mezzanotte e questo divenne un problema , un problema serio. Lui era abituato a spettacoli che terminavano a mezzanotte e quindi era innervosito da questa lunga attesa, altro che le “quattro” di Fiorello quando lo imitava splendidamente.
Io e la mia compagna cercammo di ovviare a questo imprevisto improvvisando una lunga chiacchierata a tre, tipo intervista, e forse all’inizio ci scambiò per giornalisti, ma comunque rispose a tutte le domande tranquillamente. Parlammo per quasi due ore e ne emerse un personaggio ben diverso da quello che vuole, o vogliono, apparire. Una grande sensibilità d’animo, generosità verso ragazzi deviati e chi in “una vita guadagna meno di un mio concerto”, ma soprattutto una grande solitudine che si accende quando le luci del palco si spengono.
Ci dichiarò tranquillamente che aveva avuto un numero impressionante di donne ma avemmo la certezza che erano state loro ad usare lui, non certo il contrario.
Quando la confidenza divenne quelle di vecchi amici gli chiedemmo cosa avrebbe voluto da una delle tante donne conosciute e non aveva avuto. La risposta fu immediata come chi ce l’ha sulla punta della lingua e sul cuore e non aspetta altro che tirarla fuori.
“ Avrei voluto che svegliandomi una notte mi accorgessi che a fianco a me nel letto ci fosse un vuoto e cercare questa donna, magari di cui non conoscevo il nome o non glielo avevo neanche chiesto, nella casa e trovarla nel mio studio a leggere le mie poesie.”
Gli avevano chiesto di tutto ma non la cosa più importante.
Si accesero le luci e il Califfo, che commosso aveva quasi pianto qualche minuto prima, scomparve. Grande artista, intrattenitore di pubblico, e stuzzicato aveva sempre la meglio, davvero brillante. Spesso mentre cantava ci guardava seduti sul divanetto poco distante e nelle pause si sedeva in mezzo a noi due abbracciandoci affettuosamente.
Non dimenticherò mai i suoi occhi quando vide il divanetto vuoto e con la sguardo ci cercava. Era quello del cane vagabondo di un suo celebre ritornello.
Addio Franco, quello che abbiamo conosciuto noi, grande poeta maledetto.
Ciro