Be’, dirò che il racconto (ben scritto è quasi maniacalmente curato: neanche un refuso di battitura… non una virgola fuori posto), mi è sembrato una buona metafora fino al finale: insomma il personaggio è metaforicamente uno studioso che non solo assimila quanto assume in conoscenze, ma ne fa partecipe tutti. Per questo “difetto” diventa noioso e viene isolato. E sì!, ché questi sono tempi della superficialità, delle semplificazioni… insomma sono i tempi che “la cultura non si mangia”. Quindi tutto bene fin qui, ma alla fine il personaggio perde tutta la sua forza e non trova di meglio che abbandonare le sue abitudini preferendo integrarsi, intrupparsi, e divenire comodamente uno dei tanti yes men con telefonino, fb, tw...