C'era un uomo molto indaffarato che pensava sempre ai fatti suoi. Per esempio, anche durante una bella giornata di sole, magari si sedeva su una panchina o in spiaggia o in un prato, si metteva lì, comodo, e pensava ai fatti suoi. I fatti suoi erano certe telefonate che doveva fare, un paio di scarpe che aveva visto, la macchina nuova, uno dell'ufficio che gli era antipatico, i risultati delle partite, la multa presa il fine settimana, la bella figura che voleva fare col suo vicino di casa. Così quel signore poteva essere ovunque, ma nella sua testa c'erano più o meno sempre le stesse cose: scarpe, multe, telefoni, vicini di casa, belle figure, persone antipatiche e risultati sportivi. Un giorno, il signore, a forza di pensare le stesse cose, si addormentò nell'erba. La sua testa era tanto offesa e piena di nostalgia per tutte le cose che non sapeva più pensare, che dentro si sentì un clic. Dallo spavento per quel buio terribile che all'improvviso gli era sceso dentro, il signore aprì gli occhi e vide che tutto intorno era chiaro. Vide anche che intorno alla caviglia gli era cresciuta una di quelle erbe matte che ci sono nei campi, e si chiese quanto tempo fosse rimasto lì.
Allora quell'erba matta si schiarì la voce e, come accade nelle favole, disse: Ti ho trattenuto in mezzo al chiaro del mondo, quando nel buio dei fatti tuoi saresti finito nel gran deserto del chissà dove, senza acqua né cibo né gioia.