Autore Topic: arbiter elegantiae  (Letto 1235 volte)

Doxa

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arbiter elegantiae
« il: Settembre 16, 2022, 18:36:29 »
Ho eliminato il post che ho scritto ieri sull'eleganza, perché, forse per sonno, ho scritto per due volte di seguito lo stesso testo. Chiedo venia.

Oggi ripresento il testo "corretto".

Il sostantivo eleganza (dal latino elegantia) deriva dal verbo latino eligere, formato da ex ( = tra) + ligere (= scegliere). Per cui l’eleganza è la qualità estetica che esprime la distinzione di classe, lo stile, il “buon gusto” nelle scelte.

L’eleganza è una dote naturale, un atteggiamento o ricerca ? Forse l’eleganza è tutto questo. Di sicuro riguarda quello che siamo, è espressione del modo di gestire sé stessi nella quotidianità, in particolare quando si sta con altri.

Tutto ciò fa dell’eleganza un valore più che un concetto astratto o la somma di assiomi. Come tale, l’eleganza deriva  da un’equilibrata consapevolezza di sé, che induce a fare scelte dettate da sobrietà e discrezione.

L’eleganza non è ostentazione della qualità e della quantità dei beni che si posseggono, né dei titoli acquisiti, né di status né di ruolo.

Lo storico Tacito negli Annales (XVI, 18) definì lo scrittore e politico Gaius Petronius Arbiter (27 – 66) un “erudito luxu” e “arbiter elegantiae” (= “giudice di raffinatezza”) o  arbiter elegantiarum (= arbitro delle eleganze). La locuzione indica un uomo  con “spirito superiore” che non tollera le persone grossolane nel godimento della ricchezza.

L’esteta Petronio fu un cortigiano dell’imperatore Nerone, ma nel 66 da questo fu indotto al suicidio dopo che Tigellino, capo dei pretoriani,  lo accusò di essere coinvolto nella  congiura di Pisone o congiura pisoniana (dal nome di uno dei principali congiurati, Gaio Calpurnio Pisone) contro Nerone.

Gaio Petronio Arbitro è il presunto autore del  “Satyricon”, raccolta di racconti satireschi" connessi alla figura del satiro. In alcune pagine mette in ridicolo l’uso inelegante  del piacere e del patrimonio da parte dell’ex schiavo Trimalcione.

Nel XIX secolo un famoso esteta e dandy fu George Brummell (1778 – 1840), considerato un arbitro di eleganza  dai suoi contemporanei.

Fin da giovane espresse la sua naturale predilizione  per l’eleganza e per la cultura. Divenne amico e consigliere del suo sovrano, Giorgio IV, principe di Galles.

Ciò che lo distingueva era l’’ostentazione,  la superbia e la  raffinatezza.  Si mostrava deliberatamente improduttivo,  impegnato unicamente nella mondanità e nell’uso di cose lussuose.

Lo stile di vita considerato indicatore di posizione sociale, necessitava   (ed ancora serve) al dandy per stabilire i confini ed evidenziare  le differenze con la massa. Il suo 'habitat,  e di altri dandy inglesi, era la vita di società, frequentata da un’élite esclusiva: clubs, balli, saloni eleganti, ecc..

Momento importante della giornata del dandy era quello dedicato alla toilette, praticata in maniera rigorosa secondo un lungo e preciso rituale. E la promenade del pomeriggio  serviva per fare sfoggio di sé, con visite nei negozi “alla moda”.



Un altro celebre  dandy di quel periodo fu il poeta e politico britannico  George Byron (1788 – 1824), il quale  fuse il modello diffuso da  Brummell col  Romanticismo.

Il dandy “romantico” indossava la camicia col colletto aperto e sbottonato, cappelli morbidi, sciarpe slegate.  Influenzò  il modo di vestire  della classe aristocratica, pantaloni lunghi e ampi.

