Peter iniziò ad armeggiare con le canne, prese alcuni vermi mollicci e li mise sull’amo, vidi una lieve smorfia sul suo volto, quando cercai di lanciare l’amo che s’impigliò in un cespuglio e come se non bastasse per poco non caddi in acqua, non che la cosa mi sarebbe dispiaciuta, ma con gli stivali e il tutto sembrava alquanto imbarazzante.
Fu un caso che pochi minuti dopo aver lanciato sentì che questa faceva resistenza, ebbi paura che l’amo si fosse impigliato nel fondale e quando iniziai a riavvolgere vidi qualcosa che luccicava sul pelo dell’acqua, era una tinca, fu l’unica che pescai ;Peter invece ne pescò quattro.
Mentre pescavamo avevamo parlato pochissimo. Peter, ricominciò a parlare quasi un'ora dopo di una certa Gigliola, intanto che ci accingevamo a rientrare, lei era una sua collega, lei era partita per l’oceano indiano a fare un servizio fotografico. Lo ascoltavo con una certa attenzione, probabilmente ero un buon ascoltatore, perché egli dilungò in una serie di dovizie nel narrarmi di quanto ammirasse quella donna.
La strada mi sembrò più lunga dell’andata, avevo sete e come se non bastasse ci eravamo scordati di portare l’acqua. Decidemmo di costeggiavamo il lago, io di tanto in tanto gettavo un’occhiata obliqua, su quella conca azzurrognola, fu allora che vidi la casa a picco sull’altro lato, così diversa dalle altre costruzioni. Era maestosa, anche se lievemente anacronistica, completamente ricoperta di vite americana, sembrava un vecchio castello, sebbene si capisse che era una costruzione recente, Peter si accorse che non lo ascoltavo più, “sai quella villa al conte Romildi”.
Lo guardai credo senza alcuna espressività “Come non sai chi è il conte Rombildi?”.
“No, non saprei!”. Esclamai
“Dovresti leggere i giornali!” .Disse ridendo.
Pensai che si facesse beffe di me”Io leggo i giornali!”. Bofonchiai
La costruzione era enorme tanto più di quanto mi fosse parsa dal primo momento, “che cos’é “, dissi più a me che a lui.
“Il re dell’acciaio”.
“Cavolate, il re dell’acciaio a Solino”.
“Ma si, è nato da queste parti ma, ha sempre vissuto in Francia”.
A una distanza notevole mi accorsi che vi erano altre case semi nascoste tra gli alberi, alcune parevano baite, tutte in legno sembravano più consone all’ambiente.
La strada si allargò all’improvviso ci trovammo in uno spiazzo, sulla destra c’era una specie di chiosco, dove un uomo in canottiera blu sistemava alcune piccole imbarcazioni a vela, lessi il cartello, Scuola di vela.
“Guarda”. Mi disse Peter, “Potremmo andare in barca, protestai debolmente”non so andare in barca”.
“Se non lo avessi visto questa è una scuola di vela”.
L’uomo con la canottiera verde si avvicinò a noi, e ci fece cenno di seguirlo.
Peter, iniziò a tempestarlo di domande, io lo seguivo più che altro per inerzia, gli stivali mi si erano attaccati ai piedi, i pesci mi sembravano più pesanti, e avevo sete.
L’uomo ci diede due bottiglie di acqua fresca, doveva essere stato Peter a domandargliele, dopo aver bevuto cominciai a seguire i loro discorsi.
L’uomo si chiamava Tino, egli si era trasferito da tre anni a Solino dopo aver venduto la sua officina meccanica, aveva sempre amato le barche, aveva lavorato a Solino da ragazzo e dal momento che non aveva impegni familiari di sorta in città, aveva deciso di trasferirsi sul lago. Era in pensione, ma non aveva voglia di passare tutto il giorno senza fare nulla. Ci disse che sua moglie era morta e mentre lo diceva agitava le mani, come a voler scacciare tale pensiero.
Ci mostrò orgogliosamente una foto di sua moglie da giovane “Era una ballerina!” Esclamo, come se questo dovesse giustificare qualcosa.
Andammo via dieci minuti dopo con la promessa di tornare la mattina dopo per la mia prima lezione di vela.
La sera ero così stanco che fatta la doccia mi addormentai di colpo, sognai la casa dei nonni vicino al mare, che cominciava a sembrarmi un miraggio.
E così, accadde che in un caldo mattino di luglio, andai alla mia prima lezione di vela.