Guardo i suoi occhi grandi, espressivi, quelli che senza parlare raccontano già tutto. Lui così piccolo, e con la coperta fino a coprire il viso, è già la sua storia.
Lo conobbi in un pomeriggio d'estate al parco mentre tentava di spingere la sua bicicletta su di una salita ripida. “Aspetta” gli dissi, “ti aiuto”. “No grazie” mi rispose, “ce la faccio da solo”. Era testardo il ragazzino, stetti ferma a guardarlo e guardare i suoi sforzi e finalmente si decise: “ vabbé aiutami”.
Da quel giorno c'incontrammo lì al parco quasi tutti i pomeriggi, lui a raccontarmi storie con i suoi occhi, ed io ad ascoltarlo facendogli poche domande. Non amava tanto che si frugasse nella sua vita, lo capii appena gli chiesi se fosse solo al parco, o fosse venuto con qualcuno, un adulto magari. Subito si alzò dalla panchina e se ne andò sulla sua bicicletta senza darmi il tempo di scusarmi. Quando lo vidi il giorno dopo non accennai a nulla dell'accaduto, e lui sembrò essersene dimenticato. Ma una cosa fu certa tra noi due, che non avrei chiesto se lui non avesse voluto. Per tutta l'estate durò quel sodalizio, e se quel pomeriggio ero andata al parco per trovare un po' di refrigerio dal caldo, i successivi giorni lo presi come un impegno, m'incuriosiva quel bambino, il suo silenzio, quella bicicletta e nessuno intorno a lui.
Quell'estate sembrò lunghissima, forse per me che di giorno in giorno diventavo sempre più intollerante al caldo, perfino agosto fu asfissiante, ma una mattina d'improvviso mi svegliai e già cadeva la pioggia. Feci un lungo respiro e subito pensai a quel bambino, non l'avrei visto se fosse continuato quel temporale estivo.
E la pioggia durò solo una mezza giornata, infatti il caldo umido che si sviluppò dopo fu più terribile. Andai al parco alla mia solita ora e lui non venne, e nemmeno il giorno successivo. Arrivò settembre e ricominciò la scuola ed io ritrovai quel bambino all'asilo. Proprio così, ero intenta a parlare con le mamme, stavamo raccontando tutte la nostra estate quando ad un tratto così senza pensarci i miei occhi guardarono l'ingresso, e lui con un fiocco blu e il grembiulino a righe stava entrando accompagnato da una donna. Non mi vide, ma io lo fermai e lui non disse nemmeno una parola, niente, nemmeno un cenno. La donna al suo fianco fece una smorfia con la bocca e poi entrambi si diressero verso le maestre.
Seppi che era un bambino in affido.
Oggi sta con me, lui mi racconta con gli occhi e io lo ascolto, gli piace questo gioco. Si copre il viso fino al naso con una coperta e poi mi dice: “dai mamma, ascolta cosa ti racconto”.