Autore Topic: Lo chalet (parte I)  (Letto 496 volte)

.Mya

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Lo chalet (parte I)
« il: Luglio 22, 2011, 23:47:52 »
Non so dove pubblicare la prima parte  dharmas

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Vaniglia. Era questo il profumo che riempiva l’aria, morbido, delicato e intenso.

Aprì gli occhi, il sole mi investì il viso: respirai a pieni polmoni la deliziosa fragranza prima di cominciare a pensare. Dov’ero? Non lo sapevo. Iniziai ad incamminarmi, sola, ascoltando il rumore dei tacchi sul marmo. In quel luogo sconosciuto e solitario tutto aveva un’aria familiare; un lampo mi abbagliò per qualche istante, accompagnato dall’abbaiare di un grosso cane.

«Boyd, buono» una voce maschile.
Mi avvicinai al chow-chow scodinzolante, chiedendomi cosa ci facesse lì il cane di un libro: le sue sopracciglia danzanti non furono d’aiuto. Lo accarezzai, leggermente perplessa.

 «Ciao» la stessa voce. Solo allora sollevai lo sguardo e lo vidi. Mille emozioni contrastanti mi assalirono: rabbia, confusione, amarezza, gioia.
«Ehi» fu tutto ciò che riuscì a biascicare. Il ragazzo sorrise, lo sguardo triste. Per qualche strana ragione la cosa mi fece sentire in colpa, così cercai di essere gentile.

« Posso offrirti un caffè?» proposi, sforzando naturalezza.
«Preferirei un succo di frutta» stavolta sorrise davvero. Un altro lampo. Ci ritrovammo al bar del camping dove lavoravo. Ma non era il mio giorno di riposo? Poco importava, quindi, meglio darsi da fare con “l’ordine”.
Oramai il piccolo seme della barista era germogliato in me. Presi il succo d’arancia rossa, diedi qualche colpetto al fondo e cercai il bicchiere “Amita”. Non c’era. Guardai per qualche istante il tavolino: tre pilsner glass, un flûte, diversi calici e cinque shot, ma niente Amita.

«Scusami un momento» dissi, indispettita. Attraversai il market, il deposito e mi ritrovai in cucina, esattamente al centro ed equamente lontano da qualsiasi cosa. Odiavo quel posto. Ricordavo di averlo pulito con Cinzia, ricordavo di aver sentito un tintinnio, come di qualcosa incastrato, crescere sempre più… ricordavo d’essere scappata insieme a lei, urlando “topi”.
Tornai al bar, senza bicchiere di vetro, optando per un igienico monouso di carta.

«Allora, dove alloggi?» domandai, sorseggiando il mio orribile caffè.
«Mi hanno dato questa, com’è?» risposte, porgendomi una chiave.
Osservai il portachiavi in plexiglas con il numero 20 dorato. Lo chalet.
E adesso aspetterò domani per avere nostalgia,
signora Libertà, signorina fantasia.