Autore Topic: Ester (prologo)  (Letto 585 volte)

eziodellagondola

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Ester (prologo)
« il: Ottobre 27, 2011, 12:30:33 »
“Che pacchia! - pensò subito Tommaso entrando nella sua nuova classe, dove avrebbe affrontato la prova finale del liceo, lo spauracchio dell’esame di stato – Dopo anni di scuola dai preti, eccomi in una classe mista. E che classe! Solo quattro maschi con diciotto ragazze, molte delle quali veramente carine.”
Ce ne era una più carina delle altre, notò subito Tommaso, e aveva un nome esotico, d’altri tempi: Ester.
Ben presto anche il nome trovò adeguata spiegazione. Alla seconda ora, dopo il benvenuto presentato dalla prof di italiano, ora “leggera”, di religione, Ester uscì di classe, per il semplice motivo che era di religione ebraica. Così si toglieva dal mazzo, come se non bastasse il suo aspetto a farla emergere; non era forse la più bella, la più formosa e dotata, ma la sua era una bellezza che, pur discreta, si faceva comunque notare: una bambolina bruna, dalla carnagione rosea e vellutata, magra quel che basta per non apparire ossuta, diciamo snella; ma quel che immediatamente colpiva in lei era lo sguardo; uno sguardo fiero, quasi battagliero, in palese contrasto con la sua figura minuta e dolce. Quando ti guardava, i suoi occhi scuri sembravano penetrarti fino all’anima, ammesso di averne una. Tommaso, un po’ per reazione alla rigida educazione impartitagli dai preti (ad onta della quale era stato cacciato proprio all’ultimo anno per scarsa aderenza ai principi dei suoi educatori), e molto per provenire da una famiglia sostanzialmente laica, era tranquillamente disinteressato alla problematica religiosa, per cui trovò strano l’allontanarsi di Ester dall’aula: lui sarebbe rimasto volentieri se, mettiamo il caso, l’insegnante di religione fosse stato islamico. Conoscere cose nuove era per  Tommaso una delle esperienze più avvincenti, quindi perché non accostarsi alle varie religioni? Anche un miscredente come lui sapeva coglierne i lati positivi, verificare quegli insegnamenti, quelle regole che tutte le più importanti forme religiose pretendevano essere il fondamento della loro dottrina, ma altro non sono che il concentrato delle migliori regole di vita, bagaglio dell’umanità, qualunque sia il suo credo religioso; questo è il lato positivo, quella spiritualità virtuosa, che fa di ogni uomo pio un testimone contrario alla convinzione filosofica dell’homo homini lupus.
Così mentre il prete insegnante parlava di Spirito Santo e compagnia, Tommaso si perse a fantasticare su come avrebbe potuto avvicinarsi di più ad Ester: la ragazza lo aveva stregato fin dal primo momento, ed ora lui non vedeva l’ora di stregare lei.
Anche nei giorni seguenti questo fu il suo pensiero fisso, che non gli consentì nemmeno di fraternizzare come si deve con i nuovi compagni, i quali pensarono subito di lui che fosse uno snob, o per dirla a modo loro, uno stronzo.
D’altro canto a Tommaso poco importava di rapportarsi correttamente con tutti: dall’alto della sua superbia erano pochi eletti che ammetteva alla sua corte, ed al momento c’era posto solo per Ester; che pur ignara, cominciava a domandarsi perché quel ragazzo la guardasse tanto: ogni volta che si volgeva dalla sua parte, puntualmente se lo ritrovava con gli occhi addosso.
Gli sguardi si incrociavano, e nessuno dei due veniva distolto; era quasi una sfida, Ester come sempre senza soggezione e Tommaso, pur con il cuore in tumulto, spavaldamente a tenerle testa.
E tramite gli occhi, due anime si incontravano, anticipando di gran lunga il percorso che più avanti avrebbero intrapreso i due cuori.
Continuarono per giorni a fissarsi spesso, con intenzione, senza che una sola parola corresse tra i due ostinati giovani.
Poi una mattina fu lei a prendere l’iniziativa:
“Possibile che con tanto guardarci non si riesca a trovare proprio nulla da dirci?”
“Potrei cominciare con dirti che sei bella, da morire – e Tommaso, pur arrossendo vistosamente per l’audacia, si meravigliava di essere ancora vivo e di aver pronunciato quella spavalda verità.
