Alcuni anni prima di conoscere Lucrezia Borgia a Ferrara, Pietro Bembo si recò in questa città con il padre e vi rimase dal 1497 al 1499 alla corte di Ercole I, duca d’Este, dove conobbe illustri letterati, fra i quali Baldassar Castiglione e Ludovico Ariosto. Fece amicizia con Giuliano de’ Medici (terzogenito di Lorenzo il Magnifico) che nel 1513 divenne papa col nome di Leone X e volle Pietro Bembo e Jacopo Sadoleto come segretari ai “brevi”.
Il “Segretariato per i brevi ai principi e per le lettere latine” era un ufficio della Curia romana, composto da due sotto-sezioni, il Segretariato per i brevi ai principi e il Segretariato per le lettere latine, entrambe incaricate della redazione di documenti pontifici. Le loro funzioni erano distinte e svolte in conformità alle istruzioni emanate dal Papa.
Il Bembo aveva 43 anni, quando Leone X gli affidò questo incarico, col quale riuscì a farsi stimare dalla corte pontificia e dal papa, che gli accrebbe l'entrata di beni ecclesiastici fino a tre mila fiorini d'oro. Bembo lavorò in quell'ufficio fino al 1521, anno della morte di Leone X, poi tornò nel Veneto, concludendo un periodo di rapporti artistici e culturali con Raffaello Sanzio, Michelangelo Buonarroti ed altri.
Decise di dedicarsi ai suoi studi, convivendo more uxorio con Faustina Morosina della Torre, dalla quale ebbe tre figli: Lucilio, che nacque nel 1523 e morì nel 1532, all’età di 9 anni; Torquato nacque nel 1525 e da adulto divenne sacerdote; Elena nacque nel 1528.
Nel 1525 il Bembo si trasferì nella villa di famiglia nella campagna padovana, dove
“Leggo, scrivo quant’io voglio, cavalco, cammino, passeggio molto spesso per entro un boschetto che io ho a capo dell’orto”. Nel 1527 acquistò una casa in borgo Altinate a Padova e vi trasferì la propria collezione di libri, monete, oggetti d’arte. La sua dimora divenne lo scrigno di memorie familiari, luogo di studio e lavoro; si fece la pinacoteca privata con le opere degli artisti che aveva conosciuto, frequentato, ammirato.
Il 6 agosto del 1535 morì la Morosina, presenza discreta e amorosa per il Bembo.
Il 12 ottobre del 1534 venne eletto papa il cardinale Alessandro Farnese, che prese il nome di Paolo III. Questo pontefice il 23 marzo 1539 nominò cardinale Pietro Bembo, che in quel periodo era a Venezia.
Fu probabilmente lo stesso Pietro Bembo a commissionare a Tiziano Vecellio il ritratto a mezzo busto in occasione dell'ottenimento del cardinalato, prima del suo trasferimento a Roma nell'ottobre di quell'anno.
Tiziano Vecellio: ritratto del cardinale Pietro Bembo (1539)
(Washington, National Gallery of Art)
Il cardinale è raffigurato a mezza figura su uno sfondo scuro, col busto ruotato a destra e il volto a sinistra. Indossa la veste da prelato, con la berretta e la mantella rossa sulla tunica bianca. Il braccio destro, parallelo all'orlo della mantella, è proteso in avanti, la mano è semi aperta come se stesse disputando un argomento con qualcuno. La fronte è alta, la barba lunga e bianca, il naso sottile e aquilino, le guance scavate, la bocca serrata, gli occhi scuri, lo sguardo penetrante.
Quando nel 1939 si trasferì a Roma, Pietro Bembo andò ad abitare nella casa di un suo amico, il noto monsignor Giovanni Della Casa, quello del "Galateo", che fu nunzio apostolico presso la Serenissima Repubblica di Venezia ed introdusse il tribunale dell'Inquisizione in Veneto.
"Avendo (il Della Casa) una assai nobile abitazione in Roma, di cui pagava scudi trecento l'anno d'affitto, la volle cortesemente lasciare al Bembo con molti fornimenti, ed un bellissimo camerino acconcio de' suoi panni molto ricchi, con un letto di velluto, ed alquante statue antiche, ed altre belle pitture, senza ch'egli ne pagasse un picciolo, quando il Casa avea infiniti, che l'averebbon tolta con pagargli l'affitto di molta grazia. Nè contento di quello gli lasciò ancora una bellissima vigna poco fuori della più bella porta di Roma (Porta Appia, all’inizio della via Appia Antica. La monumentale “porta” è più conosciuta come Porta San Sebastiano, nelle mura Aureliane, n.d.r.) dove il Cardinale solea andar qualche volta a diporto".Il 29 luglio 1541 Pietro Bembo venne nominato vescovo di Gubbio.
Con il passare del tempo, le sue preoccupazioni di genitore per l'avvenire dei figli si fecero maggiori. All'educazione e sistemazione del figlio illegittimo Torquato, avviato alla carriera ecclesiastica, aveva provveduto. Doveva provvedere alla figlia, Elena, che nell’estate del 1543 sposò il gentiluomo veneziano Pietro Gradenigo e le dette una dote ricchissima che assorbiva gran parte del suo patrimonio. Per questo nell'estate del 1543, il Bembo, che aveva seguito Paolo III per l’incontro a Busseto (prov. di Parma) con l’imperatore Carlo V, ottenne di andare, per l'ultima volta, a Venezia e Padova, e vi si trattenne fino al mese di ottobre. Dopo di che ottenne, a compenso dei sacrifici finanziari sopportati per le nozze della figlia, di stabilirsi nella sua diocesi di Gubbio, sede meno dispendiosa di Roma. Così nel novembre si ritrovò a vivere in quella terra umbra, inclusa nel ducato di Urbino, dove tanti anni prima aveva trovato ospitalità e ispirazione agli studi.
L’anno seguente, il 18 Febbraio del 1544, gli fu assegnato il ricco vescovado di Bergamo, che in quel momento gli era utile per poter pagare i debiti contratti per il matrimonio della figlia; ma a Bergamo non vi si poté recare per motivi di salute ed anche perché papa Paolo III preferiva averlo a Roma per consigli. E nell'urbe Pietro Bembo morì il 20 gennaio 1547.