Era solo da due mesi a Parigi, e ancora non riusciva a capacitarsi di essere in una grande città, l’università non era molto impegnativa e comunque gli studi procedevano senza intoppi, del resto la sua era una materia facile e ben conosciuta.
Le strade e i palazzi come occhi misteriosi lo guardavano, i suoi passi risuonavano lenti sul selciato.
Le nuvole avevano lasciato il posto a quel lucore, che aveva scoperto essere l’abito notturno della città.
Nella sua esplorazione si era ritrovato a Saint- Jacques , non era mai pago o sazio di visioni metropolitane; appena svoltato l’angolo comprese di trovasi in una zona completamente sconosciuta.
I palazzi di quattro o cinque piani avevano le luci spente, dormono pensò, ma egli ebro di visioni notturne non poteva neppure pensare al sonno.
Si ritrovò dinnanzi ad una minuscola fontana, dove zampillavano impercettibili flutti d’acqua il cui rumore si coglieva appena.
Fu allora che si fermò, non si avvertiva nessun rumore neppure gli zampilli così lievi o il rumoreggiare delle auto nella strada attigua, il cielo sembrò più vivo e le stelle più luminose, nell’aria notturna si propagò un suono di violino o almeno fu quanto che percepì.
La musica proseguiva ora lenta, ora veloce egli ne fu attratto, si sistemò meglio la giacca bianca, sportiva si sollevò il bavero e con una mano si aggiustò i capelli lisci e neri.
La musica sembrava provenire da un palazzo in fondo alla piazza, in quel momento vide una porticina semiaperta, si accostò e quasi che la sua mano fosse dotata di una forza propria , bussò.
Il respiro da leggero si fece irregolare, quasi a stento gli usciva il fiato, quell’antro era così buio che anche la luce delle stelle faticava ad arrivare.
La porta si aprì e un uomo piccolo e grinzoso con un cappello lo invitò ad entrare, nessuna parola intercorse tra i due, solo gesti e sguardi.
L’ entrata si chiuse mentre egli si sedeva su un canapè di velluto verde, che a guardarlo pareva comperato nella bottega di un rigattiere, tanto era vecchio e logoro Nella sala vi erano altre seggiole e divani, tutti in pessimo stato.
L’uomo dopo avergli aperto la porta era scomparso là dentro non c’era anima viva, una voce nell'animo lo turbò, che vi fossero anime morte, un lieve brivido lo scosse, con lo sguardo percorse in lungo e largo la stanza, ma la luce era così debole da impedirgli una visione chiara.
Il cuore gli saltellò in petto, il rintocco di un orologio lontano lo calmò, forse era Notre Dame, pensò .
Si chetò, pochi istanti più tardi il suo cuore riprese il battito normale, chiuse gli occhi per un istante, quasi a volersi abituare a quell’oscurità.
Lo scatto di una serratura lo costrinse a riaprire rapidamente gli occhi, una porta piuttosto ampia si era aperta e una luce innaturale inondò le cose vicine a lui lasciando le altre nella penombra.
Fu preso dal desiderio di uscire da quel luogo e prontamente varcò l’ apertura.
Il suo incarnato già naturalmente pallido appariva esangue in quella luce, ed esangui erano pure le sue labbra insolitamente smorte, tremava eppure non sentiva freddo, le sue mani si muovano spasmodicamente cercando di aggiustare un ciuffo di capelli che in realtà era già a posto.
Varcata la porta si sentì più leggero come chi si lascia dietro qualcosa di greve , aveva voglia di ridere e forse rise. Voleva correre, ma si sentiva ridicolo, correre nella notte, per cosa? I suoi pensieri sembravano slegati gli uni dagli altri ora era triste, un minuto dopo euforico.
Il battito del cuore riprese ritmi normali.
Come attraverso una ragnatela la notte scomparve e si presentò davanti a lui uno splendido giorno, era l’alba che si preparava ad interrompere le catene dei sogni e a strappare ogni residuo di sonno.
La luce fredda e metallica del mattino si ergeva sui palazzi dall’aspetto malinconico.
Egli avanzava come a cercare un segno qualcuno, un essere , un cane.
Il silenzio assoluto era la cosa che si sentiva maggiormente, nulla lo disturbava neppure il battito del suo cuore, tutto era sfumato, tenue, avvolto da bruma .
Continuò a camminare leggero, ripercorse la strada vista pochi istanti prima e arrivò a Pont-Neuf , finalmente vide qualcuno, di fronte a lui una figura maschile vestita di bianco camminava, con passo veloce. La gioia lo prese voleva abbracciarlo provò a chiamarlo , ma costui non sentiva, voleva raggiungerlo ma i suoi passi stranamente leggeri non lo conducevano dove voleva andare, era come se girasse su se stesso, all’infinito , provò e riprovò lo chiamò , solo allora si accorse che dalla sua bocca non usciva alcun suono, nulla, si guardò le mani ,gli parvero fragili, sottili, incapaci di portare o fare qualsiasi cosa, aveva voglia di piangere eppure nei sui occhi non vi erano lacrime.
L’uomo che prima aveva cercato di chiamare si stava avvicinando, ora ne individuava i contorni del volto, che gli appariva stramente familiare, ma sconosciuto, costui aveva lo sguardo freddo , lontano.
Nella convulsione di richiamarlo cadde, fu come cadere tra le piume, nessun dolore arrivò nella sua anima che piangeva, sicuramente piangeva.
L’uomo gli era passato davanti senza vederlo, e aveva proseguito senza voltarsi , quella figura si allontanava sebbene egli urlasse; quella continuava imperterrita. Lacrime copiose presero a cadere, che come goccia di pioggia estive calde e salate, gli bruciarono leggermente le gote..
La figura di colui che si allontanava aveva un non so che di giovane e di leggero come un vento di primavera, quei capelli lisci e scuri così familiari e comunque sconosciuti lo attraevano non riusciva che a guardare da quella parte e a disperarsi perché questi non lo scorgeva.
Lo sconosciuto si fermò davanti alla Senna dove un battello lo attendeva, forse voleva salirvi.
Fu allora che si voltò e forse vide l’altro che lo guardava disperato e muto, ma forse lui solo lo vide.. L’uomo vestito di bianco salì sul battello, che si allontanò lieve senza scosse. Si sentì prendere dalla disperazione e cercò di coprirsi il volto con le mani, e fu così che non vide la mano che lo scuoteva, non capiva , aveva pensato di essere fuori e che fosse giorno, ma luce intorno a lui era tetra.
Si scosse, l’uomo che aveva incontrato prima all’ingresso lo guardava ansioso , ed egli come a voler minimizzare si alzò e fece un gesto vago con la mano, le gambe erano malferme e minacciavano di cedere con un notevole sforzo provò a muoverle.
L’uomo col cappello gli sembrò immensamente vecchio, ma ancora non osò parlare, e senza guardarlo si diresse verso l’uscita.
Pochi istanti dopo fu fuori, c’era ancora la notte , bella e incantata , una notte Parigina.