Sono d'accordo con il commento dell'opinionista D.Giacalone, quando afferma che 1° lo spread non dipende affatto dall'andamento della politica nazionale, né tanto meno da quella delle altre nazioni che fanno parte dell'eurozona. Prova ne sia l'andamento della borsa in Germania come in Portogallo o Spagna, assolutamente svincolato ma semmai ancorato alle possibilità, o meno, di far soldi (da parte di coloro che investono e muovono i veri capitali) investendo in un dato Paese e in un dato momento; 2° adesso è giunto (finalmente) il momento di governare. Non ci sono più scuse o ragioni per rimandare l'attuazione delle riforme, di cui tutti fanno un gran parlare da mesi (almeno dal dicembre dello scorso anno) ma che poi nessuno, nei fatti, ha realizzato. Prima fra tutte la revisione degli accordi internazionali, in seno alla Comunità europea, che vedono ancorato al 3% il rapporto Pil-debito pubblico e, ancora, una sana e profonda revisione della spesa pubblica contestuale ad un abbassamento delle pressione fiscale, che sta anemizzando la nostra economia. Ciò, naturalmente, non significa che da domani ricominceremo a spendere e dilapidare, ma che si potrà tornare a pensare ad uno Stato (il nostro) che attraverso l'immissione di denaro sul mercato (pagamento dei propri debiti e finanziamento di grande opere strutturali, oppure la rivitalizzazione della ricerca scientifica ad esempio) sarà in grado di ridare "fiato" all'economia. Con ripercussione positiva sui mercati dell'eurozona. Sappiamo bene, tuttavia, che per farlo abbiamo urgente bisogno di sederci ad un tavolo e, forti della autorevolezza di un governo che non deve tirare a campare, potremo cambiare le regole attuali, che peraltro non giovano più a nessuno: tedeschi compresi.