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Nel mese di marzo del 1610 Galileo Galilei pubblicò il suo libro titolato “Sidereus Nuncius”, nel quale descrive le sue scoperte, fra le quali le montagne sulla Luna e l’esistenza di satelliti orbitanti intorno a Giove.
Il saggio galileiano incontrò delle ostilità in Vaticano, come quella del protonotario apostolico Bonifacio Vannozzi (futuro segretario di Paolo V), il quale in una lettera ad un suo amico scrisse: «Che la Luna sia terrea, con valli e colline, è tanto dire che vi son degli armenti che vi pascono e de’ bifolchi che la coltivano. Stiancene con la Chiesa, nemica delle novità da sfuggirsi, secondo l’ammaestramento di S. Paolo.”
Ma non fu quel testo a creare problemi tra lo scienziato pisano ed il cattolicesimo, sebbene Galileo faccia allusione diretta all’Artefice delle stelle nella lettera dedicatoria del libro a Cosimo II de’ Medici.
Le sue scoperte confutarono l’immagine aristotelica del cosmo: si pensava che la luna fosse liscia e levigata, ed invece Galileo col suo cannocchiale dimostrò che ci sono monti e valli; si pensava che le nebulose fossero parti dense di cielo ed invece egli vide che sono formate da moltissime stelle; annunciò l'esistenza di satelliti attorno a Giove, proprio come attorno alla Terra c’è la Luna!
La nuova fisica costrinse filosofi e teologi a riflettere su come interpretare le Scritture (il celebre problema dell’immobilità del Sole); in termini più moderni, su come coniugare ragione e fede. Non riuscendoci, l’Inquisizione costrinse Galileo all’abiura con la lettera del 22 giugno 1633.
Ma la Chiesa non poté opporsi alle scoperte astronomiche, confermate negli anni successivi da altri studiosi, in particolare Gesuiti, perciò nella vecchia toponomastica lunare ci sono nomi di religiosi che appartennero alla Compagnia di Gesù. Questi parteciparono anche al progetto per la risoluzione di un importante problema: determinare le longitudini geografiche, specialmente in mare.
L’eclisse lunare del 27 agosto 1635 costituì l’occasione per attivare in diverse parti la prima rete d’osservazione astronomica simultanea a fini geografici. Il loro compito era di rilevare, con la massima precisione possibile, l’ora locale dell’inizio dell’eclisse lunare: la differenza dei tempi avrebbe fornito la differenza di longitudine tra le diverse località.
Le osservazioni raccolte, esaminate e confrontate permisero agli scienziati francesi Pierre Gassendi e Fabri de Peirec di misurare le reali dimensioni del Mar Mediterraneo e di constatare che questo si estende in longitudine 20° in meno di quanto creduto da Tolomeo, le cui carte geografiche erano ancora in uso. Con questa misurazione l’ampiezza del “Mar Nostrum” fu ridotta di circa 1000 chilometri. L’errore tolemaico era nella lunghezza tra Cartagine ad Alessandria d’Egitto, ampiamente sovrastimata.
Nel 1645, il belga Michel Florent van Langren, cosmografo del re di Spagna, con le stesse finalità dei due studiosi francesi, disegnò una carta lunare di 35 cm con punti di riferimento accompagnati da nomi di persone, fra i quali ci sono i nomi di alcuni gesuiti suoi contemporanei. Anche nelle mappe moderne ci sono ancora 25 nomi di dotti gesuiti. Quando la Compagnia di Gesù fu soppressa nel 1773, i Gesuiti dirigevano 30 dei 130 osservatori astronomici allora esistenti al mondo.