scriveva poesie. per raccontarsi e per raccontare. il destino che le aveva regalato un'animo dolce e gentile aveva chiuso, però, tutto questa delicatezza in un corpo che somigliava a un armadio, di un sesso che non sentiva suo.
amava le donne, matilde. di un amore disperato, irrisolto. sapeva leggere nei loro occhi la tristezza nei sorrisi, il desiderio nei sospiri, l'impazienza nei silenzi.
quando la mano di luisa la sfiorò, le si fermò il respiro. capì che forse l'amore poteva esserci anche per lei, poteva essere detto, rivelato, mostrato.
luisa aveva un marito e due figlie. que marito le aveva 'regalato' due figlie, nate da un precedente matrimonio rimaste senza la loro mamma che erano piccole, tanto piccole che non la ricordavano più. quando luisa le vide, nell'atrio della scuola, con i loro grembiulini neri, col fiocco bianco e quelle cartelle davvero troppo grandi, provò una tenerezza che le sciolse il cuore. per loro accettò di sposare pietro.
erano maestre luisa e matilde. si erano viste a una riunione degli insegnanti nella scuola dove avevano iniziato a lavorare quell'anno, una scuola di un paesiono in provincia di lecce, piccolo e bigotto, dove le note del piano di matilde rompevano il silenzio delle mattine domenicali. risultavano strane quelle note alle orecchie dei paesani che conoscevano solo il rintocco delle campane a scandire le ore del tempo che passava pigro e monotono.
luisa amava la musica di matilde,; ma forse di più le piacevano le sue mani che volavano sulla tastiera, toccavano precise i do, i fa, e ne facevavo uscire passione e tormento.
capì che pietro non l'avrebbe mai toccata così. provò il desiderio di essere nota di uno spartito, sfiorò la mano di matilde e la guardò, fino a toccarle l'anima.