Autore Topic: Mi ha visto, mi ha amato  (Letto 710 volte)

Doxa

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Mi ha visto, mi ha amato
« il: Marzo 07, 2023, 08:39:44 »
Lo scrittore e poeta americano Wendell Berry nel suo romanzo “Hannah Coulter”, fa dire ad Hannah:  “Quando consegni te stessa all’amore per una persona non puoi evitare di consegnarti anche alla sofferenza”. Il consiglio attinge al realismo della vita. Infatti quando  t’innamori devi accogliere l’altro non solo per le sue virtù e qualità, ma anche nei suoi limiti. Ogni idealizzazione e illusione sono rischiose nel fluire della convivenza.  L’amore non è soltanto sentimento e passione, ma anche raziocinio, confronto, verifica.

Il personaggio Hannah Coulter: si è sposata due volte ed ha tre figli.

Hannah e Nathan (il secondo marito) desiderano che i figli studino, ma sanno che proprio quella formazione istituzionale che riceveranno li allontanerà per sempre da loro. Infatti tutti e tre i figli lasceranno presto quel piccolo centro di uno Stato del Sud per stabilirsi nelle megalopoli del grande business.

Hannah e Nathan li vedono cambiare: i figli vengono di rado a trovarli, hanno tutti situazioni familiari complicate a causa dei ritmi di vita, della frammentazione sociale che subiscono, del lavoro che sconvolge tutto: affetti, amicizie, parentele.

E alla fine non resta più niente: si sfilacciano i rapporti logorati dal non detto, dal non poter dire, perché non c’è tempo, e non c’è perché “il tempo è denaro”.

Muore anche Nathan, il secondo marito, e Hannah, ormai anziana e stanca trascorre la vecchiaia nella sua fattoria del Kentucky ricordando le vicende della propria esistenza: “È stata lunga, è stata dura, è stata bella”. Sempre in campagna, a contatto con la terra. È questo un po' il fulcro del romanzo, il legame con la terra e tra le persone che vi sono legate.

Invece lo scrittore drammaturgo  francese Pierre du Ryer (1605 – 1658), nella tragi-commedia del 1636  titolata  “Cleomedonte”,  fa dire ad Argire (regina, madre di Celiante e Cleomedonte): “… e come un cuore giovane è presto infiammato, / mi ha visto, mi ha amato, ho visto lui, l'ho amato. / Si avvicina a me, mi parla con altrettanti incantesimi / che ha nascosto con finta e mi ha preparato con le lacrime. / Ma non ha avuto difficoltà a conquistare il mio cuore, / dal momento che già il suo occhio era il vincitore” (atto I, scena I, versi 171 – 176).

In altre parole, ti amo da molto tempo. Da quando ti ho visto ho cessato di essere me stessa. Mi sembra che fin dal primo momento ti avrei seguito, se tu mi avessi chiamata. 

Il cardinale Gianfranco Ravasi in un suo noto articolo pubblicato più volte su vari giornali riflette sulla frase “mi ha visto, mi ha amato, ho visto lui, l'ho amato”, ed ha scritto:
“È il cosiddetto "colpo di fulmine" che travolge due persone che fino a quel momento si ignoravano e che ora divengono ‘una sola carnei, come si dice nella Genesi (2,24).

La donazione d'amore, totale, pronto a giungere a quell'apice che Gesù ha tratteggiato in modo folgorante nel Cenacolo, nell'ultima sera della sua vita terrena: ‘Non c'è amore più grande di chi dà la vita per la persona che ama’ (Giovanni 15,13).

"L'amore perfetto va anche oltre la legge dell'amare il prossimo come se stessi (Levitico 19,18), perché ama l'altro  con dedizione.
Questo antico ideale è così diverso dal comportamento contemporaneo
”.

Inoltre, il cardinal Ravasi evidenzia che ormai “l'innamoramento è un incontro superficiale, un contatto di pelle e non certo un dialogo di anime. Tutto si consuma ben presto e si riduce a una fra le tante 'esperienze'. Oppure si rivela un mero possesso che scatena non passione, ma solo gelosia e persino violenza, come spesso accade. È necessario, allora, educare ancora all'amore autentico perché, quando lo si incrocia nell'esistenza lo si scopra in tutto il suo fascino e bellezza, in tutta la sua pienezza vitale”.