Siamo soli a questo mondo, nasciamo soli e moriamo soli. E sola lei si sentiva quando, uscendo da quella casa dopo una cena in silenzio, ritornava in macchina attraversando le strade nella notte.
Avrebbe lasciato scorrere tutto, e accogliere solo il dolore di quegli attimi che da più parti sentiva la indossava. Sì, come un caldo soprabito di lana nero, l'anno scorso ne aveva acquistato uno perché lo considerava pratico. Come il dolore, è pratico, fatto di poco, basta poco. E quella sera sapeva che alla sua aria mancava ormai poco tempo. Ferma ad aspettare una risposta sarebbe poi divenuta ponte, per ritrovarsi al di là di quelle mura e lasciarsi vedere.
Ormai era tempo che non dava più ascolto alla sua mente, ed i pensieri andavano avanti da soli come automi, sapeva della loro inutile esistenza. A che avrebbe giovato ascoltarli, le cose seguono il loro corso comunque.
Viveva i momenti come dovessero essere gli ultimi, si scopriva in attesa di una inevitabile fine e si aspettava quel giorno al quale non sarebbe seguita l'alba.
E così si legava ancor più alla solitudine, ormai l'amava come se stessa e sapeva che le sarebbe stata accanto, lei sì, per sempre.
Quella sera dopo la corsa in macchina illuminata dalle luci dei lampioni, sentì d'avere fatto pace con l'impermanenza della vita, e qualunque cosa fosse accaduta l'indomani avrebbe sorriso alle lacrime.