“E che significa essere belli? C’è forse qualche merito? Dovrei compiacermene?”
Subito Ester volle chiarire che non apprezzava i complimenti che riteneva esagerati, ma lo faceva con garbo, senza strafare, per non ferire chi mostrava di apprezzarla, forse troppo.
Da parte sua Tommaso protestò che non si trattava di complimenti ma di una lampante verità; mentre le parole fluivano facilmente, il rossore si faceva vampa, tanto che Ester scoppiò in una allegra, smitizzante risata.
“Lo vedi? Vuoi fare il dongiovanni ed arrossisci come una mammola!”
Ed il riso contagiò Tommaso, ben contento di aver trovato una via di fuga, un modo elegante per trarsi dall’imbarazzo cui la sua prepotente voglia di stupire lo aveva costretto.
“Scusami, non è mia abitudine fare il cascamorto, non so cosa mi ha preso.” ma in fondo lo sapeva benissimo: Ester oramai era la sua méta, il traguardo che da quel momento avrebbe cercato di raggiungere, con ogni mezzo e a qualsiasi costo.
E ci mise tutto l’impegno di cui era capace; per mesi mise in atto la sua marcia di conquista dopo aver freddamente studiato a tavolino la strategia da applicare.
Avrebbe conquistato ogni componente la famiglia della sua Dulcinea, per arrivare fino al cuore di lei. Cominciò con farsi amico del fratello, poco più giovane ma già alle prese con le prime schermaglie con l’altro sesso, e tutto occupato a vincere timidezza e inesperienza.
Tommaso si fece benvolere non solo perché aveva manifestato un interesse, una attenzione che nei più giovani fa sempre un certo effetto, ma per un concreto aiuto.
A Tommaso veniva assai facile, quasi spontaneo comporre in versi, così si divertiva a preparare per Davide bellissime poesie d’amore, che poi costui spacciava come sue con la bella del momento.
Tommaso si era costituita così una alleanza, forte anche del cemento della connivenza e Davide fu l’ariete che gli permise di abbattere le porte della famiglia Pesaro. Tommaso cominciò a frequentare la casa di Ester diventando ben presto una presenza costante; che gli permise di studiare da vicino i punti deboli del resto della famiglia.
La mamma di Ester era una bravissima cuoca, una vera esperta in cucina “kasher”.
Tommaso, che era una buona forchetta, le dava grande soddisfazione, complimentandosi per la bontà dei manicaretti che con orgoglio la signora gli faceva gustare sempre più frequentemente, invitandolo continuamente a fermarsi, per pranzo o per cena, secondo l’orario.
In breve Tommaso arrivò a consumare più pasti in casa Pesaro che a casa sua.
E poi fu il turno del padre, che gestiva un grande emporio di abbigliamento in campo san Geremia.
Le persone di una certa età si accostano al computer con soggezione, con un timore reverenziale che a Tommaso tornava molto utile: si offrì di insegnare ad Isacco i rudimenti dell’informatica, quel tanto che bastasse per una gestione più moderna del negozio; ma i progressi dell’allievo erano così lenti e di scarso effetto pratico che Tommaso si autonominò garzone di bottega e cominciò a lavorare senza retribuzione per l’azienda.
Il ragazzo era finalmente riuscito a portare dalla sua parte tutta la famiglia di Ester ed ora cominciava la parte più impegnativa dell’impresa; ci si potrebbe interrogare sui motivi che spingevano Tommaso ad un comportamento tanto complicato e tortuoso, in luogo di un normale corteggiamento diretto, dichiarandosi apertamente con l’amata; due erano i motivi profondi, anzi tre: in primo luogo Tommaso non tollerava alcuna delusione, non ammetteva sconfitta e un eventuale rifiuto lo avrebbe distrutto.
Così prima di mostrarsi voleva essere assolutamente certo di vincere; in secondo luogo la particolare, profonda religiosità di Ester, che non era di aiuto ad imprese amorose di un certo spessore (e a dire invero, nemmeno a quelle frivole!); infine la ragione più importante fra tutte: Ester era per Tommaso il centro dell’universo, l’unico mondo in cui a lui sembrava valesse la pena di vivere; insomma, la posta in palio era talmente alta da giustificare tanto accanimento e tanta cura nel preparare un futuro felice.
eziodellagondola