Nel nostro tempo viene indicato come esteta chi ha il senso e il culto del bello;

chi mostra un’eccessiva raffinatezza di gusti, di modi, nel vestire;

chi ha il senso e il culto del bello nell’arte;

chi assume la bellezza come ideale di vita e valore esclusivo (quindi, anche, seguace dell’estetismo);
chi nella creazione artistica privilegia il bello in sé.

Doxa

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Re:arbiter elegantiae
« Risposta #1 il: Settembre 16, 2022, 18:43:26 »
Jules Amédée Barbey d’Aurevilly (1808 – 1889), fu uno dei dandy che affollavano i caffè alla moda di Parigi.
 
Barbey per vivere  scriveva articoli per giornali e riviste, ma anche romanzi.

Lo scrittore Paul Bourget lo descrive come un sognatore con talento visionario, il quale cerca e trova nei propri lavori un rifugio nei confronti di un mondo che non gli è congeniale.

Jules  Amédée fu un cultore di  George Byron e come il suo idolo aveva sempre i capelli artisticamente scompigliati, ma arricciati dal parrucchiere.

Dopo una tormentata storia con Louise, la moglie di un cugino, l’esistenza di Jules Amédée d’Aurevilly fu intessuta con relazioni di coppia senza importanza  e illusioni d’amore presto dissipate. “Rieccomi nella  mia solitudine. La stanza in disordine … i vestiti sui mobili, i libri e le carte sparsi qua e là ! Questa vita mi pesa. Niente legami, niente focolare, ma una tenda da nomade che si arrotola in poche ore e si porta via. E’ triste dopo i 25 anni !”.

Lui, autore di un saggio sul dandysmo di  George Brummell, che aveva congedato la fastosa eleganza del ‘700, aveva scelto  di dar vita al “dandysmo demodé”:  di solito indossava la redingote alla moda del 1830 e lo jabot di pizzo.

Di fronte all’inarrestabile modernità, Barbey si era arroccato nel passato come un cavaliere solitario in un castello diroccato. E da quegli spalti corrosi dal tempo lanciava i suoi strali sulla prosaicità del presente, ha scritto in una recensione Giuseppe Scaraffìa.
“Too late” (Troppo tardi), era il motto con cui Jules-Amédée sigillava  con la cera rossa le sue lettere: “Troppo tardi ! … nella vita è sempre troppo tardi !”.

Era sicuro che la vera aristocrazia, quella dello Spirito, non quella dei ricchi o dei potenti, non si sarebbe mai spenta “perché non dipende dalla società, ma fa parte della natura umana”. E ostentava il disprezzo più insolente verso le giurie e le accademie.

Reazionario, individualista e pessimista parlava solo con pochi “eletti”, come Charles  Baudelaire o il giornalista e scrittore Léon Bloy.

piccolofi

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Re:arbiter elegantiae
« Risposta #2 il: Novembre 06, 2022, 22:11:38 »
  Ma non è " arbiter elegantiarum"?

mr.blue

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Re:arbiter elegantiae
« Risposta #3 il: Novembre 07, 2022, 16:36:50 »
  Ma non è " arbiter elegantiarum"?

arbiter elegantiae è singolare: arbitro dell'eleganza
arbiter elegantiarum è plurale: arbitro delle eleganze.

se ricordo bene le declinazioni dai tempi del liceo.

piccolofi

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Re:arbiter elegantiae
« Risposta #4 il: Novembre 07, 2022, 23:11:36 »
 Si, grazie caro, questo è semplice.  Intendevo però dire che io l'avevo sempre sentito usare al plurale. Ma ho poi letto che l'espressione viene da Tacito ed è usata al singolare in riferimento, pare, a Petronio, visto come un arbitro di raffinatezza.
Piu' avanti, con l'uso del plurale, pare si sia voluto aggiungere una nota ironica.  Ma il buon Doxa è certo più ferrato di me...