Nel precedente post ho scritto che nell’ambito della psicologia l’eterno femminino è considerato un archetipo.
Cos’è l’archetipo ? Questo sostantivo deriva dal latino archetypum, che a sua volta discende dal greco antico archétypon: parola composta da “àrche” (= inizio, principio) + “-typon” (= modello). Significa quindi “primo esemplare, modello originario. Nell'essere umano si manifesta nel suo pensare e agire.
Adesso armatevi di pazienza per leggere i capoversi successivi, altrimenti vi consiglio di limitarvi ad osservare l’immagine in fondo, se di vostro gradimento.
I primi filosofi greci si dedicarono a cercare il principio fondamentale dell’Universo, detto “arché”.
Platone nella sua dottrina delle idee cita l’Iperuranio, un luogo metafisico (oltre la materia) in cui risiedono i concetti nella loro purezza. Sono principi universali immutabili, non soggetti al divenire e al mutamento.
Invece nella filosofia del tedesco Immanuel Kant, “intellectus archetypus” è l’intelletto divino, intuitivo, come tale indipendente dall’esperienza sensibile.
Nell’ambito della psicoanalisi, lo scorso secolo l’archetipo come concetto ha avuto connotazione sia nella psicologia analitica di Carl Gustav Jung (come modelli di comportamento innati) sia nella psicologia archetipica dello psicoanalista junghiano e filosofo statunitense James Hillman, da cui deriva la teoria del psicoanalista tedesco Erich Neumann.
Analizzando i sogni dei suoi pazienti, Jung riflette su come immagini, concetti e situazioni vissute in sogno e non riguardanti l’esperienza personale, siano in qualche modo innate nella mente umana, o meglio, derivino da un inconscio collettivo, condiviso, ereditato assieme al patrimonio genetico.
Secondo Jung nell’ “inconscio collettivo” ci sono le strutture universali comuni a tutto il genere umano che trovano espressione attraverso simboli e immagini.
Gli archetipi sono quindi l’eredità psicologica inconscia.
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Gli archetipi sono come i letti dei fiumi abbandonati dall'acqua, che però possono nuovamente accoglierla dopo un certo tempo. Un archetipo è simile a una gola di montagna in cui la corrente della vita si sia lungamente riversata: quanto più ha scavato questo letto, quanto più ha conservato questa direzione, tanto più è probabile che, presto o tardi, essa vi ritorni” (Carl Gustav Jung, “Aspetti del dramma contemporaneo”).
L’espressione “eterno femminino” è divenuta d’uso comune per indicare la femminilità nella sua essenza immutabile di amante e madre.
Auguste Rodin, L'idolo eterno, 1889, Museo Rodin, Parigi
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