Autore Topic: Tina  (Letto 756 volte)

victor

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Tina
« il: Ottobre 05, 2011, 22:19:29 »
14 anni – Tina

Avevo avuto la scarlattina ed ora ero sfebbrato, ma per cautela i miei genitori mi tenevano ancora a letto.

Quel pomeriggio mio padre e mia madre erano andati in città ed avevano portato con se mia sorella e mio fratello. A casa eravamo rimasti soli io e Tina che aveva la mia stessa età ed aiutava in casa. La mattina c'era una persona di servizio adulta che lavorava ad ore.

Quando completò il suo lavoro venne a tenermi compagnia e ci mettemmo a giocare a carte, io seduto nel letto e lei seduta nella sedia vicino a me.

Ad un tratto la mia mano scivolò sotto la sua gonna e cominciò ad accarezzare la sua coscia. Lei si lasciava accarezzare tranquillamente e lasciava che la mia mano scivolasse e frugasse dappertutto... Le carte caddero per terra, ma nessuno di noi se ne curò. La mia mano cercava il suo sesso ed alla fine lo raggiunse...

Dopo un poco eravamo sia io che lei seduti sul letto nudi dalla vita in giù. Io carezzavo lei e lei carezzava me. Ricordo come il mio pisello era gonfio e duro, era teso fino allo spasimo... ad un tratto esplose... esplose come un vulcano che scagliava in alto la sua lava... solo che il mio pisello scagliava dappertutto un liquido denso e bianco...

Io non capivo e non sapevo cosa fosse successo... sono rimasto di sasso impietrito... era la prima volta...

Lei corse subito nel bagno e preso un asciugamano cominciò ad asciugare ed a pulire tutto ciò che quella eruzione aveva bagnato e sporcato... asciugava le lenzuola, asciugava il mio corpo... non ricordo più cosa avvenne dopo.

Qualche sera dopo, erano tutti a letto, tranne lei che in cucina completava di rassettare le ultime cose. La porta della mia stanza si apriva sul corridoio proprio di fronte alla porta della cucina.
Quella sera l'avevo lasciata appositamente socchiusa per controllare quando tutti sarebbero andati a letto. Quando verificai che ciò era già avvenuto da un po' di tempo e che Tina aveva spento la luce della cucina e si accingeva a salire le scale che portavano nell'ammezzato per andare nella sua stanza, venni fuori.

Mi guardò sorpresa. “Ho sete” dissi. Tornò in cucina, prese un bicchiere e mi versò dell'acqua. Era sempre gentile e servizievole con me. Cercava sempre di scoprire e prevenire ciò che io desideravo e talvolta mi accontentava senza che io parlassi. Forse era un poco innamorata di me. Bevvi e posai il bicchiere sul lavello. Lei lo prese, lo sciacquò e lo mise a gocciolare.

Mentre mi voltava le spalle le carezzai i capelli... si voltò e mise un dito sulle sue labbra come per dire “silenzio”. Capì quello che volevo. Penso che lo volesse anche lei... “E' pericoloso” disse sottovoce. “Non facciamo rumore” aggiunsi io sempre sottovoce. Mi fece nuovamente cenno di fare silenzio e presomi per mano spense la luce della cucina si diresse verso la scala che conduceva su, nell’ammezzato, alla sua stanza.

La scala di legno scricchiolava sotto il nostro peso e noi ci muovevamo con passo felpato, come i gatti, per non fare rumore. Arrivati su mi fece segnale di aspettarla davanti alla porta della sua stanza e andò nel bagno. Tornò con un asciugamano in mano. Entrammo nella stanza e chiuse delicatamente la porta.

Ci sedemmo sul letto e ci spogliammo nudi senza fare rumore. Guardavo il suo seno. Non era come immaginavo fosse il seno di una donna o come lo avevo visto dipinto nei quadri o nelle foto dei libri. Era strano. Innanzitutto il capezzolo non era a punta, ma al contrario era grosso e semi sferico, senza la punta sporgente al centro, che era anzi rientrata. E poi la mammella non era a forma di coppa, ma era come un grosso bitorzolo che sporgeva su una base più larga. Poi seppi che un seno così viene definito a pera.

Cercai di toccarlo. Mi bloccò la mano “no!”. “Perché?” chiesi. “se me lo tocchi mi fa male”. Non insistetti. Ci mettemmo a giocare come avevamo fatto qualche giorno prima. Un poco io accarezzavo lei, un poco lei accarezzava me. Ad un certo punto lei percepì che il mio vulcano stava per scoppiare e lo coprì con l'asciugamani. Restammo un poco così, sdraiati uno accanto all'altra, poi lo pulì accuratamente e lentamente, poi, senza far rumore, io tornai nella mia stanza.

Di tanto in tanto tornavo da lei. Aspettavo che tutti fossero a letto e che lei spegnesse la luce della cucina e dopo qualche minuto la raggiungevo nella sua stanza. Una volta eravamo distesi sul fianco, uno di fronte all'altra, uno accanto all'altra. Il mio corpo a pochi centimetri dal suo. Allungai la mano e le toccai il seno. Lei sobbalzò. Ma, resasi conto che lo avevo carezzato con estrema delicatezza, non disse nulla. Non si scostò. I miei polpastrelli carezzavano la pelle candida e morbida e lei si lasciava carezzare. Sotto lo strato sottile e delicato della sua pelle le mie dita avvertivano un corpo duro e sodo. La sensazione era bellissima. Le chiesi “ti fa male?” “no” rispose. Continuai così a carezzare delicatamente il suo seno...

Una volta mentre lei era sdraiata supina sul letto io ero con il capo chino sopra di lei e con la mano le carezzavo delicatamente il seno. Ad un tratto mi chinai e lo baciai. Fu un bacio lievissimo, direi quasi casto... Lei alzò le braccia, circondò la mia testa e la strinse contro di sé. Il contatto del mio viso con la sua pelle morbida mi procurò una sensazione dolcissima che durò per tutto il tempo che lei tenne il mio capo stretto contro di sé …

Il duro impegno per l'acquisizione delle competenze, la passione e le doti personali creano eccellenza ... e distinguono il professionista dal lavoratore ... Victor